CON CHI DISCUTERE E CON CHI NO di Giellegi

Non ricordo bene quale commentatore del blog (forse Emilio) ci criticava per l’eccessiva importanza attribuita ai gruppetti di “estrema sinistra”, in particolare ai dementi ancora autoproclamantisi comunisti, cianciando di un grande movimento storico che ha avuto, per me (per noi), una gloriosa tradizione: da questi deficienti (alcuni autentici lestofanti) vergognosamente infangata con le loro meschine e infamanti contraffazioni. Inoltre, il commentatore rilevava che, con questi residui “parrocchiali” (la definizione è mia), non si può discutere per mancanza di una qualsiasi visione comunemente condivisa. Ritengo entrambe le considerazioni – che ho espresso con mie parole, ma che spero di non avere alterato nella sostanza – di buon senso e accettabili. Tuttavia, anche se meno di un tempo, continuiamo a volte nella polemica. Preferisco con poche parole chiarirne il perché.

Le posizioni di questi dementi del “comunismo” attuale non hanno indubbiamente nulla a che fare né con quello originario di Marx e nemmeno con quello di Lenin; ma neppure con la visione pur distorta che ne ebbero i “costruttori del socialismo” in società tendenzialmente arretrate, a stragrande maggioranza contadine perché caratterizzate da modi di produzione agricoli precapitalistici. Il comunismo di gente come Ferrero – che vuol portare a sacche di “sfigati” il pane a più basso prezzo – è del tipo comunitario-religioso che, in paesi come il nostro e perfino si ripetesse una crisi come quella del 1929, attecchisce in quote ultraminoritarie di fuori di testa (più che di stomaco vuoto). Inoltre, per capire quale seguito e riconoscenza potrebbero nutrire verso questi poveri meschinelli di comunisti delle “sette”, anche in un caso così estremo di povertà, alcune sacche di “miserabili” (un lumpenproletariat da capitalismo avanzato), rinvio agli acuti e definitivi (sull’argomento) film di Buñuel, Viridiana e Nazarin. Se poi parliamo dei “comunisti italiani” (di cui quello che era il vice-capo mi si dice essere andato adesso con Di Pietro) o dei verdi, da frustare a sangue ecc., il quadro è desolante per stupidità e furfanteria (da piccoli avventuristi faccendieri).

Insomma, è certo che tale “sinistrismo radicale alla spicciolata” è un fenomeno di totale degradazione politica e morale; esso, almeno direttamente, raccoglie piccole e rissose minoranze che si spaccano, a ondate successive sempre più ravvicinate, in due o anche tre tronconi. Parlando sotto metafora, quando si ha una grossa epidemia d’influenza (di cui è agente un virus), non ci si deve far ingannare dal fatto che, soltanto in un numero limitato di casi, si verifica l’aggravamento in bronchiti e polmoniti (causate da agenti batterici); queste ultime (assimilabili alle sette “comuniste” di cui appena scritto) sono la spia della particolare virulenza del virus influenzale (la sinistra in genere), che ha indebolito l’organismo. Per consigliare alla gente di seguire particolari cure (lo stare a letto, il bere molto, insomma il riguardarsi attentamente) nel combattere l’influenza, è lecito anche indicare quale potrebbe essere l’evolvere della malattia fino al peggioramento netto e più grave. E se poi, come preventivo, si usassero infine gli antibiotici quali battericidi, niente di male; meglio prevenire, uccidendo l’agente patogeno, che curare poi con grande fatica, perdita di tempo e debilitazione dell’organismo.

I settori “estremi”, nella loro idiozia e furfanteria, segnalano un male profondo della nostra società: italiana in particolare, ma con precise diramazioni in tutta la “civiltà occidentale”. Essi sono in genere per l’antiscientismo esasperato (di cui sono spesso fautori alcuni farabutti che si servono di tutti i ritrovati moderni), la decrescita, la coltivazione dell’orto dietro casa, la macrobiotica, il commercio equosolidale, la banca etica, la lotta agli OGM e al nucleare (in modo truffaldino e preconcetto, poiché una perplessità più articolata è giustificata); insomma ostentano un certo spirito da “frati scalzi”, tipico di gente ipocrita e nauseante che vive secondo tutti i confort degli standard capitalisticamente avanzati. Essi rappresentano “l’influenza”, di cui il “comunismo” identitario-religioso è la spia “bronco-polmonitica”.

