CONTRO MONTI, CONTRO L’EUROPA
La Merkel sarà pure una culona inguardabile ma non si guarda affatto dal farci il sedere grande quanto una casa dettandoci tempi, modi e provvedimenti della nostra agenda economica. Sarkozy sarà pure un nano, a vista d’occhio e a sguardo politico, ma può ergere le sue prepotenti bassezze sul piedistallo di un grande Paese che sa tutelare i suoi interessi strategici, per esempio facendo shopping in Italia e sottraendoci legami strategici senza garantirci alcuna reciprocità. Insomma, noi poveri italiani, un tempo eravamo considerati furbi come canidi ed agili come felini mentre adesso siamo solo forbiti come tecnici ed ammaestrati come babbuini. Per questo prendiamo la torta Sarkel in faccia ad ogni spettacolo dell’eurozoo, senza nemmeno provare a scostarci dalla traiettoria. Scostante, invece, è l’atteggiamento del Lupus in fabula Mario Monti il quale, dopo esser divenuto aiutante capobranco di Napolitano, non per scarto di voti ma per cifra stilistica, si emoziona per le adulazioni della stampa tedesca, la quale riscontra una sua diversità personale, da aggiungere ovviamente a quella morale celebratissima all’interno del parco buoi nazionale, rispetto a quel maiale del suo predecessore. In che occasione si siano manifestate tali sovrastanti qualità del neo Presidente del Consiglio non è dato saperlo. Che cosa ha fatto il bocconiano, oltre ad allargare la bocca per mostrare i canini con i deboli tenendo invece il becco ben chiuso con i forti, per meritare le leccatine degli sciacalli europei? Imporre ricette di deregolamentazione ai farmacisti, far gravare sui tassisti la corsa alle liberalizzazioni e aumentare le gabelle dei gabbati di sempre, evitando accuratamente di mordere i privilegi delle caste dominanti – dai parlamentari ai banchieri, dagli alti papaveri di Stato agli industriali con i tentacoli lunghi e l’investimento corto – non dimostra alcuna diversità da chi lo ha preceduto. Senza precedenti è semmai il convenzionalismo retorico ed artificioso che ci sta spingendo a fondo in un momento in cui occorrerebbero formule coraggiose ed originali per allontanarci da una situazione eccezionale di crisi che è geopolitica prima ancora che finanziaria. Ma lui guaisce anziché ringhiare contro l’esercito delle scimmie e dei cinghialoni franco-tedeschi (alle cui spalle agisce il rapace americano che li guida in questa “operazione condor”) il quale ha deciso di sconfinare nelle nostre prerogative per aumentarsi le provviste prima del grande freddo del default. Abbassare in questa maniera vile le orecchie è sempre un difetto, lo è nella esistenza quotidiana perché nutre le peggiori frustrazioni ma lo è ancor di più nella vita politica poiché riproduce comportamenti remissivi sempre più accentuati, pensati apposta per ingenerare l’altrui accettazione proprio mentre questi stanno per sferrare i loro fatali colpi d’accetta. E così si finisce per perdere la testa e la dignità. Eppure Machiavelli ci aveva insegnato che il politico deve essere bestia, con la capacità di unire in sé l’astuzia della “golpe” e la forza del “lione”. Belva dunque e non bestione. Ma qui in Italia, da un po’ di anni in qua, si vedono scorrazzare esclusivamente animali da cortile o da compagnia che si compiacciono per il pedigree riconosciuto loro dai mercati internazionali e dalle giurie estere che poi li autorizzano ad allestire, grazie a quel certificato d’idoneità a servire, lo scannatoio per noi miseri polletti. Prima che ci infilzino e ci riducano a spiedino spediamo a casa questi botoli e sbattiamo la botola in faccia all’Europa. Per uscire da questa cattività continentale dobbiamo tornare ad essere temuti come fiere e fieri della nostra cattiveria contro chi ci vuole prigionieri.