Considerazioni sulla sconfitta del FN (di A. Terrenzio)
Le elezioni del 7 maggio scorso hanno decretato la sconfitta del FN.
Marine Le Pen si e’ dovuta arredere al “barrage” eretto dalle forze costituzionali con il candidato di En Marche, il “Partito unico della nazione”.
Diverse le considerazioni da prendere in esame, per comprendere i motivi che hanno portato alla sconfitta del movimento sovranista francese.
La vittoria di Emmanuel Macron era comunque molto probabile sin dall’inizio, dato che il quarantenne ex ministro del governo Hollande aveva chances di ottenere la maggioranza dei voti dei francesi.
La strategia della Le Pen, dopo la vittoria al primo turno, era quella di conquistare sia l’elettorato gollista che quello del partito di sinistra radicale “Insoumis”.
La leader del FN aveva incassato l’appoggio di Dupont Aignan, il gollista fuoriscito dall’UMP e con posizioni euroscettiche.
Melanchon invece aveva invitato gran parte del suo elettorato all’estensione. Malgrado cio’, Marine aveva invitato espressamente gli elettori di “Insoumis” ad appoggiarla al secondo turno contro il candidato dell’establishment.
Mentre la nipote Marion si era rivolta all’elettorato moderato, proponedo il FN come partito erede naturale del “Gollismo”.
Tuttavia la strategia del “doppio binario” si e’ rivelata perdente.
I tentennamenti mostrati riguardo tematiche ecomomiche come l’uscita dall’Euro, hanno evidenziato tutte le perplessita’ emerse durante il dibattito televisivo che hanno visto la Le Pen perdente nello scontro contro Macron.
Al netto di queste considerazioni, va comunque evidenziato che a pesare maggiormente per il FN e’ ancora il suo passato ingombrante.
Insomma, un fenomeno Trump era davvero poco pronosticabile, seppur potevano essere rintracciate delle similitudini sull’onda del populismo. Ma la Francia non e’ l’America.
Mentre prende vita il Partito Unico post-nazionale e Macron si prepara a raccogliere l’eredita’ del voto socialista e repubblicano, il Fronte sovranista non riesce a creare un’ entita’ unica antisistemica, a causa sia di limiti dell’elettore medio, ancora legato a vecchi schemi dx/sx, sia di errori programmatici commessi dal FN.
Come ricorda Francesco Boezi sul Giornale.it, l’errore principale di Froncoise Philippot, e’ stata l’idea di laicizzare il partito, scivolando su tematiche legate ai valori non negoziabili. Le esternazioni poco felici sul Papa hanno ottenuto l’effetto di disorientare l’elettorato cattolico e gli elettori tradizionali dell’UMP che al secondo turno non se la sono sentita di appoggiare la Le Pen.
Inoltre, come rileva su Le Figaro’ l’economista Jaques Sapir, la Francia appare una nazione quanto mai divisa, sul piano geografico, economico e sociale, segno di una differenza antropologica dell’elettore della Bretagna e quello di Parigi. Come in altre elezioni europee le grandi citta’ rimangono le roccaforti del mondialismo e della “societa’ aperta”, dove a trionfare sono i valori della liberalismo economico ed il buon senso delle persone “persone civili”.
In periferia, invece, i c.d. “perdenti della globalizzazione”, il ceto medio impoverito, gli “illetterati” e i bifolchi, disprezzati dai Bernard Henry Levi e dai Michele Serra di casa nostra, sono i naturali elettori del FN.
In più da rilevare un dato importante ignorato dai media mainstream: il 92% dei musulmani francesi ha votato Macron, dato significativo se si considera che esso equivale al 5% del voto totale e che tanto basto’ nel 2012 ad Hollande per battere Sarkozy.
Quella della Le Pen appare una corsa contro il tempo, dato che l’elettorato musulmano sara’ destinato a crescere demograficamente.
I vertici del FN gia’ sembrano correre ai ripari e si preparano a cambiare nome al partito nazionalista francese, proprio per scrollargli di dosso l’immagine del movimento “fascista” che nonostante l’opera di “diabolisation” di Marine Le Pen, ancora influenza gran parte dell’elettorato.
Il FN potrebbe presto trovarsi di fronte ad un bivio determinante: scegliere se radicalizzare la sua linea “ni droit ni gauche” o trasformarsi almeno nella forma, in un partito di “destra istituzionale”, proponendosi come formazione neo-gollista ed in grado di intercettare l’elettorato moderato e cattolico, senza il quale le ipotesi di diventare forza maggioritaria sono pressocche’ impossibili.
Dato il persistere dello spettro anti-fascista, in larga parte dell’elettorato, tutto lascia supporre che i vertici del FN andranno verso una “Fiuggi” francese.
Infine, cosa aspettarsi dal rampollo di Jaque Attali?
Anche se le elezioni legislative, che si terranno a giugno, saranno determinanti per l’operativita’ del neo-presidente, non e’ difficile immaginare un consolidamento del credo europeista con il consueto “cocktail” di buonismo umanitarista, liberalizzazioni e austerita’. Macron inoltre, ha gia’ fatto sapere di voler attaccare la Siria, restando Fedele alla tradizione dei “bombardamenti terapeutici” dei governi Sarkozy-Hollande.
Il neo-presidente ha avuto un incontro con la Merkel, molto probabilmente per assicurarsi quel ruolo da “comprimario” sul continente a spese italiane.
Infine, ultime considerazioni sul FN. Il movimento di Marine Le Pen resta il Partito indentitario piu’ forte d’Europa con 11 milioni di voti. Un francese su tre lo ha votato e rappresenta sicuramente un’ottima base dalla quale ripartire, correggendo gli errori di comunicazione e di programma che sono stati commessi durante la corsa alle presidenziali.
Potrebbe essere necessaria un’opera “gramsciana” di penetrazione di quadri dirigenti del FN nei corpi sociali e nella parte produttiva del Paese. Il “restyling” non deve essere un’operazione di immagine ma di sostanza, non deve snaturare il movimento riuscendo ad essere polo di aggregazione di un più vasto bacino di elettori, per arrivare a governare la Francia. Marine ed i vertici del partito sembrano averlo capito, e da cio’ si dovra’ ripartire.