Capitalismi
Rileggendo il manoscritto delle varie stesure della famosa lettera, scritta da Marx, per Vera Zasulic ho provato a rivedere alcuni miei vecchi ragionamenti in una nuova prospettiva. Nella prima parte del manoscritto Marx introduce la questione della specificità del capitalismo europeo-occidentale rispetto a quello russo:
<<1) Trattando della genesi della produzione capitalistica, ho detto (che il suo segreto è) che al fondo v’è <<la separazione radicale del produttore dai mezzi di produzione>> [I° Libro de Il Capitale – ediz. francese]e che <<la base di tutto questo sviluppo è l’espropriazione dei coltivatori. Essa si è compiuta in modo radicale soltanto in Inghilterra … Ma tutti gli altri paesi dell’ Europa occidentale percorrono lo stesso movimento.>> Dunque, ho espressamente circoscritto la “fatalità storica” di questo movimento ai paesi dell’Europa occidentale. E perché? Confronti, per favore, il cap. XXXII, dove si legge: <<Il movimento di eliminazione che trasforma i mezzi di produzione individuali e dispersi in mezzi di produzione socialmente concentrati, e che dalla proprietà nana dei molti fa la proprietà colossale di pochi … , questa dolorosa, questa terribile espropriazione del popolo lavoratore, ecco le origini, ecco la genesi del capitale … La proprietà privata basata sul lavoro personale … viene sostituita dalla proprietà privata capitalistica, basata sullo sfruttamento del lavoro altrui, sul lavoro salariato.>> Così, in ultima istanza, vi è trasformazione di una forma della proprietà privata in un’altra forma della proprietà privata (il movimento occidentale). Ma poiché la terra in mano ai contadini russi non è mai stata loro proprietà privata, come applicarvi questo sviluppo ?>>
Marx, nel manoscritto, lascia intendere di ritenere possibile il passaggio diretto, in Russia, dalla comune rurale alla proprietà collettiva della terra. Egli infatti così si esprime relativamente alla domanda da lui stesso posta:
<<Io rispondo: perché in Russia, grazie a una combinazione di circostanze unica, la comune rurale ancora stabilita su scala nazionale può gradualmente liberarsi dai suoi caratteri primitivi e svilupparsi direttamente come elemento della produzione collettiva su scala nazionale: proprio grazie alla contemporaneità della produzione capitalistica, può appropriarsene le conquiste positive senza passare attraverso le sue orribili (atroci) peripezie. La Russia non vive isolata dal mondo moderno, e non è nemmeno la preda di un conquistatore straniero, come le Indie Orientali.>>
Proseguendo, Marx cerca di approfondire i caratteri della comune rurale russa rispetto al suo prototipo arcaico annotando, prima di tutto, che la più recente si distingue dalla forma primitiva nel suo caratterizzarsi come
<< una comune in cui gli arativi sono proprietà privata, mentre i boschi, i pascoli, i terreni incolti, ecc., restano ancora proprietà comunale>>.
Più specificatamente “il Moro” scrive che
<<in essa la casa e il suo complemento, la corte, sono già proprietà privata del coltivatore, mentre
molto prima che si introducesse l’agricoltura la casa comune era una delle basi materiali delle
comunità precedenti. Infine, benché gli arativi restino proprietà comunale, vengono periodicamente
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divisi fra i membri della comune agricola, per modo che ogni coltivatore lavora per proprio conto i campi assegnatigli e se ne appropria individualmente i frutti, mentre nelle comuni più arcaiche la produzione si fa in comune e se ne ripartisce solo il prodotto. Questo tipo primitivo delle produzione collettiva o cooperativa fu, beninteso, il risultato della debolezza dell’individuo isolato, e non della socializzazione dei mezzi di produzione.>>
Quest’ultima frase ci fa capire il motivo per il quale, in questo periodo della sua vita, Marx preferisca utilizzare l’espressione formazione (economico-sociale) primaria o arcaica piuttosto che parlare di comunità o (ancor peggio) comunismo primitivo relativamente al periodo più antico nella storia dello sviluppo della società.
