Dietro la mitologia greca Il Pci, gli Usa, i comunisti greci ed il colpo di Stato dei colonnelli del 1967, di Andrea Berlendis
In un suo recente scritto ‘Divagazioni sulla politica’,La Grassa ha simultaneamente lanciato una formulazione generale circa la natura della politica, derivandola dalla sua ipotesi della centralità del conflitto strategico, ed un’esemplificazione storica per corroborare tale formulazione, riguardante le relazioni tra centri strategici Usa, il colpo di Stato dei colonnelli in Grecia, ed i rapporti del Pci con gli oppositori greci. Quanto segue, vuole contribuire alla prosecuzione del discorso circa quell’esemplificazione storica, perché costituisce un’ulteriore angolazione chiarificatrice sulla dinamica del passaggio di campo geopolitico del Pci.
1. Prima di tutto si deve ritornare allo scenario politico greco di quel periodo ed osservare come il conflitto tra gruppi di agenti strategici della potenza dominante (Usa) si rifrange e articola a sua volta in un conflitto tra gruppi di agenti subdominanti del paese subordinato (Grecia) interno al campo coordinato dalla potenza egemone. Le convulsioni della sfera politica greca degli anni ‘60 nella loro fase finale vengono così descritte da un affermato testo storico: dopo la caduta del governo Paraskevolulos nell’aprile 1967 “Andando contro un’usanza consolidata, re Costantino non nominò un nuovo governo di transizione, ma chiese a Kannellopulos, il capo dell’Ere, di formare un governo sotto cui si svolgessero le previste elezioni. Papandreu elevò una protesta pro forma, ma in effetti non dubitava che Kannellopulos avrebbe permesso lo svolgimento regolare delle elezioni. Contemporaneamente, però, come si scoprì in seguito, un gruppo di generali di concerto con il re stava segretamente approntando un intervento dell’esercito nel caso in cui la prevista vittoria dell’Unione di centro fosse stata seguita da disordini. Ma, all’insaputa dei superiori, un gruppo di ufficiali relativamente giovani aveva ormai ben altri piani. Alle 2 antimeridiane del 21 aprile 1967 la loro azione colse di sorpresa il re, gli uomini politici e le alte gerarchie dell’esercito. Utilizzando un piano d’emergenza Nato il cui nome in codice era Prometeo, che avrebbe dovuto attivarsi in caso di gravi disordini interni, i cospiratori misero in pratica i loro progetti”.(1) Questa ricostruzione della sequenza degli eventi storici, omette di individuare i mandanti statunitensi promotori dei due colpi di Stato, sia quello predisposto da date forze che quello poi effettivamente poi realizzato da altre. Ancor più significativo era però cogliere come la posta in gioco strategica fosse sì il mantenimento del controllo di un paese chiave nel fianco sud-est della Nato, ma che questo stesso obiettivo fosse perseguito attraverso tattiche diverse poste in essere da gruppi di agenti strategici dominanti statunitensi in conflitto tra loro, con i relativi addentellati presso i subdominanti greci. Un testo dell’epoca esponeva esemplarmente il problema: “Ma il ‘colpo parlamentare’ del luglio 1965 e quello dell’aprile 1967 hanno avuto la stessa mente organizzatrice? Non lo si può certo affermare con certezza perché in Grecia non agiva ‘una’ politica americana ma più componenti di questa politica, talvolta in contrasto fra loro, ognuna con propri esponenti impegnati in un gioco delle parti talvolta fin troppo complesso. Comunque se è facile stabilire—più o meno—chi è che cosa fa l’ambasciatore Usa in Grecia (nel 1965 il ‘democratico’ Talbot), più difficile è sapere con certezza cosa fanno e chi sono i capi degli altri settori politici Usa in Grecia come del resto altrove: la Cia e le missioni militari. E questo può essere difficile anche per un ambasciatore Usa, in particolare quando viene applicata la biblica norma di non far sapere alla mano destra quello che fa la sinistra: una norma che può dare i suoi frutti, purchè il tutto rientri in un superiore concorso di interventi.”.(2) Infatti, ad esempio l’ambasciatore Talbot “nel colpo di Stato del 21 aprile ebbe senza dubbio una funzione di appoggio alla linea del compromesso con la monarchia” ma “non sapeva che la Cia non avrebbe appoggiato il piano che aveva per protagonista re Costantino bensì la variante organizzata da Papadopulos ritenendo—e certo con qualche ragione—che il gruppo dei colonnelli ‘alla Papagos’ dava più affidamento dei vecchi generali e del loro ‘giovane ed inesperto sovrano’.”.(3) L’agenzia americana d’intelligence puntò su Papadopulos perché a suo tempo “lo mandarono negli Stati Uniti a fare un corso d’aggiornamento. Di ritorno in Grecia, diventò un uomo del KYP, il servizio segreto che la Cia creò alla fine della guerra civile come sua filiale greca.”.(4) Il contrasto tra due linee interne ai dominanti Usa, condensato nelle due diverse opzioni tendenti al colpo di Stato, emerse anche quando, essendo parte dell’opzione non attuata, “il re rifiutò da principio di approvare il nuovo governo. Fino alle 10 di mattina, la Cia americana, e naturalmente l’ambasciata americana, sembrarono completamente estranee agli avvenimenti. L’ambasciata dichiarò di non conoscere i capi del colpo. Ma la Cia decise di uscire allo scoperto per contrastare la resistenza del re. Gli addetti militari, accreditarono l’opinione che l’esercito era dalla parte della giunta e che dal momento che il colpo era riuscito, opporvisi significava incoraggiare comunisti alla sollevazione. Il re perciò avrebbe fatto bene a riconoscere il nuovo regime e a stabilire poi la sua strategia. (Era in questo spirito che stava lavorando la squadra della Cia investita dalla faccenda negli Stati Uniti. Il consigliere di più alto grado di questa equipe, che includeva alcuni rappresentanti della finanza americana, era Cyrius Vance. Le raccomandazioni di Talbot, ambasciatore americano, furono così dirottate per ottenere l’appoggio del Dipartimento di Stato alla politica della Cia).”.(5) Una volta che gli eventi presero quella determinata piega, gli agenti del conflitto, definiti da La Grassa ‘gruppi di riserva’, in quanto portatori soggettivi della linea temporaneamente soccombente, continuarono la loro azione partendo dalle condizioni che il contesto creatosi aveva determinato. Il leader dell’UDC Papandreu, già nel 1969 sostenne che “a Vance come a tanti altri uomini dell’amministrazione Johnson, il colpo di mano di qui militari, ad Atene, tutto sommato andava bene.”.