CHI SONO I FASCISTI? (di G. Gabellini)



Il tiranno è il re visto dai suoi nemici

Thomas Hobbes

E' da qualche anno che la nuova popstar Marco Travaglio e tutta l'allegra compagnia cantante sua consimile e associata (sedicente "popolo viola" compreso) si cimenta nell'esilarante impresa di sovrapporre l'immagine di Berlusconi a quella di Mussolini e di altri "tiranni", convinta di aver colto un parallelismo metastorico di inestimabile valore.
L'idea, strampalata e fuorviante in sé, è però capillarmente veicolata da certa stampa legata a doppio filo a certi grandi agenti del capitale, ed ha giocato finora un ruolo decisivo nel regolare i precari equilibri politici italiani. Comunque, ad analizzarla attentamente, la tesi propugnata da costoro risulta del tutto priva di fondamento, cosa che la dice lunga sulle condizioni in cui versa l'attuale clero giornalistico ed universitario (dedito al girotondaggio a tempo pieno). In ogni caso, cosa sia stato il fascismo è un dilemma sul quale moltissimi storici e politologi si sono arrovellati per decenni senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Molto sinteticamente, è senza dubbio possibile affermare che si sia trattato di un fenomeno nato dall'esigenza di contenere lo spettro comunista che aleggiava in tutta l'Europa di inizio Novecento, connotato da un endemico protezionismo di fondo e sostenuto da un bacino molto consistente di media ed alta borghesia interessata a mantenere una specifica forma di stato a vocazione decisamente imperialista. L'altra frangia di grandi agenti del capitale, non certo minoritaria, vedeva invece nel fascismo un enorme ostacolo, che impediva o quantomeno limitava il dispiego totale del "libero mercato", con tutte le ripercussioni negative che la cosa comportava. Il fascismo è stato quindi un fenomeno enormemente destabilizzante, che ridisegnò l'assetto istituzionale dello stato sui dettami graditi a determinate frange della (media, soprattutto) borghesia. L'epoca attuale, dominata da uno sciagurato zeitgeist ammiccante ai diktat enunciati dai catechisti del "Pensiero Unico", vede invece una sorta di rovesciamento del fascismo, che, in nome della sacralità del cosiddetto "mercato", impone la cancellazione di ogni minima conquista sociale, keynesiana e non, a beneficio di concetti nuovi di zecca (fondamentali ai fini di tutelare gli interessi di “qualcuno”) quali "flessibilità" e "dialogo" tra le parti (eufemismi che segnalano il trionfo del politicamente corretto). In Italia, per motivi principalmente culturali, la "sacralità" del mercato si è tuttavia affermata con qualche decennio di ritardo rispetto agli altri amichetti occidentali, ed è stata imposta tramite un preciso progetto eversivo, meglio noto come "Mani Pulite". Come è noto (o forse no?), si trattò di una mastodontica campagna giudiziaria montata con lo specifico obiettivo di disintegrare l'asse DC – PSI in favore di una masnada di rinnegati del comunismo neoriciclatisi nel cosiddetto PDS, e passati allegramente dal vecchio operaismo all'adorazione del "gentleman" Avvocato Agnelli e di tutti quei settori finanziari, italiani e (soprattutto) statunitensi, interessati a smembrare il tessuto sociale e industriale di stato. Questi soggetti eversivi fecero leva sulla degenerazione del keynesismo italiano, strutturalmente "mafioso" ed inefficiente, per scatenare la furia del pool milanese, che si prodigò per coprire dietro qualche sgrammaticata requisitoria il reale progetto di smantellamento totale dello stato italiano. I beneficiari di questa "rivoluzione” hanno, come sempre, nomi e cognomi (Eugenio Scalfari, Carlo De Benedetti, Giovanni Agnelli e “prole”, e chi per loro) ben precisi e definiti. Ne segue che, a voler scendere a tutti i costi sul (infimo) terreno di questi "analogisti" dell'ultima ora, determinati tratti comuni (pur impropri) con l’affermazione del movimento fascista si evincono più dall'osservazione dei comportamenti e degli interessi specifici di alcuni potentissimi signori industriali italiani e dei loro referenti politici della cosiddetta "sinistra" che dal tamarro venditore di tappeti Silvio Berlusconi. Ancora una volta, il re è nudo, ma molti, troppi, si ostinano a non rendersene conto, e continuano ad assecondare questa indegna smania moralista, secondo la quale l'intera tradizione democristiana e socialista, pur con i suoi enormi ed innegabili difetti, sarebbe in realtà stata la saga di una famiglia allargata di mafiosi e arraffoni; una sorta di "Padrino" rivisitato e corretto. C'è, quantomeno, un briciolo di buona fede in tutto ciò? Difficile dirlo. Tuttavia, nel trovarsi di fronte a questi stucchevoli accostamenti, viene sempre in mente una frase del vecchio Giulio Andreotti, secondo cui "A pensar male si compie peccato ma spesso ci si azzecca". Qualche peccatore in ascolto?