Egli, poi, introduce una argomentazione tesa a problematizzare il dualismo tra elementi “comunitari” e elementi “privati” che caratterizzava la comune rurale russa:
<<A parte tutte le influenze di ambienti ostili, la sola accumulazione graduale di ricchezza mobiliare, che comincia con la ricchezza in bestiame (e ammette perfino la ricchezza in servi), la parte sempre più spiccata che l’elemento mobiliare occupa nella stessa agricoltura, e un insieme di altre circostanze inseparabili da questa accumulazione […], agiranno come fattore dissolvente dell’eguaglianza economica e sociale, e faranno nascere nel seno della stessa comune un conflitto di interessi, che prima porterà con sé la trasformazione degli arativi in proprietà privata e finirà con l’appropriazione privata delle foreste, dei pascoli, dei terreni incolti ecc., già divenuti annessi comunali della proprietà privata.>>
La struttura costitutiva della comune rurale ammetteva quindi una duplice possibilità di sviluppo in due direzioni divergenti:
<<… o l’elemento di proprietà privata ch’essa implica prevarrà sull’elemento collettivo, o questo prevarrà su quello. Tutto dipende dall’ambiente storico in cui si trova situata … Queste due soluzioni sono a priori possibili; ma per l’una o per l’altra occorrono, evidentemente, ambienti storici affatto diversi.>>
In alcuni dei suoi ultimi interventi La Grassa ha accennato ad un tema, di tipo sia teorico che storico, che dovremmo cercare di affrontare nel prossimo futuro. Il comunismo storico novecentesco ed in particolare la dinamica e gli esiti delle due grandi rivoluzioni, quella russa e quella cinese, appaiono da una parte – rispetto alle finalità che i soggetti che hanno diretto questi grandi eventi e le masse che li hanno resi possibili si erano posti – come un fallimento; mentre nei termini degli effetti di lungo periodo, sempre per l’inevitabile prevalere dell’”eterogenesi dei fini”, possiamo leggere questi eventi come un percorso che ha portato alla costituzione di due grandi potenze in lotta per la supremazia globale a partire dall’attuale fase multipolare. Dovrebbe risultare particolarmente interessante, in sede storica, cercare di approfondire se veramente il capitalismo “borghese-occidentale” è stato determinato nel suo sviluppo storico, in maniera decisiva, da quella fase di transizione tra proprietà comune e proprietà privata capitalistica che Marx definisce come il passaggio dalla <<proprietà privata basata sul lavoro personale>> a quella <<basata sullo sfruttamento del lavoro altrui, sul lavoro salariato.>>
A questo punto si potrebbe iniziare, forse, ad approfondire l’ipotesi tematica dell’esistenza di
diversi capitalismi (nel tempo e nello spazio) che fino ad ora ha visto, probabilme
nte, nella
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Sociologia delle religioni di Max Weber un primo preludio per quanto riguarda i soli fattori culturali e spirituali e nelle considerazioni di La Grassa sul capitalismo borghese e su quello dei funzionari del capitale l’inizio di una ricerca di tipo strutturale.
Anche la storia della rivoluzione bolscevica può, probabilmente, essere rivisitata a questo riguardo. Tra l’altro ci pare necessario domandarci – in riferimento alle citazioni di Marx sopra riportate – se le scelte di Stalin alla fine degli anni Venti non siano risultate coerenti con la prospettiva di uno sviluppo “comunistico-comunitario” teso alla costruzione di una moderna potenza statuale sulla base di una transizione collettivistica ad uno specifico capitalismo (sempre attraverso l’eterogenesi dei fini).
Così scrive D. Losurdo nel suo ultimo libro:
<<Si comprende allora perché, alla fine degli anni venti, la collettivizzazione dell’agricoltura appaia come la via obbligata per accelerare drasticamente l’industrializzazione del paese e assicurare in modo stabile alle città e all’esercito i rifornimenti di cui essi hanno bisogno: il tutto in previsione della guerra.>>
Tutto questo viene detto nonostante che lo stesso Losurdo, nel libro sopra citato, riconosca “gli orribili costi sociali e umani” che ha comportato la “collettivizzazione coatta dell’agricoltura”.
Per concludere riportiamo un ultimo passo del manoscritto di Marx :
<<Da un lato la “comune rurale” è quasi ridotta agli sgoccioli, dall’altro una potente cospirazione sta in agguato per darle il colpo di grazia. Per salvare la comune russa, è necessaria una Rivoluzione russa.>>
Mauro Tozzato 14.06.2009
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