Che cosa dico da tempo immemorabile?

Moro

Questo è solo un pezzo di una lunga intervista di Malcolm Pagani a Pasquale Squitieri (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Pasquale_Squitieri).

A dire la verità odio, rancore e povertà c’erano anche ieri.

E lo dice a me? All’epoca in cui rapirono Aldo Moro, l’odio era nelle strade. Mario Cecchi Gori incaricò me e Nanni Balestrini di lavorare sul caso e nella ricerca della verità, io e Nanni ci spingemmo molto in là. Ero amico di Giovanni Leone, il Presidente della Repubblica. Il 10 maggio del ’78, il giorno dopo il ritrovamento di Moro nella R4 in Via Caetani, Leone mi convocò al Quirinale. Era stravolto: “Avevo firmato la grazia per alcuni brigatisti in cambio della libertà di Moro. Me l’hanno strappato di mano due persone. I nomi non te li dico. Fai il cinematografo, hai i figli, non voglio farti rischiare”.

Raccontò questa vicenda già in Registi d’Italia di Barbara Palombelli. Ha mai saputo chi fossero le due persone in questione?

Uno era Benigno Zaccagnini e l’altra Enrico Berlinguer. Fermarono la Grazia concessa da Leone. Come mi disse il Presidente: “non sono persone pericolose, ma pericolosissime”.

Immaginare due fautori del compromesso storico nel ruolo di aguzzini suona improbabile.

La pensi come vuole, l’ho sentito con le mie orecchie. Moro vivo non lo voleva nessuno. Erano tutti d’accordo. Gli americani decidevano, i politici di casa nostra eseguivano. i brigatisti fecero il lavoro sporco. L’organizzazione era infiltrata a ogni livello ed eterodiretta dai servizi segreti di mezza Europa. Leone fu reticente. Voleva proteggermi: “Maestro-gli dissi, le sembra che ne abbia bisogno?”. Allora mi rivelò disse i nomi dei due che gli strapparono la Grazia dalle mani: “Zaccagnini e Berlinguer”. Attendo smentite. Non arriveranno. La Democrazia Cristiana ha sempre ucciso i proprio figli. Come Crono, se li è mangiati uno dopo l’altro.

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Da anni e anni sostengo che la morte di Moro era, diciamo così, preferita alla sua salvezza da una parte della DC (la sedicente sinistra) e dal Pci. Mentre altri diccì (come Fanfani ad es.) e Craxi si davano da fare per sottrarlo alla sorte che gli toccò e che non fu decisa autonomamente dalle BR, ormai con le mani legate da coloro (fra cui settori americani) con cui avevano creduto di poter, “leninisticamente”, giocare allo sfruttamento delle presunte contraddizioni interne al nemico. Fu questo che giocò con loro e fece far loro quanto era stato deciso, tenuto conto di ciò che sapeva Moro in merito a certe mene in atto tra Pci e ambienti statunitensi con il già avvenuto “compromesso storico”, ecc. ecc.  Chissà cosa veramente contenevano le carte che Moro portava sempre con sé, non fidandosi di lasciarle nei Ministeri o altri luoghi frequentati da certi segugi di alcuni importanti democristiani, in combutta con i settori ormai dominanti nel Pci.

Si ricordi pure, per favore, che sinistra Dc e Pci furono salvati da “mani pulite”, mentre furono perseguiti gli altri democristiani e i socialisti di Craxi. Lo ripeto: quest’ultimo e la maggioranza dei diccì fu annientata. Andreotti accettò la sorte e il suo lungo processo, che durò se non erro una decina d’anni distruggendolo politicamente. Craxi invece oppose resistenza, minacciò rivelazioni; in definitiva, anche lui non mise in luce l’essenziale di quel che sapeva e dovette pure andare in esilio. Evidentemente gli ex leader politici, come tutti, “tengono famiglia” che corre molti rischi se questi parlano troppo.