(6). Il figlio, Andreas Papandreu, nello stesso periodo confidò ad un giornalista “di aver avuto recentemente, un colloquio con un notissimo membro del Senato Americano. Papandreu non ne vuole fare il nome, ma è facile supporre che si tratti di William Fullbright. ‘Se smettete di aiutarla, economicamente e militarmente—diceva Papandreu—la dittatura, ad Atene, casca da sola in un paio di settimane’. ‘Lo sappiamo benissimo—ha risposto il senatore americano—ma il Pentagono non è soltanto il responsabile morale della situazione greca, ma anche della situazione creatasi in tutta l’America Latina. Tu credi che oggi noi, al Congresso, abbiamo veramente la forza di opporci ai militari? Il destino della dittatura, in Grecia, è ormai legato alla nostra lotta contro questo potere.”.(7) E quella ‘lotta’ tra centri dominanti statunitensi rispetto alle linee politiche da seguire si evidenziò in diversi episodi: “Nell’agosto 1969, per esempio, cinquanta parlamentari americani—repubblicani e democratici—hanno scritto una lettera a William Rogers per chiedere che siano sospesi gli aiuti alla Grecia.” Questo perché secondo costoro “La posizione dell’America è fondamentalmente per la sopravvivenza della giunta. Quanto però più presto cade la giunta tanto più concreta sarà la prospettiva che prenda il suo posto un governo democratico responsabile, orientato verso l’Occidente, che si impegni a cicatrizzare le piaghe economiche e politiche. Tanto più durerà la giunta al potere, tanto più vicina sarà la prospettiva della polarizzazione politica, del disordine, dello spargimento di sangue e di imprevedibili conseguenze per la Grecia e anche per gli interessi politici, morali e militari dell’America.”.(8) Ed ancora, il 7 novembre 1969 sempre il senatore democratico Fullbright “Alla commissione esteri del Senato americano, Fullbright chiede che il governo di Washington intervenga ad Atene, attraverso il nuovo ambasciatore Tasca, per un’immediata democratizzazione.”.(9) Ulteriore esempio di azione di contrasto che tali ‘gruppi di riserva’ condussero, sempre anche a livello parlamentare—per cui il conflitto tra tattiche diverse interne ai centri dominanti Usa emerse più volte alla superficie degli eventi—fu questa: “Il Pentagono in particolare era interessato a mantenere buone relazioni con la Grecia per poter continuare a disporre delle basi militari in un paese la cui importanza strategica per l’alleanza occidentale era cresciuta dopo le guerre arabo-israeliane del 1967 e del 1973 e il rapido incremento della presenza sovietica nel Mediterraneo. Quest’ultimo fattore portò alla stipula di un ‘accordo portuale’ che concesse alla V flotta americana la possibilità permanente di appoggiarsi ai porti della Grecia. Quando il Congresso degli Stati Uniti votò il taglio degli aiuti militari alla Grecia, il presidente Nixon fu rapido ad invocare una clausola che prevedeva il ripristino delle forniture se il presidente le avesse considerate essenziali per la difesa degli Stati Uniti.”.(10) A dimostrazione del fatto che il conflitto strategico infradominanti si svolga senza sosta, solo con modalità differenti in rapporto alle contingenze, che vi siano più opzioni in campo e che la soluzione prevalente lo può essere solo temporaneamente, riporto due brani di quell’epoca che trattano del periodo del ‘regime dei colonnelli’ stabilizzatosi—almeno così appariva alla superficie—dopo il colpo di Stato. Il primo brano—tratto da un saggio del 1969—dà un tipo di rappresentazione che, pur cogliendo nel momento stesso dello svolgimento degli eventi il loro possibile incedere, è però debitrice di una visione dei soggetti unitaria e compatta, per cui attribuisce ad uno dei soggetti agenti, quello prevalente (gli Usa) una volontà univoca: “Il capitale e gli Americani pur non potendo (e non volendo) pensare a rovesciare il regime con la forza, continuano tuttavia ad esercitare una certa pressione su di esso, affinchè si avvii verso il ritorno della legalità, pur continuando a fornirgli i mezzi di sussistenza.”.(11) L’autore prevedeva di conseguenza che “E’ quindi improbabile che l’attuale stato di instabilità interna possa durare a lungo. Se il regime non riuscirà a crearsi quella base sociale che gli consenta di costruirsi un proprio partito e di ottenere l’appoggio incondizionato del grande capitale, sarà costretto—da una combinazione di pressioni esterne ed interne—a cedere il potere ai rappresentanti della destra ‘classica’, i cui interessi di classe coincidono sostanzialmente con i suoi, e ritornare al ruolo di angelo custode della società borghese. Ciò è quanto si può intravedere nelle manovre dei colonnelli. Promulgando una costituzione e preconizzando eventuali elezioni, essi offrono un appiglio al potere tradizionale che gli garantirà, nel caso, una ‘caduta morbida’.”.(12) Il secondo brano—tratto da un articolo giornalistico di quel tempo—mostra invece il conflitto tra le diverse opzioni, anche se riconosce fattualmente l’esistenza di più gruppi in conflitto, ma non concettualmente (nel titolo come nella frase di apertura si parla infatti di ‘gruppo dominante e ‘gruppo di potere’ al singolare): “Almeno 2-3 correnti si combattono all’interno del nuovo gruppo dominante, cercando di prevalere una sull’altra. Un gruppo moderato (che farebbe capo al Primo ministro Andrussopulos) che ha, come obiettivo, una saldatura fra le forze armate e almeno una parte della borghesia al fine, cioè, di instaurare un regime autoritario che salvi tuttavia certe parvenze di democrazia. Questi gruppi avrebbero l’appoggio degli americani (il Primo ministro si è laureato a Chicago, ha vissuto per 12 anni negli Usa da dove è tornato alla vigilia del colpo di Stato del 21 aprile 1967 per entrare subito, illustre sconosciuto, nel governo di Papadopulos, il ministro della Giustizia è stato per lunghi anni ed era fino a ieri consulente legale ad Atene dell’ambasciata americana). Gli Stati Uniti appoggerebbero questo gruppo perchè le pressioni e le critiche dell’opinione pubblica americana ed europea sono diventate così pressanti da rendere poco saggio per gli Usa, continuare a fare da sostegno ad una dittatura aperta. Un’altra corrente è costituita dai filomonarchici. Essa sarebbe capeggiata dal presidente Gizikis e dai ministri karamanlisti. Potrebbe essere il cavallo di ricambio degli americani se non si arrivasse ad una intesa tra questo e quello dei moderati. Un terzo gruppo, infine, farebbe capo al generale Johannidis, il comandante delle famigerate S.A., il corpo di polizia militare responsabile delle torture e persecuzioni. Johannidis è l’uomo duro del colpo di Stato: è l’eminenza grigia degli attuali governanti della Grecia e potrebbe, alla fine, dimostrarsi anche il più forte.”.