Fra l’altro, in omaggio all’ormai veramente inconsistente polarità destra/sinistra, questi settori confusi e torbidi derivano sia dalla cultura antimodernista e tradizionalista della destra (quella però seria, storica) sia dalla cultura del progresso (di sinistra), una volta che questa ha subito una tale disfatta da ripiegare e involversi verso i miti di un “passato più felice”. Il totale fallimento dei progressisti, in particolare, ha influenzato la cultura di quello stupido ceto buonista, spesso cattivissimo nella sua ipocrisia, che nasconde l’aggressività mediante cui, a mezzo di spinte e sgambetti, arriva a posti di comando. Un ceto superficiale, di cultura a spizzico: si tratta dei grandi frequentatori di mostre, di viaggi esotici di 15 giorni (in cui girare filmini per gli amici), alla fine dei quali sanno già tutto sull’India, l’Egitto, il deserto, le Ande o il Tibet, sulla caccia alla tigre a dorso di elefante, ecc.

Per farla breve, il nostro desiderio – che a volte traspare dal blog – di sterminare definitivamente quelli che hanno la broncopolmonite è in fondo il desiderio di combattere l’epidemia di influenza, che colpisce la sinistra nel suo complesso; sperando che agli “analoghi”, provenienti invece da destra, pensino altri dotati della cultura adatta a colpirli (io sarei, lo ammetto, in difficoltà per la mia diversa provenienza). Anche perché tale influenza, che ha provocato una grave meningite, si esprime nella più totale incapacità di andare oltre il programma del “giù Berlusconi”. Ormai siamo a questo punto. Un uomo, che non esito a giudicare come tutt’altro che un’aquila, è diventato punto di riferimento obbligato della non politica italiana: o si è per o si è contro. Un’imbecillità da lasciare senza fiato; non è però colpa di Berlusconi e delle pretese “sue” TV. E’ la cultura di sinistra – per tutte le considerazioni appena sopra fatte – a creare quest’abnormità, questa totale deriva verso l’abbrutimento intellettivo più assoluto. Se ce ne fosse la possibilità, darei quindi pieno e convinto appoggio all’effettiva e non metaforica eliminazione di simili personaggi intorpiditi dall’idiozia più greve.

E’ tale degenerazione mentale e morale a portare gli “estremisti” di sinistra verso un “avanguardismo” fatto di mero antiberlusconismo; è il blaterare sul “comunismo”, religioso e buonista privo di qualsiasi brillio di idee, ad avere quale unico programma quello di opporsi a Berlusconi. Se questi fa bianco, si strilla infantilmente che è un bandito e bisogna opporsi con il nero; se dice nero, diventa tassativo scatenarsi contro il “corrotto e corruttore”, chiedendo a gran voce il bianco. Per portare avanti questo demente obiettivo, ci si schiera con Di Pietro, che si dovrebbe pur capire chi è e quale nefasta funzione – e per conto di chi l’ha svolta e svolge – ha avuto da mani pulite in poi. Bisognerebbe pur capire chi sono i Travaglio, i girotondini e micromeghini, i Grillo e nani e ballerine vari, che imperversano producendo il vero marciume e cancro nella nostra società. Invece non si vuol capirlo: la cultura politica di questi rimasugli comunisti (falsi ovviamente) è soltanto la punta dell’iceberg rappresentato da quella bastarda sinistra (ma anche destra) di cui ho appena parlato.

Ciò serve a spiegare certo accanimento del blog; in ogni modo riconosco che si dovrà andare verso un graduale diradarsi della polemica in quella direzione – non però verso i maggioritari settori di sinistra e di destra, che ormai sono un autentico pericolo di disgregazione e morte della nostra società – per lasciare più ampio spazio ad una valutazione critica dei tempi che avanzano e del caos che caratterizza i “tempi nuovi”.       

 

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Resta il problema successivo: ha senso dialogare almeno con una parte di coloro che hanno la “broncopolmonite”, con i residuati comunistici? Si tratta di un comunismo chiesastico, religioso, non di quello marxista e leninista, caratterizzato da una teoria e prassi di grande lucidità e fondate su realistiche tendenze, che si era convinti di aver riscontrato in atto nella società mondiale nel corso dell’espansione della formazione a modo di produzione capitalistico. Ci si è sbagliati ad aver creduto in un determinato indirizzo di simili tendenze, tuttavia in atto. Resta comunque il realismo di quel genere di comunismo; e dunque la necessità, per chi ragiona, di abbandonare certe prospettive non appena accortisi di un diverso andamento tendenziale. Gli identitari religiosi non sono in grado di farlo. Alcuni – i maiali tesi ad accaparrarsi qualche “caldo posticino” graziosamente elargito dai dominanti – non lo fanno perché ne va della loro s-vendita. Altri – i più, poveracci che speravano e credevano nella “conquista del cielo” (in terra) – rischiano il loro equilibrio mentale, e di vita in generale. Umanamente, li si può capire, ma non basta.

