DI AUTONOMIA IN AUTONOMIA: SIGNIFIFICATI DIVERSI, di GLG
Un caro amico dell’adolescenza, con cui sono sempre in contatto, è da qualche anno sposato a Valencia, dove appunto abita. Negli ultimi giorni era a Barcellona e ha partecipato per curiosità alla manifestazione unionista. Mi ha telefonato questa mattina tutto divertito per l’enormità delle menzogne diffuse da tutta l’informazione nei paesi europei, un’informazione evidentemente comprata a piene mani dai devastatori filo-UE. Mi ha specificato: 1) nemmeno con la compenetrazione dei corpi poteva esserci un milione di persone in quella piazza, difficilmente la metà; 2) c’era una vera invasione di spagnoli. L’informazione (anche televisiva) ha nascosto la massiccia presenza di cartelli (e urla comprese) che inneggiavano alla Guardia Civil e chiedevano il processo per sedizione nei confronti dei Mossos d’Esquadra catalani. Potere ben figurarvi se questi manifestanti erano di quella regione.
Preciso che non me ne sbatte nulla (e nemmeno all’amico di cui sopra; e nemmeno alla sua moglie spagnola) del conflitto in atto per quella autonomia, conflitto che sono convinto infine si appianerà in compromessi di vario genere e magari con aggiustamenti successivi e contrattazioni complesse. Domani avremo un primo segnale di come procederanno le cose (ma quanto avviene “sottocoperta” lo dovremo intuire via via nel tempo). Resta il segno di un malcontento, di delusioni e rancori che si andranno depositando. L’infamia dei governi di una deleteria UE – fra l’altro in confusione per il conflitto in atto negli Stati Uniti; anche questo tutto da interpretare e seguire con particolare interesse perché segnala comunque una svolta storica – va pian piano apparendo nella sua reale portata. E diventa sempre più evidente anche la debolezza, o magari peggio ancora, delle poco decise e opache opposizioni; alcune delle quali (tipo i “berluscones”) sono false in radice. Il malcontento e la disaffezione popolare a queste meschine forze politiche sembra crescere, ma troppo lentamente. Comunque, è già qualcosa.
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Ritengo un errore assumere posizioni di principio rigide e inamovibili, avulse da una qualsiasi valutazione abbastanza analitica delle condizioni esistenti che in qualche modo giustificano la posizione assunta. A dir la verità, questa mia convinzione è in effetti una presa di posizione che assumo come generale e inamovibile. Tuttavia, è appunto l’unica; e con questa me ne precludo ogni altra. Quanto detto serve ad introdurre le considerazioni che seguono in merito al prossimo referendum sull’autonomia veneta e lombarda.
Ero molto indeciso se andare a votare oppure no; certamente andandoci avrei votato SI, altrimenti sarei stato a casa. Non mi scalda assolutamente il cuore il problema dell’autonomia. La sento spesso propagandare con argomentazioni economiche assai semplicistiche anche se di effetto: dovremmo dare meno soldi a Roma (cioè allo Stato nei suoi organi centrali) di quelli che invece versiamo. Insomma, diamo di più di quanto riceviamo e dovremmo farceli restituire. Non sono in grado di seguire certi calcoli e la cosa non riesce ad accalorarmi. Ci saranno pure tutta una serie di decisioni riguardanti determinati insediamenti sociali (regionali) che si vogliono avocare a coloro che sono eletti dai cittadini di quegli insediamenti. Tuttavia, anche qui non sono gran che in grado di valutare i termini precisi di tali discussioni.
