Come volevasi dimostrare
(24 LUGLIO 08)
Nel mio pezzo Il contesto (geopolitico) avevo sostenuto, fra molte altre tesi, queste due: a) negli Usa potranno verificarsi nei prossimi anni solo modificazioni tattiche nell’ambito di una strategia tesa a perpetuare, il più a lungo possibile, la supremazia globale del paese (come affermato nel documento strategico dei militari americani da noi riportato nel blog); b) per i prossimi anni (diciamo almeno dieci, ma credo anche di più), l’avversario principale del paese finora predominante sarà la Russia; Cina e India faranno da rincalzo (scommetto che Brasile e altri paesi sudamericani non riusciranno nemmeno a scalfire la preminenza statunitense).
Sarebbe da dire C.V.D. Il candidato presidente democratico, Obama, cui anche i sinistri si rivolgono deferenti e con sussiego, ha preso posizioni di pieno e totale appoggio al “sicario” degli Usa in Medio Oriente, dichiarando che “Gerusalemme sarà capitale di Israele”, che “nessuna trattativa è possibile con Hamas”, mentre ha incontrato con tutti gli onori Abu Mazen, il Quisling palestinese; per cui si può essere sicuri che farà tutto il possibile, come eventuale presidente, di strozzare tutta la parte del mondo arabo più impegnata radicalmente nel limitare la (pre)potenza americo-israeliana. Si può credibilmente immaginare che il candidato repubblicano sappia fare di peggio?
Nel contempo, la Russia ha compiuto chiare mosse per far capire agli Stati Uniti che non li lascerà tranquilli ad imperversare nel mondo. Negli ultimi giorni, importanti accordi tra Gazprom e Iran, viaggio di Chavez in Russia accolto con grande favore e con rilevanti trattative, non solo in merito al petrolio ma anche sul piano prettamente militare; e ci sono i nuovi contenziosi intorno a Cuba. Non credo che si arriverà a veri scontri, non utili al momento; vengono tuttavia lanciati precisi segnali di insofferenza nei confronti dell’arroganza statunitense. Per tutti gli economicisti, quelli che un tempo (primi anni ’90) predicavano la prossima vittoria del Sol Levante, l’avversario globale dovrebbe essere invece la Cina, poiché quest’ultima ha invaso di capitali gli Usa, acquistando fra l’altro importanti partecipazioni in istituzioni finanziarie di quel paese. Il Giappone aveva almeno dimostrato una superiorità (e lo fa ancora oggi con la Toyota che surclassa la GM) in campo automobilistico, nonché acquistando un fottio di proprietà immobiliari negli Stati Uniti.
Sappiamo com’è finita. Sia chiaro, la Cina non è il Giappone e non credo farà la stessa fine. Alla lunga, è assai probabile che emergerà come superpotenza, ma non tanto presto così come molti (appunto economicisti) predicono. Per il momento, è meglio piazzata la Russia, non solo (ma pure) per petrolio e gas; non solo (ma pure) perché mantiene un arsenale militare non proprio irrilevante (anche se decaduto durante il periodo Gorbaciov-Eltsin), che sta rinnovando. Semmai, qualche elemento di preoccupazione desta il fatto che, malgrado tante chiacchiere, sussiste – almeno mi sembra – un sordo confronto tra le tre “incipienti” potenze ad est (Russia, Cina e India) nella zona delle Repubbliche centroasiatiche (dove sono tuttora presenti gli stessi Usa, che giostrano come possono) e in quella del Pakistan-Afghanistan (Cina e India hanno contenziosi anche altrove; e poi c’è sempre il Giappone che credo resterà a lungo “fedele” all’attuale paese predominante).
In ogni caso, la situazione non è per nulla statica, bensì in aperto movimento. Solo gruppi di inutili resti della “estrema” sinistra restano qui da noi a giocare con il “comunismo”, con le masse “diseredate”, con le forze di provocazione del tipo della Idv, ecc. Se sparissero finalmente e non impestassero più questo nostro povero paese, sarebbe un giorno da segnare sul calendario come quello della rinascita di una “razionalità” tra le forze che nutrissero l’intenzione di opporsi – per intanto: e sarebbe già tanto se lo sapessero fare – all’attuale sistema delle relazioni internazionali, ancora fondate, soprattutto in questa Europa meschina e impotente, sulla preminenza statunitense.