Pochi giorni dopo il rapimento dell’alto dirigente democristiano un “ambasciatore” del Pci partì alla volta degli Stati Uniti per un viaggio “culturale”. Non si trattava di un grande uomo di cultura, ma di un alto dirigente politico. Ci vuol molto a capire che cosa andò a combinare oltre atlantico? Ovviamente, non si poteva dire ufficialmente. Un po’ per via dei legami del Pci con l’Urss, ma forse questo è meno importante dato che certamente i vertici sovietici da tempo sapevano delle “brutte” tendenze dell’eurocomunismo, appunto guidato dal Pci berlingueriano. Il fatto è che esisteva allora nel partito una larga base operaia e popolare, tradizionalmente simpatizzante del sovietismo. In ogni caso, Moro certamente non poteva prevedere quanto poi accadde con la morte di Berlinguer, l’avvento di una generazione di piciisti ancora peggiori, l’improvviso e rapido crollo del “socialismo reale” e dell’Urss a circa vent’anni di distanza. Tuttavia, quel che sapeva dei traffici di quel partito, già iniziati da quasi dieci anni con un buon “scatto in avanti” dopo il colpo di Stato in Cile, era sufficiente a metterlo sull’avviso. Non si oppose, da buon democristiano sempre cauto e prudente, alle varie manovre per giungere al compromesso storico, forse avversato (ma credo tatticamente) da alcuni ambienti Usa, ma in realtà favorito proprio da questi data la disponibilità al graduale cambio di campo mostrata da chi aveva ormai in mano la direzione del Pci. Sono però sempre stato convinto che Moro si dava da fare per ostacolare quell’accordo. Quanto ormai dovrebbe essere accettato come assodato – la volontà di Pci e sinistra Dc di non salvarlo dalle decisioni delle Br (che erano in realtà decisioni d’altri) – chiarisce abbastanza la vicenda.

Non sappiamo che cosa avesse in mano Moro, quali contromosse andasse preparando. E chi sapeva non ha mai parlato perché, in effetti, non era sensato, per quella parte, parlare. La netta sensazione è che Andreotti, Fanfani, lo stesso Craxi e altri conoscessero molte cose. Si sarebbe però messo in crisi tutto l’impianto dell’alleanza atlantica dell’Italia. Non si poteva dire; e Moro è stato ammazzato, facendo al massimo pensare – ai poveretti del Pci ancora legati alla vecchia simpatia per l’Urss – che ciò avveniva perché egli era favorevole al compromesso storico avversato dagli Usa. Rivelare la verità, che era opposta, significava provocare uno scossone alla segreta alleanza con gli Stati Uniti e mettere in crisi la direzione berlingueriana del partito, con rischi di disfacimento di un pezzo importante della strategia occidentale tesa a favorire il cambio di campo dei “fu” filosovietici di questa parte dell’Europa; e i più importanti erano proprio in Italia, decisiva base logistica degli Usa.

Va detto senza mezzi termini che qualcuno nel Pci, contrario a simile operazione, doveva pur esserci e conoscere abbastanza i termini della questione. E lo sapevano certamente ad est. Lo ripeto: parlare significava, arrivati a quel punto, scassare del tutto il Pci. E nessuno lo volle. Si pensò di ovviare con altre manovre coperte. Del resto, anche i filosovietici non si aspettavano l’arrivo di un Gorbaciov, la sua azione di rapido disfacimento (credo però inevitabile) del sedicente “campo socialista”. La morte improvvisa di Berlinguer ha forse fatto nascere in questa frazione di piciisti una nuova speranza di mettere all’angolo i voltagabbana. Comunque, tutto è andato per il verso voluto dagli “altri”. E oggi si continua a mentire sulla morte di Moro. Non credo che dire la verità provocherebbe un gran sussulto; tutto è ormai cambiato. Si preferisce però non farlo. Un po’ per pigrizia e assuefazione alla menzogna, un po’ perché è ancora vivo l’“ambasciatore” piciista del ’78 (e funziona tuttora, sia pure a scartamento ridotto, per le scelte d’un tempo, ribadite e rafforzate dai nuovi “giovanotti di sinistra” venuti al comando), un po’ per non ledere la memoria di chi ancora viene preso come campione di “dirittura morale” (anche dai nuovi “pasticcioni” del grillismo); e via dicendo.

Bene, chi capisce un po’ le cose sa ormai perché è stato eliminato Moro e chi ha agito in tal senso. Tanta acqua è scorsa sotto i ponti, i ricordi sono sbiaditi e solo chi ha ben più di 50 anni può sentire ancora abbastanza vivido quel momento e il suo significato di aperta svolta di coloro che fingevano il “socialismo” verso i peggiori campioni di una società del tutto opposta. Del resto, oggi abbiamo dei veri “fetentoni” sia alla direzione dei “sinistri” d’Italia sia del paese cui questi hanno ormai “giurato” fedeltà servile. Amen