CHI TRUCCA I CONTI? di G.P.

esteriI tempi duri portati dalla crisi economica sono appena al principio e nonostante i proclami scanditi, a mesi alterni, da tutti i governi mondiali circa il superamento della tempesta finanziaria, i miglioramenti non si vedono da nessuna parte se non, appunto, nella fraseologia vuota e consolatoria di fantomatici esperti di settore o nelle ciarle pretenziose di politici senza il polso della realtà.

Anzi, è persino aumentata le percezione comune sul fatto che chi dovrebbe monitorare la fase per suggerire rimedi sia rimasto ingarbugliato nei suoi stessi numeri sparati a casaccio e nei modelli previsionali basati più sulle aspirazioni personali (o sulla volontà di non diffondere il panico) che sul rigore econometrico. Ergo, si brancola nel mio ma si finge di avere a disposizione un fanale gigante che illumina la via a giorno. Appena qualche settimana addietro l’America divulgava parole esaltati sulla propria presunta ripresa eppure l’altro ieri il segretario al Tesoro americano, con una lettera al Senato, ha ufficialmente chiesto di alzare il tetto del debito. Se non si interviene entro il prossimo trimestre, ha detto Timoty Geithner, il default sarà inevitabile. Parole preoccupanti perché gli Usa restano la più grande economia mondiale, il centro regolatore di un sistema che, tuttavia, scricchiola e perde di credibilità momento per momento. Washington era già intervenuta con un piano da svariati mld di dollari per scongiurare questa catastrofe di proporzioni ancora non definite ma evidentemente non è bastato. Le banche, sempre troppo grandi per fallire (too big to fail), hanno incassato il bottino e subito dopo hanno ricominciato sulla pessima strada di sempre, tra montagne di derivati equivalenti a carta straccia e bonus milionari distribuiti, senza vergogna, a manager incompetenti. Il risultato finale è stato quello di un indebitamento dell’economia stellestrisce ancora più copioso che ora si ripercuote gravemente sul Pil. Altro che segnali di risalita! Secondo i ricercatori del Leap il Pil della più grande potenza planetaria è il 30% in meno rispetto a quanto dichiarato ed il rapporto debito pubblico/Pil sfiora il 113%, molto lontano da quel 83% sbandierato ai quattro venti. Insomma, da quelle parti stanno truccando i loro conti tanto che: “le PNB US n'est plus que l'ombre de lui-même et sa valeur utilisée dans les statistiques économiques et financières est fortement surévaluée. Avec une telle surévaluation, ce sont donc pratiquement tous les indicateurs qui sont faux dans des proportions importantes. Le taux d'endettement du pays, sa part dans l'économie mondiale, les ratios monétaires, la valeur du Dollar (qui est appuyée sur la valeur de l'économie US), … tous ces chiffres sont donc largement erronés. Ceci peut d'ailleurs expliquer (comme pour le couple « inflation/déflation ») pourquoi les politiques économiques et monétaires mises en œuvre aux Etats-Unis échouent si lamentablement. Sans connaissance exacte du terrain, aucune stratégie ne peut aboutir au succès ; et en l'occurrence, la vision que donne la carte (indicateurs) du terrain est de plus en plus faussée”(Bollettino Geab n.47). [Il Pil USA non che è l'ombra di sé stesso ed il suo ammontare utilizzato nelle statistiche economiche e finanziarie è fortemente sopravvalutato. Con tale sopravvalutazione, praticamente tutti gli indicatori sono falsi in proporzioni importanti. Il tasso d'indebitamento del paese, la sua parte nell’economia mondiale, i rapporti monetari, il valore del dollaro (che è sostenuto dal valore dell’economia USA),… tutte queste cifre sono dunque in gran parte errate. Questo può, d’altronde, spiegare (come per la coppia “inflazione/deflazione„) perché le politiche economiche e monetarie attuate negli Stati Uniti falliscono così penosamente. Senza conoscenza esatta del campo, nessuna strategia può arrivare al successo; e in questa circostanza, la visione che dà la cartina (indicatori) del terreno è sempre più distorta]. Parole di piombo che mettono a tacere quei burocrati europei i quali hanno, invece, deciso di percorrere, o meglio di far percorrere ai popoli continentali, la strada dell’austerità per non sforare i sacri parametri di Maastricht. Quest’ultimi sono diventati un vero feticcio dietro il quale si riparano gli interessi delle élites ombra comunitarie che non hanno alcuna intenzione di uscire dal vecchio mondo in dissoluzione per paura di perdere antichi privilegi. Tuttavia, quegli indici assurti a principi teologici della stabilità sono stati imposti, agli inizi degli anni ’90, da uomini in carne ed ossa che, in un’epoca storica  molto differente, avevano creduto di poter garantire una solida base economica alla politica monetaria unitaria. Questa almeno era la vulgata con la quale ci imposero ogni tipo di sacrificio che ora apprendiamo non essere servito a nulla. Dicevano: o si fa l'Europa o si muore. Si è fatta l'Europa (dei banchieri) e adesso si muore lo stesso ma con più sofferenze Comunque, se dovessimo giudicare gli Usa sulla scorta delle regole che auto-imponiamo a ciascun membro dell’UE avremmo dovuto già bocciarla da un pezzo e senza possibilità di riparazione. Ed invece, ci si accanisce su Grecia, Portogallo, Spagna ed Italia (PIIGS), che hanno il solo torto di essere stelle sulla bandiera europea e non su quella americana, per nascondere le reali responsabilità dei padroni d’oltretlantico e della casta burocratica che ci sgoverna senza margini di progettualità politica. Perché toccherebbe proprio alla politica, in frangenti come quello attuale, rompere l'assedio finanziario con il quale i più forti scaricano sui più deboli gli eccessi consumati in anni di vacche grasse e i malfunzionamenti  di un sistema  di regolazione internazionale che non può più essere mantenuto secondo i canoni precedenti (per palese mancanza di presupposti storici). Se l’Europa non si dimostrerà in grado di staccarsi  dagli Usa prima del precipizio farà la fine dello strapuntino con il quale gli americani riusciranno ad attutire il colpo della loro caduta mentre essa sarà spiaccicata al suolo. La casa sta per andare in pezzi e questi loschi funzionari dell’euroburocrazia in saldo ci consigliano di tenere tutto in ordine per l'evento.