(13) Si deve quindi sottolineare come la strategia dei dominanti sia connotata dalla flessibilità. Un primo livello di flessibilità riguarda il fatto di come nella strategia dei dominanti, la forma democratica e la forma autoritaria dello Stato siano assolutamente complementari ed intercambiabili—al di là della preferenza per maggior resa ideologica di quella democratica—, e che la vigenza di una o dell’altra è sempre contingente e mutabile, in funzione di una premessa sovrastante: l’assetto di una formazione sociale particolare è da correlare alla sua collocazione (dominante o subdominante) nella gerarchia in un dato campo geopolitico ed alle esigenze della riproduzione complessiva dell’insieme strutturato dei rapporti sociali di quella data formazione sociale particolare. Oltre a questo primo livello di flessibilità relativo alle forme dello Stato, ve né un secondo interno ad una stessa forma di Stato: come abbiamo visto, nel caso della Grecia del 1967 erano possibili due varianti della stessa forma autoritaria dello Stato, differenziate per forze (interne ed esterne) che lo sostenevano, per tempi e modi di realizzazione, ecc. Ed allo stesso più varianti della forma democratica dello Stato sono possibili. Riferendosi al caso greco della metà degli anni ’60, per esempio, notiamo che la formazione Unione Democratica di Centro del leader liberale Geórgios Papandréu vinse le elezioni del 1964 con il 53% dei voti ed ottenne una maggioranza parlamentare di 171 seggi su 300. Ma il conflitto con l’apparato statale monarchico per favorire la preminenza sia dell’apparato statale governativo, e—più in generale—di quello parlamentare, relativamente alla direzione dello Stato, unitamente alla mancata adesione del governo Papandreu al piano statunitense per Cipro, poi, non fece altro che rendere sempre più inviso alla destra, al re e agli Stati Uniti il governo e il suo primo ministro.”.(14) A questo punto secondo un copione consolidato (in cui solo i dettagli a volte—e talvolta neppure quelli!—variano), inizia ‘la seconda mano’ del gioco elettorale, per cui “Forze politiche e militari misero in atto numerosi tentativi di screditare il partito e il governo, accreditando al tempo stesso le presunte, e inesistenti, simpatie comuniste del liberale Papandreu. Ad esempio fu denunciata l’esistenza di un complotto «di sinistra» all’interno dell’esercito. Il piano, denominato Aspida (scudo), era attribuito al figlio di Papandreu, Andreas e, come accertò la magistratura, era stato ordito da «un potere parallelo per screditare i suoi avversari sia militari sia civili». Il 15 luglio 1965 il re esautorò, con un atto anticostituzionale, il primo ministro eletto Gheorghios Papandreu, provocando forti proteste popolari. Pare accertato che lo stesso Costantino stesse per organizzare un vero e proprio colpo di Stato.”.(15) Vi furono poi una sequenza di tentativi ispirati dalla monarchia di Costantino II, interni alla forma democratica dello Stato, messa in tensione sino al punto che se ne richiese la consueta temporanea sospensione e sostituzione con la forma autoritaria dello Stato. Questo non può sorprendere perché “E’ bene rendersi conto che la democrazia, di cui si vanta il mondo occidentale, non ha nulla a che vedere con il potere o la volontà della popolazione, ne è anzi fondamentalmente indipendente. Con una precisazione però. La democrazia – puramente elettorale, quella per cui ogni tot anni si consulta il popolo, dopo averlo adeguatamente bombardato di menzogne e spaventato o esaltato con opportune azioni, ecc. – dipende dallo scontro di diversi gruppi di pressione o lobbies che difendono particolari interessi, non semplicemente economici, spesso perfino fortemente caratterizzati in senso ideologico.”.(16) Se ne deve dedurre che la cosiddetta democrazia, la forma democratica dello Stato, è uno dei mezzi attraverso cui gli agenti strategici capitalistici combattono il loro conflitto: le torsioni sino alla sostituzione con la forma autoritaria dello Stato (a sua volta sempre reversibile, prevedendo il ripristino della sua forma democratica, al darsi di nuovo di date condizioni) dipendono da questo conflitto Sino a che vigono determinate condizioni che consentono una (più o meno) ordinata riproduzione di una data formazione sociale particolare, il conflitto si dispiega entro la forma democratica dello Stato, piegandola e conformandola in un dato campo di variazione. La stessa forma democratica dello Stato diventa un oggetto del conflitto (posta in gioco) nelle fasi transitorie: sia quando aumentando l’instabilità di una formazione sociale emergono spinte alla sua sostituzione (sempre temporanea) con la forma autoritaria dello Stato, sia quando, mostrando un rendimento politico decrescente, la forma autoritaria dello Stato, richiede il ripristino di una qualche versione della forma democratica dello Stato. In generale, lo Stato è un campo conflittuale, e precisamente, la forma che tale campo assume è, allo stesso tempo, sia risultante del conflitto che strutturante le modalità di quel conflitto stesso. Decisivo è sempre il conflitto strategico, al di là del suo manifestarsi in una delle due forme complementari dello Stato.
2. Nella dinamica conflittuale tra dominanti con il suo manifestarsi nel contrasto tra subdominanti, si inserisce l’azione del Pci, che interviene prima nel conflitto interno al Pc greco poi rispetto ai Pc greci, in relazione alla sua linea in atto di distanziamento dal campo geopolitico sovietico prodromo poi del cambiamento di campo. Prima di iniziare la disamina dell’azione svolta dal Pci, sul davanti e sul retro della scena degli eventi succedutisi al colpo di Stato de l967, sono necessarie una digressione laterale ed una considerazione preliminare. La digressione riguarda la politica internazionale del Pci nella seconda metà degli anni ’60, non in generale, ma rispetto al caso greco, per cui occorre richiamare i particolari rapporti che il Pci andò intrattenendo con Il Pc rumeno: “E proprio con il Partito comunista romeno, indirizzato dal segretario Gheorghiu-Dej verso un cauto ma progressivo allontanamento da un controllo sovietico ritenuto troppo oppressivo, il Pci avviò, dagli anni Sessanta, un percorso basato su alcuni elementi condivisi. Nel corso di numerosi incontri fra le delegazioni dei due partiti, sia il Pci che il Pcr concordarono infatti sulla rivendicazione del diritto allo sviluppo di “vie nazionali” al socialismo per ogni partito comunista in autonomia dalla linea dettata da Mosca e sulla necessità di superare i due blocchi politico/militari contrapposti. La Romania di Gheorghiu-Dej aveva saputo coniugare una maggiore autonomia nei confronti dell’Urss e una relativa apertura economica verso i paesi dell’Europa occidentale”.(17) Quindi di conseguenza “i rumeni si dimostrarono particolarmente disponibili nei confronti delle tesi dei comunisti italiani, avendo caratterizzato sempre più la loro politica in una direzione autonoma dall’Unione Sovietica.”.