C'E' POCO DA FARE di G. La Grassa

immondizia napoliEffettivamente si è ormai a corto di parole (di epiteti) per descrivere la situazione in questo paese. Con chi si ostina a non capire che mai eravamo caduti così in basso, credo sia inutile voler interloquire ancora. Ribadisco, per l’ennesima volta, che questo è il peggiore Governo che abbia mai avuto la Repubblica (non mi spingo più indietro, ma penso lo si potrebbe fare) e che la sinistra su cui si regge è una autentica malattia (temo di gravità irreversibile). Più volte ho ripetuto quale sarebbe la medicina adatta per curarla; adesso lascio però perdere perché ancora non vedo chi potrebbe somministrarla. L’opposizione sta raggiungendo vertici di ridicolo difficilmente raggiungibili: tre tromboni e un vanesio narcisista che si circonda di “belle” donnine e sembra divertirsi a sparare inutili richieste di nuove elezioni.

Ritengo sia superfluo spendere troppe parole sulla “monnezza” a Napoli, anche perché mi sembra incredibile che si faccia tanto can can per non prendere l’unica decisione preliminare ad ogni altra: “rimuovere”, “asportare” e mettere nel “giusto posto” i vertici campani; se poi vi si aggiungesse il ministro dell’ambiente, avremmo già risolto il 50% (e più) del problema (in ogni caso, sarebbe ormai ora che qualcuno cominciasse a pagare). Sciocco che qualcuno (pochi invero) cerchi di far ricadere le responsabilità soltanto su Rastrelli quando da innumerevoli anni il governo di Napoli, e da molti quello dell’intera regione, è tenuto dalla sinistra; per oltre dieci anni ci hanno stonato la testa con il “rinascimento” napoletano, avallato da quei mascalzoni che sono gli intellettuali di tale schieramento (alcuni anche amici, per i quali cambio l’epiteto in “imprudenti”). Mi diverte (si fa per dire) che la sinistra “radicale” abbia accettato come commissario speciale De Gennaro (il “repressore” del 2001 a Genova, di fatto sostituito recentemente ai vertici della Polizia, mentre era possibile farlo continuare). Incredibile che resti al suo posto il ministro dell’ambiente, il quale si è sempre opposto al termovalorizzatore (di Acerra) già proposto da tempo, e adesso parla di scelta appropriata del governo per quanto concerne la decisione di costruirne tre di nuovi. E’ del tutto evidente che i primi a dover essere gettati in una discarica (o nei termovalorizzatori) sarebbero i principali responsabili del disastro. Dopo si possono fare tutti i discorsi sull’infiltrazione della camorra nelle proteste, predisporre l’intervento dell’esercito e via dicendo; ma dopo!

 Intervengo invece, pur brevemente, su due altri problemi, su cui si accettano le balle che un governo indecente propala cercando di conquistare improbabili (almeno spero) favori. I conti pubblici sono a posto; così ci si sta raccontando. Lasciamo stare che i dati – basti pensare a quelli sull’inflazione – vengono manovrati come pare e piace a seconda delle proprie convenienze; e non lo fa solo il governo italiano, ma l’intera comunità europea. Non c’è più alcuna notizia cui si possa attribuire un minimo di attendibilità. Basti pensare a tutto ciò che concerne le banche, i crediti immobiliari, i derivati, la situazione di crisi incipiente in cui ci si trova, ecc. Tutto è avvolto nelle nebbie di confuse e pasticciate analisi (paludate di dotte sciocchezze ma condite con tanti dati), fatte apposta per non fare capire in quale pericolosa situazione ci siamo infilati.

Vogliamo prendere per buona la notizia che i conti sono a posto, che dal 1999 il famoso rapporto deficit/pil non era mai stato così basso (1,3%)? Intanto, ci si dimentica che è stato fornito un altro dato ufficiale: la pressione fiscale è al 43,7 % (dal 42,7 dell’anno precedente, livello già altissimo), un record assoluto. In secondo luogo, è difficile mettere d’accordo l’affermazione secondo cui sono diminuite le uscite quando si è affermato, poco tempo fa e sempre da fonti ufficiali, che la spesa pubblica continua a correre. A occhio e croce sembra si possa al massimo pensare a un aumento di entrate – dovute ad un picco fiscale mai prima toccato, e non invece all’autentica panzana del successo nella lotta all’evasione; chi evadeva continua a farlo, sono gli altri a pagare ben di più – superiore a quello della spesa pubblica. Per chi non è particolarmente sensibile alle argomentazioni neoliberiste, è questa la constatazione più allarmante? Evidentemente no.