 Ha senso discutere con simile gente? Con i primi, è evidente che no. Li vogliamo convincere di essere degli emeriti mascalzoni che vivono sulla miseria della gente? Ci porremmo al loro stesso livello o a quello dei disperati che li seguono perché hanno bisogno assoluto di credere (mi auguro non anche di “obbedire e combattere”). E con questi ultimi? Ho fatto la (banale) presupposizione che forse un 10% di loro ha la capacità di rivedere le proprie posizioni. L’amico Piotr mi ha invitato ad arrivare almeno al 20%. Possiamo anche spingerci, per quel che valgono in tal caso i numeri, ad un terzo, al 33,33 (periodico)%. Il problema non è numerico. E’ forse necessario procedere con “bieco” empirismo, appurare nel farsi concreto di un possibile dialogo quanta potenzialità esiste ancora in chi, sinceramente, si oppone a questa forma di società.

Non mi scandalizzo, sia chiaro, se il motore della loro indignazione, del loro essere contro, è soprattutto istintivo, di carattere morale più che razionale. Dirò di più: non ho mai creduto a chi è anticapitalista solo perché si è convinto leggendo qualche libro. Prima di conoscere Il Manifesto del partito comunista, e ben prima di essermi “ingollato” Il Capitale, ero indignato di ciò che vedevo “intorno a me”. Gli “spiriti animali” devono farsi sentire, un qualche buon “blocco di stomaco” per quel che si vede in giro è necessario; dà una spinta alla lettura dei testi critici, ed una “chiave” della stessa, in mancanza delle quali resta solo ciò contro cui tuonava sempre Mao: la “cultura libresca”.

Quando però è avvenuto un crollo come quello del “socialismo reale”, quando in tutta evidenza siamo “tornati” (e ricordo sempre il mio Tutto torna ma diverso) ad una situazione che ricorda l’epoca dell’imperialismo (tra gli ultimi decenni dell’800 e la prima guerra mondiale), è necessario comprendere che tutto ciò, di cui si è stati convinti per un’intera lunga epoca storica, è ormai sprofondato: nella sua prassi come nella sua teoria di riferimento. E’ veramente tutto da rifare e da ripensare. Non bisogna aver paura di scrollare ogni pezzo delle vecchie fondamenta, per appurare se c’è ancora qualcosa di solido o almeno di possibile puntellamento; sapendo però che il terreno è ingombro di macerie da rimuovere con buone attrezzature (e anche queste sono ancora da fabbricare usando materiali solidi).

Allora, non diciamo subito con chi si può dialogare – al fine di sgombrare le macerie e ricostruire – e con chi no. Lasciamo pur perdere le percentuali; tuttavia non siamo ingenui, perché i chiesastici e i settari si dibatteranno, pur feriti ormai a morte, per non rinunciare: chi ai loro posticini, offerti dai dominanti che sanno bene come solleticare le loro luride ambizioni, chi perché non vuole dismettere il lutto e preferisce continuare a piangere sui cadaveri dato che il pianto, lo si sa, è sempre uno sfogo consolatorio. Noi non abbiamo da offrire, immediatamente, una teoria e soprattutto una prassi di ricambio, qualcosa di cui si possa dire a bocca aperta: ormai è fatta, ci siamo. Però, non discutiamo più con chi resta al passato, con chi sbava veleno contro di noi perché, com’è ben usuale abitudine dei limitati di cervello, vuol tagliare il dito che indica la Luna e non guardare nella direzione di quest’ultima, avendo il terrore di accorgersi che non c’è più, che si è dissolta.

Noi parleremo con chi non ripete le giaculatorie “marxiste” ridotte a dottrina (e quindi ad articoli di fede) dalla sua testa di legno; con chi non nomina più il “comunismo” (della speranza), infangando così quello di Marx e di Lenin, che ritenevano il loro movimento il migliore erede dell’illuminismo (e del giacobinismo), che invitavano a raccogliere le “bandiere lasciate cadere nel fango dalla borghesia” (pur se tutti sanno, spero, che per noi il capitalismo borghese è finito senza che nascesse il “Sol dell’Avvenire”). Noi siamo fermamente convinti del motto: “il sonno della ragione produce mostri”; e tra questi mostri sono oggi in prima fila proprio i “marxisti della fede” e i “comunisti della speranza”. Noi siamo contro tutti gli antimodernisti, gli antiprogressisti (non facendoci però incantare da quelli che si sono fatti passare per progressisti mentre erano schifosi reazionari senza cervello), sia di sinistra che di destra, antagonismo senza più reale significato. Noi stiamo con chi, a sinistra come a destra, ha deciso di rivedere, radicalmente, i propri ascendenti (teorici e pratici); con chi, rendendosi conto della nuova epoca che avanza (e delle sue somiglianze con quella già prima indicata), vorrà discutere di nuovi avanzamenti teorici (di fase) e di nuove pratiche che non dipendono però da fretta e scelte soggettive improvvisate. Ognuno rinunci, senza remissione, ai “suoi” miti: la Classe, la Nazione, la Tradizione, e via dicendo. Con costoro discuteremo, con gli altri “tanti saluti” e…. “andate al diavolo”!