CAVE CANEM
L’Italia non se la passa per niente bene, non siamo la Grecia ma viviamo il complesso di poterle presto assomigliare. Nella tragedia sociale. Senza una classe dirigente in grado di scegliere e di decidere quale strada intraprendere per uscire dalla difficile situazione ed allontanare i drammi nei quali stiamo precipitando, tra stretta fiscale, investimenti ristretti e occupazione in restringimento, è inevitabile che ci si adegui acriticamente alle formule politiche ed economiche calate dall’alto, siano esse diretta emanazione dei vari organismi internazionali o delle stessa burocrazia eurocomunitaria. Non siamo più padroni del nostro destino e l’arrivo dei tecnici al governo ha semplicemente evidenziato il posto dove la nostra sovranità nazionale è finita: nel Gabinetto, insieme ai professori. E’ bene ricordare ancora una volta quali personaggi ci hanno spinto così in basso, in fondo alla tazza della storia dove si vaticinano sventure e si predicono disastri. Lo ha scritto senza circonlocuzioni ieri su Italia Oggi il Gen. Laporta, uno che non crede ancora, come il resto degli uomini di servizio benpensanti, alle tavole rotonde a tre gambe dove si invocano gli spreads e i mercati di morte. Altro che B. costretto a rinunciare al premierato a causa del differenziale tra titoli di stato sfavorevole all’Italia e favorevole ai crucchi. Il leder del Pdl è stato obbligato ad abbandonare il suo posto perché “il nemico” gli ha chiesto: “vuoi rimanere ricco o morire?” E così il Cavaliere pavido ha ceduto su tutto, “prima sulle basi aeree (durante la guerra alla Libia); in seguito, mentre rifiutava le dimissioni e il titolo Mediaset precipitava, la signora Clinton gli sibilò nella cornetta: ‘come vanno gli affari? Come stanno i ragazzi?’ comprese, si arrese e si stese. Ha molte famiglie dopo tutto. Oggi dice che il governo Monti dipende dalla sua volontà. Mente sapendo di smentire’. Questo significa soltanto che il Bocconiano, chi lo ha indicato ai partiti, prima nominandolo senatore a vita e poi investendolo del compito governativo, e tutti quelli che gli hanno dato la fiducia in aula sono complici di nemici stranieri e quindi colpevoli di alto tradimento dello Stato. Costoro, dunque, che lavorano per amministrazioni estere non troveranno mai alcuna soluzione alla crisi perché essi stessi sono i co-artefici dei mali nazionali ed i carnefici del popolo italiano. Così l’Italia finisce nella melma e con essa gli ultimi baluardi industriali sui quali si sono avventati i pescicani della finanza che hanno sentito l’odore della scia di sangue dopo i colpi politici sferrati alle nostre istituzioni da parte di sedicenti partner occidentali. Di Finmeccanica abbiamo già detto nelle scorse puntate, di Eni ribadiamo adesso. Si insiste sullo scorporo della rete , invocato dal fondo Knight Vinke ed assecondato dai vertici della compagnia energetica che abbaiano un po’ ma poi si rimettono subito a cuccia. Non attenti al cane ma è il cane a sei zampe che deve stare attento perchè qualcuno lo vuole mordere e smembrare. Il capo del citato fondo ha anche suggerito a Monti di derubricare qualsiasi altra riforma perché ulteriori ritardi nel processo di separazione di Snam da Eni “provocherebbero serie conseguenze e farebbero sparire una parte considerevole della fiducia riguadagnata dall’Italia con grandi sacrifici”. Non è un consiglio che non si può rifiutare ma una vera e propria minaccia. Le manovre non si fermano nemmeno qui considerato che anche i fondi sovrani del Qatar puntano a fare shopping sulla conglomerata di San Donato. Il ruolo che l’Emirato ha giocato nelle ultime crisi internazionali, compreso quello in Libia, ci suggerisce che i quatarini cantano solo quando gli statunitensi aprono la gabbia. E siamo di nuovo al punto di partenza ed ai sibili provenienti da Washington.
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