(18) Data questa collocazione, sia il ruolo del Pc rumeno che la sua linea di condotta risulteranno rilevanti ai fini della comprensione del tipo di azione e di relazioni intrattenuti dal Pci rispetto al caso greco dal 1967 in poi. La considerazione preliminare riguarda invece il Pc greco. Pur senza trattare, come si dovrebbe, gli antecedenti storici del KKE, negli anni ’60 esso era profondamente diviso sul punto fondamentale quale quello del rapporto con il campo geopolitico coordinato dall’Urss. Si tenga inoltre presente che dopo le vicende insurrezionali post-seconda guerra mondiale il KKE (19) era stato posto fuori legge e parte consistente sua direzione dei suoi quadri risiedevano nei diversi paesi dell’est, mentre la sua azione interna alla Grecia si svolgeva tramite il raggruppamento legale di sinistra denominato Eda. Già nel 1965 si aprì una “Crisi nei rapporti tra la direzione del Pc di Grecia all’estero e la direzione dell’Eda, accusata di seguire una ‘via italiana’ e di manifestare tendenze autonomiste nei confronti del partito comunista.”.(20) In particolare “Quanto al contenuto della crisi stessa, consisteva in divergenze serie, alcune latenti, altre più o meno manifeste, impostate sia su questioni della ideologia e della teoria che sull’insieme della linea politica e della tattica, come pure sui principi e le forme di organizzazione interna al partito”.( 21) A seguito di ciò, nel 1967 il Pc greco si divise, e vennero così a costituirsi nel corso del 1968, due partiti comunisti, uno denominato Pc greco dell’estero (KKE-ex) e uno denominato Pc greco dell’interno (KKE-es). Per quanto riguarda quest’ultimo, la sua genesi è così descritta: “Durante la dittatura dei colonnelli, il KKE si scisse in due. Alcuni militanti condannarono la violenta repressione della Primavera di Praga. Si avvicinarono dunque alla linea del cosiddetto eurocomunismo, i cui maggiori rappresentanti erano i comunisti italiani; molti militanti comunisti greci, peraltro, vivevano in esilio in Italia e avevano stretti rapporti con il PCI. Questo gruppo prese il nome di KKE dell’interno”.(22)
2.1 Prima di tutto è utile enucleare ulteriormente quali erano le caratteristiche distintive dei due partiti comunisti greci. Secondo una ricerca del 1980 sui partiti comunisti dell’Europa mediterranea: “Il KKE-ex rappresenta il tipo di partito comunista ortodosso, mentre il KKE-es e l’Eda sono invece da considerare già come partiti dell’area del socialismo democratico.”(23) A tal proposito il responsabile della sezione esteri del Pci a proposito del KKE-es segnalava che, “il suo programma prevede ‘una politica va collocata nelle prospettive della via ellenica democratica per un socialismo democratico e mira ad una collaborazione più ampia fra tutte le forze politiche democratiche’.”.(24) Ma “Le fondamentali differenze tra i due partiti sono ancora più evidenti nel settore internazionale”.(25) Infatti “Nei confronti del movimento comunista internazionale, il Pc di Grecia interno ‹‹si pronuncia per il rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza di ciascun partito, per la non ingerenza negli affari interni dei partiti, per il riconoscimento da parte di tutti del principio che ciascun partito è responsabile di fronte alla classe operaia e al popolo del proprio Paese e del diritto di ciascun popolo di costruire da padrone delle proprie sorti il suo futuro, libero da ogni intervento straniero e di edificare in questo modo la forma della sua evoluzione sociale››. Queste posizioni consentono di criticare sia l’intervento sovietico in Cecoslovacchia, che il KKE-esterno.”. (26) In particolare ad esempio rispetto alla Cee ed alla Nato, “Il programma di politica estera del KKE-es contiene ovviamente elementi analoghi a quello del KKE-ex , ma le finalità e le richieste concrete sono fondamentalmente differenti. Anche il KKE-es chiede la totale uscita della Grecia dalla Nato, a condizione però della simultanea dissoluzione della Nato e del Patto di Varsavia.” (27) Qui si vede come a volte il diavolo si nasconde nei particolari…. Inoltre “il KKE-es ritiene che l’adesione della Grecia alla Cee sia oggi un fatto irreversibile. Infine il KKE-es spera nella nascita di un’Europa dei lavoratori ed è perciò disposto a collaborare con tutte le forze democratiche e socialiste esistenti in Europa.”(28) Le posizioni dei comunisti greci dell’interno sono quindi espressione di un dato comune di quella che sarà la linea eurocomunista: “Una linea di tendenza è chiara ed è l’adattamento all’attuale politica estera dei rispettivi paesi: gli eurocomunisti accettano il Mercato comune e la Nato”.(29)
2.2 Aquesto punto è possibile ricostruire il significato dell’azione svolta dal Pci nel contesto greco relativamente al periodo successivo al colpo di Stato dei colonnelli del 1967. Innanzitutto la posizione ufficiale del Pci, il davanti della scena, fu effettivamente quella di connotare come ‘fascista’ l’azione golpista e di denunciare le responsabilità degli Usa negli eventi. Alla camera il responsabile della sezione esteri del Pci Sandri nel suo intervento affermò che “la politica estera della Grecia, come è noto e come certamente non può essere contestato, era subordinata e dipendente dai calcoli di una grande potenza, dai calcoli degli Stati Uniti.”.(30) Mentre Pajetta, in rappresentanza del Pci durante il dibattito al Senato sul golpe disse: “Ma di chi era questo esercito greco, che cosa era questo esercito greco, che cosa è ancora oggi, chi lo mantiene. ‘Se i paesi occidentali rompessero le relazioni con il nuovo governo, i militari che se ne sono impadroniti con la violenza non avrebbero la possibilità di resistere al potere più di qualche settimana. L’esercito greco è infatti interamente dipendente dalle forniture americane…’ Chi lo dice? Lo dico io,lo diciamo noi? E’un giornale governativo vostro, di Torino. ‘In realtà l’esercito greco è nelle mani degli Stati Uniti. Esso vive con la benzina, i fucili, le divise, i carri armati, i denari arrivano d’oltre Atlantico….’ Chi lo dice? Un altro vostro giornale governativo.”.(31). La sottolineatura da parte del Pci delle responsabilità Usa si evinceva dai titoli ed articoli del suo organo di stampa: L’Unità del 22 aprile 1967 sotto il titolo della prima pagina ‘Colpo di Stato militare in Grecia’ apponeva la seguente frase: ‘La VI flotta Usa nel porto del Pireo’, precisando poi, ne L’Unità del 23 aprile 1967, che “I fatti già dicono in quale misura i consiglieri americani, fortificati dalla presenza della VI flotta nelle acque del Pireo, abbiano contribuito a questo colpo di mano.”, e rimarcando sarcasticamente, ne L’Unità del 26 aprile 1967, che era ‘Proibito parlare del ruolo della Cia nel colpo di Stato in Grecia’.
