Come i russi hanno neutralizzato la Donald Cook (di Giovanni Caprara)
Da qualche tempo, la forza militare degli Stati uniti, è oggetto di attacchi “virtuali”. Il dispositivo bellico di quella che è considerata l’unica superpotenza, sembra stia segnando il passo, da quando l’F-35 è diventato l’oggetto della decadenza dell’industria della Difesa statunitense, non ultima la Cina la quale pare aver sviluppato autonomamente un radar a scansione elettronica del tipo AESA, in grado di intercettare il nuovo caccia. Il caso eclatante è accaduto nel Mar Nero, quando un velivolo sovietico si è avvicinato ad una nave da guerra della Marina degli Stati Uniti. La notizia sembrava non avere una particolare importanza strategica, in quanto venne designata come una azione di disturbo, ma in realtà l’accaduto ha riservato una attività ben diversa e la finalità ultima è stata quella di comprovare le nuove capacità russe in materia di guerra elettronica. Nel mese di aprile, il destroyer lanciamissili Donald Cook, in navigazione nelle acque neutrali del Mar Nero, ha rilevato un caccia Su-24 in avvicinamento. L’apparecchiatura radar per la scoperta e l’inseguimento dei bersagli dell’unita è il sistema di combattimento integrato Aegis, dallo scudo che Giove forgiò per Marte. Questo utilizza antenne a scansione elettronica, la cui elaborazione è agevolata da potenti processori ai quali sono asserviti tutti i sensori di bordo ed associati i sistemi d’arma in dotazione alle navi da guerra. L’Aegis è stato sviluppato con l’intento di superare i radar tradizionali e le sue capacità sono tali che le unità di superficie su cui è montato sono definite unità Aegis, come i cacciatorpedinieri della classe Arleigh Burke e gli incrociatori classe Ticonderoga. Appena rilevato l’SU-24, l’Aegis, con il radar AN/SPY1, ha subito inviato i dati ai lanciatori VLS Mk 41 dei missili Standard SM2, ma improvvisamente, il sistema sembra che abbia cessato di funzionare, tutti gli schermi si sono spenti ed i dati di puntamento e lancio sono andati persi. Contrariamente a quanto affermato in precedenza, il velivolo russo non si è mantenuto a distanza dal Donald Cook, ma ha compiuto la manovra di “saltarla”, esattamente sul ponte. E questo per ben 12 volte, ogni volta simulando una virata di approccio per l’attacco. Fonti ufficiali dell’US Navy, hanno ammesso che tutti i tentativi di riportare in linea l’Aegis sono falliti, palesando pertanto un limite della sofisticata apparecchiatura. Sembra infatti che la validità del sistema antiaereo, trovi la sua migliore applicazione quando è coordinato con altre unità presenti nello stesso specchio d’acqua. Ma la giustificazione sarebbe un’altra: sull’aeromobile era montato una innovativa apparecchiatura per la guerra elettronica denominata L175M Khibiny-M, che dispone di diverse capacità, tra le quali l’autodifesa e quella di gruppo. È un complesso di soppressione elettronica che doterà tutti i nuovi velivoli russi. Gli esperti militari statunitensi, rifiutano questa ipotesi, in quanto non sembra sia possibile che su un velivolo antiquato come l’SU-24 possa essere stato adattato un nuovo prodotto, ma resta comunque evidente che il Donald Cook è rimasto vulnerabile all’attacco aereo. A seguito di questo episodio, l’unità ha attraccato in Romania, dove sembra che 27 marinai abbiano chiesto il congedo anticipato. Notizia non confermata che pare un atto di propaganda, come la dichiarazione iraniana di essere in grado di affondare le portaerei americane, simbolo di potenza e proiezione di forza. Le esercitazioni della Repubblica islamica hanno avuto come bersaglio una finta portaerei che ovviamente sono riusciti a colpire con estrema facilità. Le immagini satellitari statunitensi hanno infatti fotografato una specie di chiatta del tutto simile alla Nimitz ma molto più piccola. La costruzione è avvenuta nel cantiere di Gachin, nei pressi di Bandar’ a’ Abbas, nel Golfo Persico. Lanciare dei missili contro una struttura galleggiante ancorata al fondale è semplice, mentre tutt’altra cosa è attaccare una nave da guerra da 100 mila tonnellate, con capacità di manovra ad una velocità di trenta nodi, cinquanta caccia a bordo ed un gruppo da battaglia navale a sua difesa. La tattica per l’attacco è simile a quelle delle unità russe classe ‘Kirov’ in grado di lanciare a sciame venti missili corazzati “SS-N-19 Shipwreck” dal peso di sette tonnellate a vettore, ma il problema di attuazione permane nel potersi avvicinare ad un CVBG senza essere scoperti dagli Awacs e dai satelliti. Al contrario, l’abbattimento di un drone è effettivamente avvenuto nello spazio aereo iraniano. Si tratta di un RQ-170 stealth e probabilmente è il risultato di una ingerenza cibernetica dove un radar bistatico, ossia il trasmettitore è separato dal ricevitore, ha rilevato il velivolo nell’unico momento in cui è vulnerabile: mentre sta dialogando elettronicamente con un satellite. L’apparecchiatura anti stealth russa Avtobaza poterebbe essere stata il veicolo per ottenere questo successo. Il sistema automatico di pilotaggio remoto dell’UAV, sarebbe dunque passato elettronicamente sotto il controllo iraniano e portato a terra, dove diverrà molto probabilmente oggetto di studio sia dell’Iran che dei suoi alleati. L’RQ-170 è stato prontamente occultato agli occhi elettronici dei satelliti statunitensi, sicuramente per il timore che questi tentino di distruggerlo.
Giovanni Caprara