CLINTON O TRUMP (QUASI) PARI SONO

cartina elezioni Usa

 

I citrulli americani che fanno il tifo per Clinton o Trump fanno ridere. Quelli stranieri, in specie se italiani, sono da deridere.
Le elezioni statunitensi sono la più grande carnevalata mondiale che noi stupidi europei, importatori di qualunque sciocchezza d’oltremare, seguiamo come se fossero davvero fondamentali, non solo per gli yankee ma addirittura per le sorti del pianeta. Le vere decisioni strategiche non saranno prese dal prossimo inquilino della Casa Bianca ma dal nucleo (o dai nuclei) di potere che persistono prima, durante e dopo, l’esito del voto.
Semmai, la scelta di una figura presidenziale piuttosto di un’altra può segnalare qualche piccolo spostamento nelle strategie dell’hyperpuissance ma nulla che la farà ritirare dai suoi interessi generali. La nomina dell’uno o dell’altro candidato indicherà qualche mutamento nei rapporti di forza tra i drappelli dominanti che guidano davvero il Paese, ben oltre le apparenze democratiche. Non è vero, infatti, che se vince la Clinton scoppierà la guerra mondiale, come sostiene qualche cretino di commentatore nostrano, mentre se trionfa Trump, la Russia, per esempio, dormirà sogni più tranquilli perché lui preferirà l’isolazionismo all’interventismo globale (si spera però che chi appoggia Trump nella corsa alla Casa Bianca voglia ridurre la morsa sul continente eurasiatico per concentrarsi su altre aree). E’ un dato di fatto che i Repubblicani sono tradizionalmente meno inclini alle ingerenze internazionali ma, generalmente, sono anche quelli che vanno più per le spicce quando percepiscono dei rischi sui quali agire per salvaguardare la loro sicurezza nazionale. Se la spunta Trump, cambierà forse l’indirizzo di alcune questioni interne ed estere ma gli obiettivi della superpotenza atlantica non saranno stravolti. E’ un fatto di dinamiche storiche.
Se davvero il neo-presidente, chiunque esso sia, si mettesse in testa di perseguire finalità contrastanti con le intenzioni delle élite farebbe la fine di Kennedy o quella di Nixon. Un colpo alla nuca o uno scandalo ad orologeria e sarebbe inevitabilmente fuori dai giochi. Gli States sono una Repubblica dispotica che spettacolarizza la democrazia, rivolgendosi ad uno stuolo di pubblicitari, comunicatori, spin doctor ecc. ecc., proprio per obnubilare meglio la sua intima natura oligarchica. Il sistema funziona talmente bene da essersi diffuso, a forza di emulazioni ma con certe differenziazioni, in ogni angolo del pianeta. Quale Stato eviterebbe oggi di definirsi democratico, benché aggiungendovi qualche caratteristica specifica o interpretazione ad hoc adatta alla situazione locale? Persino la Corea del Nord, tanto bistratta dalla stampa liberale, ricorre al voto, quantunque esso si svolga in un regime quasi monopartitico. Le gente deve credere di contare qualcosa, da Washington a Pyongyang, proprio mentre non conta un cazzo. Il Presidente americano è un simulacro ed una volta investito del ruolo non è più nemmeno uomo ma semidio. Almeno finché qualcuno non decida di fargliela pagare per qualche ragione ed allora può diventare persino meno uomo di qualsiasi altro comune mortale, un erotomane come Clinton o un imbroglione come Nixon. Egli è il simbolo dell’unità nazionale (che incarna il mito del popolo scelto da Dio) dietro la quale opera la dis-unità conflittuale dei gruppi che si contendono il governo, al riparo dagli occhi indiscreti della pubblica opinione. In primo luogo, per farsi eleggere il candidato presidenziale necessita di una barca di soldi. Gli strozzini che glieli daranno lo terranno per le palle a lungo. Ma si tratta solo del primo scalino di influenze che dovrà affrontare per tentare di dire la sua, almeno ogni tanto. Ce ne saranno molti altri di tipo politico, ancor più stringenti ed anche insormontabili. Scrive D. Fabbri su Limes:”la politica statunitense è dominata da oligarchi e fundraisers che perseguono interessi privati. Da consulenti e strateghi che incidono sulle scelte della superpotenza senza essere stati eletti. Da esperti in comunicazione e spin doctors che catturano e divergono l’attenzione dei cittadini…la repubblica appare in bilico tra le immense ricchezze di magnati e finanzieri e le miserie di candidati indebitati fino al collo per inseguire il sogno della presidenza. Tra lo scintillante mondo delle grandi dinastie e l’oscuro e indispensabile sottobosco dei lobbisti…Se la politica è retta dalle grandi dinastie, da decenni la sfera amministrativa è appannaggio dei lobbisti”.
Avete ancora voglia di fare il tifo come allo stadio?