2.3 Se però cominciamo ad esplorare il retro(scena) ed il sotto(scena), rispetto al davanti della scena, i giochi degli attori in campo rivelano altre dimensioni, la cui rilevanza emergerà come preminente rispetto alle dimensioni più appariscenti. Il rapporto del Pci con il Pc rumeno improntato al distanziamento dal campo geopolitico sovietico produsse i suoi effetti trovando un terreno dissodato e comune nel caso del sostegno al Pc greco dell’interno (KKE-es). In primo luogo, partendo dal fatto che “Il Comitato centrale del partito Comunista Greco si è diviso nel gennaio del 1968. Ceausescu ha incoraggiato personalmente i capi ‘degli indipendenti’ (Mitsos Partsalidis, Zisis Zografos, Patios Dimitriu) ed ha evitato per lungo tempo i contatti con il partito filo-sovietico (KKE-ex) guidato prima da Kostas Kolyannis e poi da Harilaos Florakis. Vale la pena di segnalare che al tempo della scissione il Comitato Centrale greco, come la sua stazione radio (la ‘Voce della verità’) e il giornale (Neos Kosmos), erano ospitati a Bucarest.” (32) Questo era parte di una strategia più ampia, per cui “Le buone relazioni con la Cina e la Jugoslavia si intensificarono e Ceausescu ebbe frequenti incontri con personalità dei partiti comunisti Occidentali ostili all’espansionismo del Cremlino: gli italiani Luigi Longo, Enrico Berlinguer e Giancarlo Pajetta; i francesi the French Waldeck Rochet e Georges Marchais; e gli spagnoli Dolores Ibarruri and Santiago Carrillo. Nello stesso tempo, il Partito comunista rumeno, cooperava con i comunisti italiani e jugoslavi per sostenere il ‘revisionista’ Partito comunista greco (dell’interno).”.(33) Concretamente le modalità di tale sostegno erano queste: “ogni greco, che vive nei paesi socialisti, indipendentemente dalla sua appartenenza al Partito comunista, è tenuto a versare al KKE-ex ogni mese la paga di una giornata lavorativa. Simpatizzanti del KKE-es che si sono rifiutati di finanziare il KKE-ex e che avrebbero voluto invece versare la loro quota al KKE-es, hanno urtato contro ‘difficoltà amministrative’. Unica eccezione in questo sistema di finanziamento forzato del KKE-ex è la Romania, che lascia liberi i ‘contribuenti’ di decidere a quale dei due partiti versare la ‘quota’. Mentre il KKE-ex, grazie a queste sovvenzioni gode di una buona disponibilità finanziaria, il KKE-es (come del resto anche l’Eda) è costretto a vivere alla giornata. Se Ceausescu non offrisse la carta a poco prezzo, l’uscita dell’ ‘Avghi’, l’organo del KKE-es, sarebbe problematica.”.(34) I risultati di questo sostegno e lavorio si evidenziavano nel fatto che i “Quadri tornati dalla Romania sostengono una linea meno ortodossa rispetto a quelli tornati dall’Unione Sovietica. … Per contro, tutti i membri dell’ufficio esecutivo del KKE-es hanno trascorso in Grecia il periodo successivo alla guerra civile e hanno militato nell’Eda al cui interno facevano parte della corrente comunista che spesso era in disaccordo con le decisioni prese dalla direzione estera del partito.”.(35) Ovviamente il Pc rumeno a livello ufficiale manteneva rapporti anche con il KKE-ex e lo finanziava (36), per poter perseguire sottotraccia la sua politica, in sintonia con il Pci, di distanziamento dal campo geopolitico sovietico, che passava attraverso il sostegno al KKE-es. Sempre guardando al proscenio si deve anche da rimarcare che “Abbastanza paradossalmente, dato il feroce atteggiamento anticomunista del regime in politica interna, durante la giunta dei colonnelli i rapporti della Grecia con i suoi vicini comunisti migliorarono sensibilmente. Il presidente della Romania Ceausescu fu l’unico capo di Stato europeo a compiere una visita ufficiale in Grecia durante il settennato dei colonnelli”.(37)
2.4 La reazione del gruppo dirigente prevalente allora in Urss all’iniziale azione di sganciamento dal proprio campo geopolitico non si fece attendere: “Questo processo di emancipazione dall’Unione Sovietica suscitò forte opposizione. L’Urss infatti non solo non riconosce il KKE-es e non l’ha mai sostenuto materialmente, ma ostacola anche lo sviluppo delle sue organizzazioni con misure amministrative. Così per esempio è vietata la distribuzione dell’ ‘Avghi’ in tutti i paesi del blocco orientale. Le misure repressive variano da paese a paese: in Ungheria e Romania (il Partito comunista rumeno è l’unico che riconosce il KKE-es) i membri del KKE-es si possono riunire liberamente.”.(38) Nello stesso tempo “I sovietici hanno favorito la scissione dei comunisti greci, e il sostegno da essi concesso al KKE-ex rende ancora più debole l’eresia del KKE-es.”.(39) A proposito della valutazione da parte del gruppo dirigente brezneviano della linea e degli obiettivi dei fondatori del Pc greco dell’interno (dietro cui, si è visto, celavano il Pci e il Pc rumeno) significativo è l’episodio raccontato da Rosario Bentivegna (che lo lasciò scandalizzato): “A seguito dell’occupazione militare della Cecoslovacchia, i vecchi comunisti greci rifugiati nei paesi del Patto di Varsavia, a loro volta si divisero: la gran parte si schierò con Mosca, ma molti furono compagni che ritennero inaccettabile la scelta operata dal governo sovietico. Costoro furono espulsi dai paesi del Patto di Varsavia, ma se fin qui si può criticare il settarismo fu assolutamente inaccettabile la decisione di convogliarli tutti ai confini della Grecia e consegnarli, di fatto ai ‘colonnelli’.”.(40) Rispetto invece ai rapporti tra la Grecia, dopo il colpo di Stato dei colonnelli, e l’Urss, in funzione di valutazioni geopolitiche (come il conflitto tra Turchia e Grecia per Cipro elemento in cui si inseriva la ricerca sovietica di una proiezione verso il Mediterraneo), già a quell’epoca un giornalista notò che “L’Unione Sovietica è tutt’altro che zelante nella lotta ai colonnelli. Mentre l’opposizione greca all’estero si indigna per un prestito di dieci milioni di dollari dell’Italia alla Grecia (e nelle importazioni della Grecia, che è ottima pagatrice, l’Italia è al secondo posto, dopo la Germania Federale), mentre i fuoriusciti insistono perché nessun turista vada in Grecia, navi russe da crociera con centinaia di passeggeri ciascuna includono regolarmente porti e isole ellenici nei loro itinerari.”.(41). Quale piena conferma di questo atteggiamento “l’Unione Sovietica, nell’agosto 1968, aveva inviato un nuovo ambasciatore” (42).
2.5 Ai fini del nostro discorso il punto decisivo consiste nel (di)mostrare e dipanare nel dettaglio i rapporti del Pci con il Pc greco dell’interno (KKE-es). Due studiosi greci, analizzando gli archivi del Pc greco dell’interno, hanno inferito che “La scissione del partito greco diede al partito italiano l’opportunità di rimettere in discussione l’adesione all’Urss. Lo fece, offrendo, con i partiti rumeni ed iugoslavi, ai dissidenti greci un sostegno attivo contro la direzione di Kolyannis.”.(43) In particolare “I quadri del partito comunista della Grecia che aderirono ‘agli unionisti’ avevano precedentemente contatti con il partito italiano. Ciò si verificò, un mese prima della scissione del partito greco, che sia registrato, all’organo del partito italiano Unità (fu riprodotto all’organo del partito rumeno Scanteia) un comunicato comune dei partiti comunisti greco ed italiano contro la giunta militare, a favore del lotta contro la dittatura, a favore del ristabilimento della democrazia in Grecia. Dopo il febbraio 1968, i membri radiati, oppositori alla direzione di Koiyiannis, informarono, per lettere, il partito comunista italiano della situazione del partito comunista della Grecia. Nel marzo 1968, lo informarono che l’ufficio del partito in Grecia, per decisione unanime, considerò nullo e non avvenute le decisioni della XII sessione plenaria.” .” (44) Nella fattispecie “Il partito italiano era il secondo, dopo quello rumeno, che sostenne dall’inizio, politicamente e materialmente il gruppo di Partsalidis. L’aiuto, conforme alle scelte ideologiche e politiche proclamate allora, del Pci, era palese– benché non ufficiale in tutta la sua ampiezza […] La piattaforma comune, sulla quale si incontravano i partiti che sostenevano il partito comunista della Grecia (interno), era l’antisoviétismo.”