Chi porta la croce?
Posso dirmi non cristiano, contrariamente a quanto affermava Benedetto Croce (nomen omen), il quale, tuttavia, intendeva piuttosto affermare il senso morale e culturale di esserlo per forza di cose:
”La ragione di ciò che la rivoluzione cristiana operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale, e, conferendo risalto all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all’umanità. Gli uomini, i genii, gli eroi, che furono innanzi al cristianesimo, compirono azioni stupende, opere bellissime, e ci trasmisero un ricchissimo tesoro di forme, di pensieri e di esperienze”.
Pertanto mai sarò anticristiano, essendo io intriso di detta cultura per nascita e crescita. Anzi, sarò costretto a difenderla, pur non essendo religioso, contro gli uomini dell’ultima ora politicamente corretta.
Sentire il ministro Fioramonti rinnegare le proprie radici in nome di una ideologia dogmatica senza storia e senza coscienza, come il laicismo, è davvero penoso. Costui è anche laureato in filosofia, un motivo in più per dubitare della sapienza che deriva da questa ormai spenta disciplina. “Credo in una scuola laica, ritengo che le scuole debbano essere laiche e permettere a tutte le culture di esprimersi non esponendo un simbolo in particolare”, dice il ministro dell’istruzione e della distruzione della ragione, dopo aver blaterato di nocività delle merendine.
La cristianità ci ha dato intelletti sublimi, opere grandiose, scoperte meravigliose, arte, conoscenza e, persino, scienza, nonché governi, leggi, valori, indicazioni. Un senso pieno della vita. A volte ci ha imposto il contrario aprendo innumerevoli crisi. Ma quale frutto umano, benché ammantato di teologia, non produce profonde contraddizioni? Farlo comprendere agli invasati dell’internazionale progressista è davvero una impresa titanica. Nemmeno un miracolo li salverebbe, un dio, se esistesse, perfino li schiferebbe per tanta superficialità. Se la prendono con i simboli, che pure fanno solo parte dell’arredamento, per darsi un tono, per aizzare gli istinti primordiali degli spazzini dell’intelletto, in nome di un pluralismo – sarebbe meglio parlare di relativismo vacuo – comodo unicamente ai loro sproloqui. Non sanno lavorare seriamente e il compito che si pongono è quello, non di valorizzare le differenze, nella distanza che le preserva, ma di scioglierle tutte in un insieme di neutralità prive di slancio. Invece, proseguendo su questa infausta strada di amalgamenti scateneranno un inferno di odi irricomponibili. A completare lo scempio di questi tempi ci si mette anche questa Chiesa Bergogliana, serva dei prepotenti e degli straccioni dell’anima. Un vescovo propone i tortellini al pollo, anziché al maiale, per non offendere gli islamici ed integrarli nella tradizione culinaria, che smette di essere tale senza il giusto ripieno. La Chiesa ha dimenticato la rinuncia. Quest’ultima è essenziale per il rispetto reciproco. I musulmani non mangeranno i tortellini e noi non diventeremo, per esempio, cinesi mangiando cani.