Personalmente non sono nemmeno convinto della necessità – “a prescindere” – di separarsi dall’Unione Europea così com’è stata concepita. E’ logico che se mi dicessero: bisogna nel giro di 10, al massimo 20, anni mescolare insieme le popolazioni di tutte le nazioni europee per integrarle meglio, per cancellare le diversità e renderle eguali fra loro – per fare un esempio certo demenziale: molti milioni di francesi vengano in Italia e molti milioni di italiani vadano in Francia e altrettanto avvenga tra Italia e Germania e tra Germania e Francia, tra Italia, Germania e Francia e Svezia e via dicendo – penserei ad una grave forma di epidemia della pazzia. Per il resto so che ogni popolazione ha le sue specificità e ogni popolazione assimila lentamente quote (in genere molto minoritarie) di altre popolazioni. Tutto normale e che non solleva problemi insormontabili. Lo ripeto però per i più irresponsabili: con grande lentezza di assimilazione così come anche il cibo, se vuol essere digerito, deve essere ingerito secondo quantità non enormi e in tempi ben distesi.
Se sono invece nettamente contrario a questa UE e vedo con favore tutto ciò che la mette in difficoltà e può avvicinare la sua disgregazione – ancor meglio se addirittura si verificassero forti attriti tra i vari paesi aderenti – è perché si tratta di un conglomerato di paesi succubi di un altro predominante (non c’è bisogno che lo nomini); e da quest’ultimo è partito l’“anelito” all’unità europea in quanto unità dei suoi servi, un’unità che rende più facile ed omogeneo il suo predominio. Tutto ciò che mettesse in grave e irrimediabile crisi gli organismi “generali” di questa unione asservita e i governi dei paeselli “comandati” – in ultima analisi – da quello preminente non può che essere accolto con favore da chi preferirebbe infine la completa autonomia da quest’ultimo. Anche qui precisiamo a scanso di equivoci. Non m’interessa l’autonomia nazionale perche per me il Principio Superiore è la Nazione (magari condita con il concetto di Patria), per la quale si è disposti a dare la vita. Per me, in questa specifica fase storica, è fondamentale l’autonomia dagli Stati Uniti, senza d’altra parte cadere dalla padella nella brace di un’altra servitù.
Bisognerebbe forse precisare ancor di più il significato della specifica fase storica – caratterizzata da un crescente multipolarismo – e valutare l’impossibilità per i 27 paesi della UE di stare tutti insieme quale “unica potenza” rappresentante uno dei “poli”. Soprassediamo per tornare al referendum autonomista di Lombardia e Veneto. Se tale referendum rappresentasse un momento di crisi reale del governo nazionale, che è appunto un governo di servi, sarebbe da correre a votare SI. Il problema è che non sembra affatto che sia così. Se mi accorgo di sbagliarmi, corro a votare. Tuttavia, sinceramente mi sembra tutto il contrario di quanto si potrebbe pensare se si è troppo ingenui.
Gentiloni apre all’autonomia lombardo-veneta; e i paladini della stessa – Maroni e Zaia – sembrano aprirsi a qualche benevolenza nei confronti di questo Governo. Il quale è nato per sopperire alla difficoltà creata dal referendum costituzionale del 4 ottobre 2016 (quando sono per l’appunto andato a votare NO). Per la fretta di realizzare gli obiettivi, da noi più volte illustrati, dell’accoglienza dei migranti – non torno adesso su tale problema già trattato e di cui semmai riparleremo a suo tempo – si sono creati gravi problemi e si è perso molto consenso popolare; e allora i furfantoni hanno dovuto ripiegare in parte, e in modo sornione, con la nomina di Minniti a Ministro dell’Interno, che ha seguito gli ordini ricevuti, ma in parte si è portato in posizione dalla quale potrebbe, se fosse necessario (e se le elezioni andassero in un certo modo), prendere in sede governativa il posto di Renzi, che non credo proprio perderà il suo controllo del PD tramite il ruolo di segretario dello stesso. Minniti viene, non a caso, attaccato come “destro” (e ci si diffonde su tutti i suoi parenti militari di ieri) da stupidi intellettuali e comici da strapazzo; egli, in realtà, recita una parte con qualche “eccezione” necessaria a non confondere troppo le idee a chi non afferra bene il senso delle sue azioni. Il senso è quello esplicitato dalla sua presa di posizione di questi giorni in favore dello ius soli, da approvare subito. Gli imbecilli, che arrivano perfino a definirlo fascista, sono serviti.