.(45) Secondo questi studiosi, la presa di posizione del Pc greco dell’interno, ebbe un suo ruolo definito nel complesso dell’azione che il Pci andava imbastendo: “La dichiarazione greca era un segnale d’avvertimento italiano. Precedette la decisione del partito comunista italiano, il 28 agosto 1968, dopo consultazioni di due giorni, di condanna dell’intervento. Gli italiani li utilizzarono. Li misero all’avanguardia, per fare passare le loro posizioni.”.(46) Conseguentemente quindi: “il comitato esecutivo della sinistra democratica unificata (EDA) dell’Europa occidentale, con una riunione a Francoforte, sostenne all’unanimità il movimento di Partsalidis contro la frazione di Koligiannis. Presero posizione a favore il partito comunista italiano, la Lega dei comunisti jugoslavi e il Partito comunista rumeno, contraria il Pc dell’ Unione Sovietica,partiti al nocciolo duro dell’Europa dell’Est e, in modo più reticente, il partito comunista francese. […] Il partito comunista italiano, con articoli nel giornale Unità, esplicitò chiaramente che sosteneva gli avversari delle decisioni della XII sessione plenaria e Roma diventò la roccaforte degli anti-Kolyannis.”.(47) Nel dettaglio, la promozione attiva ed il fattivo sostegno del Pci al Pc greco dell’interno si articolò su tre piani. Il primo fu quello del finanziamento diretto o indiretto: ricorda ad esempio Bentivegna “I compagni della segreteria del Partito comunista dell’interno, che dopo la caduta del regime dei colonnelli …, vennero a chiedere al Pci, che li aveva già sostenuti economicamente”.(48); oppure fanno notare i due studiosi greci di cui sopra: “I quadri dell’apparato del partito – Staveris, Drakopoulos, Nikos Karras e Vangelis Panteleskos, con le loro consorti – si riunivano a Roma … Ogni coppia riceveva dagli italiani un salario mensile approssimativamente di 1.000 dracme, con il quale poteva pagare l’affitto in un appartamento sobrio e soddisfare le necessità elementari di una decorosa esistenza. Erano inquadrati da giornalisti Solaro, Tasos Trikkas, Mitsopoulos. Organizzazioni furono create a Napoli, Firenze, Milano, con numerosi membri (in particolare degli studenti)”.(49) Il secondo piano del sostegno, si sviluppò attraverso gli organi di stampa e le attività editoriali: L’Unità riportava le posizioni Pc greco dell’interno in chiave positiva e dava estremo rilievo alle vicende interne e pubbliche, omettendo quelle del Pc greco dell’esterno (si vedano ad esempio i seguenti articoli: L’Unità del 9 aprile 1969 disapprova la scissione nel KKE attribuendola al gruppo filosovietico; oppure L’Unità del 10 maggio 1969 riporta l’avvenuta costituzione in Italia del Comitato Centrale del Pc greco dell’interno in opposizione alle espulsioni dal KKE). La forma adottata era sempre quella di far coincidere l’attività e le posizioni del Pc greco dell’interno come fossero quelle dei comunisti greci in generale. Sempre sul piano ideologico-culturale, la casa editrice del Pci, gli Editori Riuniti, pubblicò volumi, o favorevoli o riguardanti i soli dirigenti del Pc greco dell’interno. Inoltre, indicativo il fatto che, l’editore Teti, notoriamente legato al Pci, pubblicò l’unica storia del Pc greco (tra l’altro con criteri editoriali e scientifici altamente deficitari, visto che non sono incluse né note al testo né bibliografia), scritta da un autore vicino al Pc greco dell’interno, che già scriveva articoli sulla situazione greca per L’Unità. La terza modalità degli aiuti, si realizzò attraverso inviti e tentativi di riconoscimento in consessi ufficiali interni ed internazionali, quando il riconoscimento o la negazione di essi rappresentava un preciso segno politico distintivo rispetto alle posizioni del campo sovietico. Diventa quindi significativo il fatto che “La riunione dei due partiti [Pci e Pc greco dell’interno; Nota mia] ebbe luogo il 7 marzo 1971. In occasione dei suoi lavori, si constatò che, poiché c’era una realtà, quella dell’esistenza di due partiti comunisti greci, una tattica flessibile era necessaria. Gli italiani si impegnarono ad invitare anche rappresentanti del partito comunista della Grecia (interno) a tutte le manifestazioni che avrebbero luogo sul territorio italiano. Promisero anche un aiuto politico, specialmente un sostegno nelle deliberazioni internazionali”.(50). Di conseguenza, ad esempio, oltre all’accesso ai propri congressi e convegni, alla conferenza dei partiti comunisti d’Europa tenutasi a Berlino nel 1976, il KKE-ex fu incluso, mentre “Il KKE-es venne da essa escluso benché alcuni partiti comunisti europei (soprattutto il Pce, ma anche il Pci…) si fossero adoperati per ottenere la sua ammissione.”.(51). Ovviamente la linea ufficiale prevedeva i rapporti con entrambi i Pc greci, ma quella sotterranea non-ufficiale prevedeva il sostegno al Pc greco dell’interno. Sul piano formale, paradigmatica fu la risposta di Berlinguer a Rosario Bentivegna, a seguito della richiesta di finanziamenti per la campagna elettorale Pc greco dell’interno del 1974: “Berlinguer negò l’aiuto dicendo che se lo avesse concesso a loro avrebbe dovuto concederlo anche a Florakis, che se ne fregava dell’aiuto del Pci, visto che aveva alle spalle l’Urss con tutto il Patto di Varsavia… ‘Noi dobbiamo essere equidistanti’ disse con mia grande delusione. Così i compagni greci furono lasciati da soli a condurre la loro campagna elettorale, nonostante avessero accettato tutte le tesi di Berlinguer, compreso l’eurocomunismo, e fossero stati condannati da Florakis per questo.”.(52)
2.6 Punto chiarificatore, vero e proprio experimentum crucis potremmo quasi dire—se non fosse epistemologicamente discutibile—, della linea tenuta dal Pci rispetto al Pc greco dell’interno, è un episodio, a suo modo paradigmatico dell’intera vicenda. Per introdursi al racconto, contestualizzare l’episodio, e poterne cogliere pienamente il suo valore, si deve aver presente, come ben tratteggia la biografia di Renato Sandri, membro del vertice della sezione esteri del Pci, che “Dalla fine degli anni Sessanta, sotto la guida di Berlinguer, la politica estera divenne più ricca e coraggiosa, il graduale distacco dall’Urss […] Il riconoscimento delle alleanze politico-militari […] furono scelte attorno alle quali si determinò una sostanziale unità del gruppo dirigente, anche se agì contro di esse, più o meno apertamente, una fronda filosovietica […] Berlinguer denunciò pubblicamente i tentativi sovietici di condizionare al vita del Pci e affidò proprio a lui [Sandri] il compito di contrastare quel ‘lavorio’…”.