E’ notorio che, nella spesa pubblica prevalgono di gran lunga quelle dette correnti (fra cui quelle per le retribuzioni del personale impiegato in un apparato amministrativo particolarmente inefficiente e di bassissima produttività) rispetto a quelle per investimenti; e fra questi mettiamo la creazione di infrastrutture (effettivamente utili, non le ben note strade, ponti, ospedali, stadi e attrezzature sportive, ecc. lasciate in sospeso e del tutto degradate e inutilizzabili), il finanziamento di una adeguata ricerca scientifica (non quella ad enti diretti da “amici”, magari degli “amici”, dei “potenti” o strappati per concedere un voto in Senato, e via dicendo), il lancio di progetti industriali di largo respiro e altri simili. Ora, secondo i dati riportati in questi giorni, la spesa corrente è aumentata del 3,7% mentre quella in conto capitale è stata più che dimezzata.

Vogliamo inoltre ricordare che normalmente si forniscono aiuti assistenziali ad aziende decotte di settori delle passate stagioni dell’industrializzazione (Fiat in testa com’è ben noto). Mi sembra doveroso non dimenticare, a mo’ di esempio, come si volevano utilizzare i fondi della Cassa Depositi e Prestiti per consentire ad un istituto finanziario (diretto da “amici”) di mettere le mani sulla Telecom (poi, per altre vie, la conclusione della vicenda è comunque stata questa!). Quindi il problema non è il rapporto deficit/pil, non è la spesa pubblica in sé e per sé; è l’assoluta inefficienza di quest’ultima, il suo essere diretta a improbabili risoluzioni di questioni “sociali” (tipo un surplus di impiego pubblico per ridurre la disoccupazione, di cui un buon esempio sono i 1100 spazzini a 1200 euro al mese assunti a Napoli e mai impiegati; uno ha concesso proprio due giorni fa una intervista alla stampa da Madonna del Campiglio, peraltro rivendicando il suo diritto ad essere adibito al lavoro per cui era stato assunto!) oltre che alla “assistenza” di un capitalismo fatto di prevalente finanza e di industria “superata” e in difficoltà. Questo è un capitalismo che assomiglia (vagamente, per carità) a quello delle “borghesie compradore” dei paesi sottoposti a dominio semicoloniale; e questo è straordinario per un paese che comunque fa parte dei G7 o G8. Siamo in evidente declino; e rapido!

Un altro preoccupante problema di cui nemmeno si parla è il motivo reale – da me più volte ipotizzato – per cui questo governo è lasciato marcire, e con esso l’intero paese: l’occupazione di tutti i posti di potere da parte di uno schieramento politico asservito agli agenti capitalistici “similcompradori” di cui detto sopra (ovviamente in posizione “similsemicolonizzata” rispetto al paese predominante centrale, gli USA). Lasciando stare quelli già occupati (il blog se n’è interessato, ma adesso non vado a ripescare quei dati, diffusi del resto a suo tempo dalla stampa, non dalla TV), ricordo che entro gennaio dovrebbero essere rinnovati i vertici di Inps, Inail, Inpdap (il grosso degli enti previdenziali). Non si tratta solo dei presidenti, ma anche di ruoli di alta direzione in settori chiave di questi enti; tutti i dirigenti previsti sono di stretta osservanza di “sinistra”. A primavera poi (aprile), c’è il rinnovo delle presidenze di Eni, Finmeccanica, Enel. Soprattutto nelle prime due imprese, oggi dirette da personaggi troppo remissivi (a mio avviso ovviamente; in particolare quello dell’Eni) ma non “fidati”, il cambio della guardia è sicuro; e i nomi dei papabili sono tutti di uno schieramento preciso (avete già capito quale). Solo se cascasse il governo, tutto potrebbe venire rimesso in discussione (pur in presenza della ridicola opposizione di cui ho detto). Inutile quindi che il Berlusca si agiti per il cambio di governo; dovrebbe esserci un colossale errore di valutazione, un fatto erratico e al momento imprevedibile (un autentico evento-choc) per andare a tale soluzione.

Ci si avvia dunque a una reale dittatura, pur morbida, mascherata da finta democrazia; nessuno però utilizzerà nemmeno quest’ultima, con i suoi riti elettoralistici, fino a quando non sarà garantito un ricambio confacente ai “similcompradori” e ai loro dominatori “similsemicolonizzatori”. Sebbene la prospettiva faccia paura, ci sarebbe quasi da augurarsi che l’evento-choc sia una bella crisi, decisamente più grave di quanto si possa prevedere. Una crisi comunque ci sarà; forse non di quelle “toste” e che sconvolgono le strutture sociali dei paesi – in particolare di uno come il nostro, già allo sfascio – ma comunque non tanto leggera. Di questo è meglio parlare a parte (già del resto l’argomento è stato affrontato da G.P). Lo riprenderemo. Qui dico soltanto che, secondo gli analisti della Merril Lynch, l’economia degli Usa sarebbe entrata nella fase di crisi già da un mese circa. E sul decoupling (il “disaccoppiamento” di cui ha recentemente parlato Turani su La Repubblica) farei pochissimo affidamento. L’ora della verità si approssima. A presto