E qual è questo senso? E perché Minniti potrebbe, se del caso, presentarsi quale aspirante premier o comunque come membro assai autorevole di un “certo” tipo di governo? Di quale tipo? Di quello cui mirano i poteri dominanti in Italia; dominanti qui, ma piattamente subordinati agli Stati Uniti. Senza dubbio, sono adesso un po’ sconcertati dallo scontro in atto nel paese “padrone”; chi vincerà alla fine e dunque di chi ci si dovrà poi dichiarare servitori? Tuttavia, intanto, il problema è di non perdere il controllo della situazione in Italia. Servi dell’establishment trumpiano o di quello precedente (o anche di eventuale compromesso), l’importante è non danneggiare il rapporto con il “padrone” perché altrimenti salta del tutto ogni vantaggio, che rappresenta la servitù per questi nostri infami e disgustosi poteri dominanti.
Da quanto tempo noi di C&S insistiamo nel dire che cosa è realmente accaduto nel 2011 con il coperto voltafaccia di Berlusconi, che ormai è il vero punto d’appoggio di uno schieramento politico attraversato da successive crisi, tutte tese ad una direzione: cambiare, in nome dei “supremi interessi” del paese, l’effettiva maggioranza. Se ciò avverrà in modo più esplicito o con qualche forma di mascheramento dipenderà dall’esito delle prossime elezioni. E’ tuttavia certo che, in un modo o nell’altro, il progetto ormai ben congegnato è quello di presentarsi con due coalizioni contrapposte per poi, visti i risultati, andare al cosiddetto inciucio tra PD e F.I.; tutto sommato tra Renzi e Berlusconi. Ed è facile che, anche se come voti il centro-destra fosse avvantaggiato, alla fine il premier sarà molto probabilmente un p-idiota. In tal caso, la figura di Minniti potrebbe emergere; e non certo in contrasto con Renzi come alcuni pensano. E c’è anche, come riserva, il Calenda, molto apprezzato in ambito confindustriale.
Allora, non vi è dubbio che il senso dell’autonomia lombardo-veneta cambia senso. E lo stesso PD si augura un suo successo. Maggiore è e più si avvantaggia soprattutto Maroni (Zaia sta “in riserva” con una furbizia perfino “simpatica”; magari tra due litiganti……). E Maroni (con alle spalle Bossi, che si è manifestato con totale chiarezza) sta in sotterraneo contatto con Berlusconi. Dai risultati elettorali è assai facile che venga in evidenza la difficoltà dell’“inciucio” tra Renzi e il “nano d’Arcore”. Qualche altro voto magari occorrerà. Bisognerà trovarne altri; e dare qualche risalto all’autonomia lombardo-veneta – ovviamente con vantaggi personali concreti per i suoi fautori – è una buona carta di riserva da giocare. Salvini ridimensionato, e grillini pure (perfino se il segretario della Lega afferrasse la necessità di una alleanza con loro per contrastare il “salto della quaglia” berlusconiano); ecco il disegno ormai piuttosto evidente a chi capisce qualcosa di politica e, soprattutto, della merda politica da cui è sommersa l’Italia.
Quello che avevo da dire ho detto; ognuno ne tragga le sue conclusioni e i lombardo-veneti valutino bene il “che fare”, assai complicato invero. Non andare a votare – peggio ancora votare NO – avvantaggia direttamente questo governo di perfetti servi e devastatori del paese. Mentono spudoratamente sulla ripresina – avendo corrotto anche i vari istituti di statistica – e sono addirittura ignobili quando trattano dell’occupazione; proprio imbroglioni laidi e vomitevoli. Dare spago a Maroni (lascio da parte per il momento “l’altro”) è fornire carburante al progetto che ho cercato di elucidare. Ci saranno poi le elezioni. Decidete un po’ voi se andare a votare (comunque SI) o meno al referendum.
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