(53) Nel caso specifico greco, racconta Sandri “Dopo il colpo di Stato del 1967, i compagni della sinistra greca cominciavano a venire in Italia per chiedere sostegno. Noi comunisti avevamo il know how necessario, comunque facevamo riferimento al Comitato di solidarietà con la Grecia democratica presieduto da Ferruccio Parri. Di questo erano membri anche l’ex-socialista Gigi Anderlini, Tullia Carettoni per la Sinistra indipendente, i democristiani Virginio Rognoni e Luigi Granelli. Per il Pci, c’eravamo Giancarlo Pajetta e io.” (54) Prosegue quindi Sandri: “Nel 1968 giunge la notizia che si sta determinando nel Pc greco una frattura nei rapporti con il Pcus. In quei mesi Kostas Kolyannis, il segretario del partito che aveva il suo centro nei paesi dell’Est, convocava il comitato centrale e logicamente c’erano membri che dovevano venire dalla Grecia. La maggioranza dei componenti era per l’autonomia dall’Urss, però lui riusciva sempre a far svolgere sedute con i membri a suo favore in condizione numerica preponderante. In agosto i russi invadono Praga. Arriva da noi una staffetta greca e di dice: ‘Siamo sottoposti a un martellamento dalla polizia, dovete aiutarci a portar fuori il segretario del Pci interno, Babis Dracopulos. Sappiate che ha preso posizione contro l’invasione di Praga e si proclama favorevole a farne prendere al Pc greco una contro come avete fatto voi italiani.’ .”(55) Così continua Sandri nella sua esposizione dei fatti: “nel febbraio del 1968 si tenne all’estero una riunione del comitato centrale comunista; dopo un’accesa discussione vennero espulsi quei dirigenti che sostenevano la scelta di tornare in Grecia per organizzare il movimento di opposizione e che rivendicavano una maggiore autonomia dall’Unione Sovietica. Essi in seguito, diedero vita al partito comunista dell’ ‘interno’ che si schierò, dopo l’invasione della Cecoslovacchia, contro l’intervento militare sovietico. Dalla scissione nacquero così due partiti comunisti: quello dell’ ‘interno’ e quello dell’ ‘esterno’ (legato ai sovietici). Si rivolsero a noi quelli dell’ ‘interno’ che con la posizione assunta non potevano certo chiedere aiuto politico e organizzativo ai russi. M’incontrai a Roma con un compagno greco, uscito clandestinamente dal suo paese, che mi chiese di portare in Italia Charalambros Dracopulos, nome di battaglia Babys. Era un vecchio militante che aveva partecipato alla Resistenza e alla guerra civile e dopo la scissione era diventato segretario dei comunisti dell’ ‘interno’. Dall’Italia e con il nostro aiuto, per il segretario sarebbe stato più facile organizzare il nuovo partito e tenere i contatti con i militanti sparsi in tutti i paesi socialisti.”.(56) Si tenga presente che Dracopulos, con Partsalidis, era leader del gruppo dei fondatori del Pc greco dell’interno, di cui diverrà segretario generale. Il Pci organizzò “ai margini di quella struttura di facciata [si riferisce al sopracitato ‘Comitato di solidarietà con la Grecia democratica’; nota mia] alla quale il futuro titolare del Viminale partecipa [il riferimento è all’esponente Dc Virginio Rognoniin quanto menbro del ‘Comitato di solidarietà con la Grecia democratica’; nota mia], i comunisti coordinano un lavoro che si svolge sia oltre il confine dell’Italia sia oltre il confine della legalità. Il gruppo incaricato di curarlo, a cominciare da Galluzzi e Sandri, è formato in gran parte da persone critiche nei confronti della politica sovietica.”.(57) Un altro protagonista diretto di quell’azione di espatrio, Rosario Bentivegna, ne descrive così i dettagli: “Nell’agosto del 1968 fui convocato dal Pci per organizzare il trasporto clandestino via mare dei dirigenti del Partito comunista greco, perseguitati dal regime fascista dei colonnelli e condannati a morte. La missione mi venne assegnata da Luigi Longo”. (58) Continua poi Bentivegna: “La mia funzione era soprattutto quella di ‘guidare’ via mare la missione che rimaneva affidata a Renato Sandri e Paolo Diodati, membri della sezione esteri del Pci e responsabili della gestione politica di tutta la vicenda.”.(59) Precisa Sandri: “Il responsabile dell’operazione sono io. Riferisco ad Alessandro Natta, in quanto coordinatore dell’ufficio di segreteria.”.(60) Bentivegna da parte sua afferma: “Fu grazie a quella missione che raccolsi ad Atene il compagno Babis Dracopulos, segretario del Partito comunista greco [dell’interno, omissione incredibile , anche l’Unità lo riconosceva._Nota mia] e lo portai in Italia. L’iniziativa greca della sezione Esteri del Pci—condotta come ho detto con l’assenso degli organi dirigenti del partito—segnò il passaggio dalla ‘severa condanna’, dal ‘profondo dissenso’ rispetto alla politica sovietica, a una fase di ‘strappo’…”.(61) Bentivegna attribuisce a quell’azione il seguente significato politico: “La nostra missione era certamente piccolissima, microscopica goccia nel grande oceano del mondo in tempesta, a un mese di distanza dall’avvenuta sottomissione della Cecoslovacchia; sta di fatto però che la costituzione del nuovo Pc greco, su cui puntavamo, era un episodio qualitativamente inedito nella storia dei comunisti italiani: il primo tentativo di creare realmente e per sempre all’interno del movimento comunista internazionale delle forze di contrasto, di opposizione, di rottura con l’egemonia sovietica.”.(62) Lo stesso Bentivegna delinea così la situazione politica ed organizzativa del KKE: “Allora il movimento comunista greco era diviso in due tronconi: quello di Florakis, che si era rifugiato nei paesi del Patto di Varsavia, a cui avevano aderito i comunisti greci fuggiti dalla loro terra dopo la guerra civile; e il Partito comunista greco dell’interno, cui aderivano comunisti vecchi e nuovi che erano rimasti in Grecia, guidato da Dracopulos, e già dirigente della resistenza greca durante la seconda guerra mondiale; quest’ultima formazione aveva accolto la linea politica del Pci di condanna dell’occupazione della Cecoslovacchia”.(63) Degno di nota il fatto che Bentivegna sostenga che la corrente filosovietica interna al Pci non gradisse tale sostegno al Pc greco dell’interno in quanto in contrasto rispetto alle posizioni assunte dell’Urss rispetto all’intera vicenda. Comunque al termine dell’operazione il resoconto di Sandri si conclude così: “Lo presento a Natta: questo è il compagno, siamo riusciti a farcela. Poi Dracopulos parte con un documento contro l’invasione ed un appello ai suoi militanti per la condanna all’intervento in Cecoslovacchia, per la via democratica, per farla finita con la logica delle superpotenze. Costituì una calamita per la sinistra greca. Ne arrivarono molti di dirigenti greci.”.(64) I sovietici probabilmente compresero sia il segno di quell’operazione compiuta dal Pci, sia dentro quale più embrionale complessiva strategia si collocava, infatti non casualmente “Sandri viene avvertito da Giancarlo Pajetta che «sul tavolo dell’ambasciatore russo giace un dossier intitolato «L’attività antisovietica di Renato Sandri». Le sue posizioni a sostegno della «via italiana al socialismo» (Sandri nel ‘56 criticò l’invasione dell’Ungheria) e di quello che sarà l’eurocomunismo di Berlinguer lo mettono in frizione con l’ala filosovietica del partito. Viene escluso dal comitato centrale e dal ruolo di viceresponsabile della sezione esteri. Perché?—risponde Sandri— «I sovietici mal sopportavano la solerzia della sezione esteri nel mettere in atto la politica di Berlinguer, ma non potendo colpire il segretario cercavano di mettere in difficoltà i suoi collaboratori».”(65)
A questo punto ritengo di aver ragionevolmente (di)mostrato le modalità e la funzione per cui il Pci, dentro una linea più generale di un riconoscimento dell’opposizione al regime dei colonnelli greco, scelse di dar corso in particolare ad una linea che perseguiva la promozione, il sostegno e l’interlocuzione con il Pc greco dell’interno.
2.7 Ultima considerazione, riguarda gli esiti del processo cui l’azione del Pci ha contribuito. Se osservati su tempi lunghi, costitutivamente i progetti posti in essere producono una variegata gamma di esiti che in molti casi sono agli antipodi degli obiettivi che gli attori si erano prefissi, il caso del Partito comunista greco dell’interno non ha invece tradito nè le premesse nè le promesse. Infatti dopo la fine del regime dei colonnelli, si fece portatore di una linea politica che voleva promuovere un ‘compromesso storico’ alla greca secondo la quale “la tattica del partito comunista dell’interno e del Eda, consiste nel rimanere il più vicino possibile del governo, proponendogli una collaborazione stretta. Come i loro colleghi italiani, si dicono pronti a partecipare, in un governo di coalizione, alle responsabilità del potere. In questo modo, sperano, da un lato, di evitare gli attacchi anticomunisti, passare lo spirito anticomunista sparso ancora nel popolo, ed abituare la borghesia a considerarli come partner possibili”.(66) In particolare, la ‘via italiana’ identifica quelle forze che costantemente e come soluzione politica unica “ricercano la collaborazione con i partiti borghesi”(67). Il suo gruppo dirigente fu quindi un fervente diffusore della posizione eurocomunista, un convinto sostenitore dell’ingresso nella Cee, ed espresse entusiasmo per la perestrojka gorbacioviana sino alla rinuncia a nome e simboli identitari. Il presidente del partito ed unico europarlamentare comunista, Leonidas Kyrkos proclamava: “Bisogna rompere gli indugi, e lanciarsi coraggiosamente sulla ‘terza via del socialismo democratico’, appoggiandosi a tutti i movimenti e i partiti che in Europa operano nella medesima direzione. Il Pci innanzitutto, che notoriamente per il Partito comunista dell’Interno all inizio della sua storia aveva costituito un riferimento”.(68). Il Pc greco dell’interno, al Pci rimase costantemente legato, e per provarlo basta riferirsi alle vicende del gruppo parlamentare al parlamento europeo perché “le vicende del gruppo sono, legate in un modo o nell’altro, al destino del Pci, vale a dire di un partito che poi non ha più avuto niente a che fare con il nuovo raggruppamento. Quest’ultimo nasce dalla rottura del gruppo comunista, ma non ne è in alcun modo il prodotto automatico. La rottura avviene nel 1989, per iniziativa del Pci, dando luogo alla formazione di due gruppi parlamentari distinti. Il primo, unito intorno agli italiani, comprende l’Izquierda Unida spagnola, il partito comunista greco dell’interno (di orientamento eurocomunista)… Il secondo si stringe intorno la Pcf e raccoglie i comunisti greci dell’esterno (KKE) e quelli portoghesi (Pcp). La linea di demarcazione non potrebbe essere più netta, almeno a prima vista: da una parte i riformisti, meno legati all’Urss e più favorevoli all’integrazione europea, dall’altra gli ortodossi. Senochè l’iniziativa del Pci dimostra presto il suo corto respiro, finendo per servire al trasbordo di questa forza nel gruppo socialdemocratico. Dopo il crollo del muro di Berlino “e la trasformazione del Pci in Pds, che fa cadere ogni ostacolo per l’adesione di quest’ultimo all’Internazionale socialista, il gruppo ha esaurito la sua funzione e si scioglie.”.(69) Infine, per tratteggiare una linea di continuità—espressione di quella che gli storici francesi delle ‘Annales’ definiscono come ‘lunga durata’—che giunge sino ai nostri tristi tempi ricordiamo che “Gli eredi del KKE-interno costituirono nel 1991 il movimento Synaspismos, oggi confluito nella Coalizione della Sinistra Radicale (SYRIZA).”.(70)
Possiamo a questo punto concludere tirando sinteticamente le fila del discorso che siamo andati svolgendo e formulare alcune congetture partendo sì dai riscontri fattuali, ma cercando di andare ragionevolmente e logicamente anche oltre esse. Vi erano ambienti democratici Usa favorevoli al ripristino di una qualche forma democratica dello Stato in quanto ritenuta maggiormente funzionale sia ad una ordinata riproduzione di quella data formazione sociale particolare greca in quel determinato periodo sia al mantenimento di un assetto della Nato. Vi era una tendenza nella direzione del Pci favorevole al ripristino di una forma democratica dello Stato in Grecia, che era favorevole all’adesione della Grecia alla Cee ed alla permanenza nella Nato incartata ideologicamente in una ‘via greca al socialismo’ gemella della ‘via italiana al socialismo’. Vi era un Pc greco dell’interno, in sintonia (e, come dimostrato, promosso ed attivamente sostenuto) con la linea del Pci, ed un Pc greco dell’esterno in sintonia con il campo geopolitico sovietico. Si determinarono le condizioni per un ‘dialogo’ a distanza, costituito da segnali indiretti. Il davanti della scena vedeva il Pci condannare il colpo di Stato dei colonnelli e denunciare le responsabilità Usa nell’avvento della forma autoritaria dello Stato in Grecia. Il Pci formalmente manteneva rapporti sia con il Pc greco dell’interno (rispetto al quale cercava di apparire estraneo alla sua formazione) che con il Pc greco dell’esterno, per non urtare direttamente con l’Urss. Il retroscena, dove si dispiegano le dinamiche decisive, vedeva invece il Pci lanciare un segnale, tramite il sostegno al Pc greco dell’interno sulla base delle posizioni di uscita dal campo geopolitico sovietico, ad ambienti democratici Usa, sulla base del terreno comune del ripristino di una forma democratica dello Stato. Di nuovo niente di particolarmente sorprendente perché “Se uno non capisce che essere su sponde opposte è a volte molto utile per iniziare trattative, in specie con ambienti del “nemico” in quel momento postisi in “seconda battuta”, pronti però a sostituire quelli della “prima fila” ove mutino certe congiunture storiche (e queste sono cambiate tra gli anni ’70 e poi ’80 e infine ’90), quest’uno non capisce nulla di politica.”.(71)
NOTE
(1) Clogg ‘Storia della Grecia moderna’ Rizzoli pag. 177
(2) De Jaco ‘Colonnelli e resistenza in Grecia.’ Editori Riuniti pag. 124
(3) De Jaco ‘Colonnelli e resistenza in Grecia.’ Editori Riuniti pag 124 -125
(4) Giovine ‘La piovra greca’ Fabbri pag. 85
(5) Giovine ‘La piovra greca’ Fabbri pag. 90
(6) Minuzzo ‘Quando arrivano i colonnelli. Rapporto dalla Grecia.’ Bompiani pag 27-28
(7) Minuzzo ‘Quando arrivano i colonnelli. Rapporto dalla Grecia.’ Bompiani pag 49
(8) De Jaco ‘Colonnelli e resistenza in Grecia.’ Editori Riuniti pag 129-130
(9) Minuzzo ‘Quando arrivano i colonnelli. Rapporto dalla Grecia.’ Bompiani pag 229
(10) Clogg ‘Storia della Grecia moderna’ Rizzoli pag 182
(11) Costantino Tsucalas ‘Lotta di classe e regime dei colonnelli’ nel 1969 pag198 in‘La Greciadei colonnelli.’ Laterza pag 198
(12) Costantino Tsucalas ‘Lotta di classe e regime dei colonnelli’ nel 1969 pag198 in‘La Greciadei colonnelli.’ Laterza pag 199-200
(13) ‘Tre correnti si affrontano nel gruppo di potere greco’ L’Unità 28 novembre 1973
(14) Cinzia Venturoli, Il colpo di stato in Grecia ela Giuntadei Colonnelli Nodi e interpretazioni storiografiche, «Storicamente», Laboratorio di storia n° 8 (2012),Rivista del Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università di Bologna
(15) Cinzia Venturoli, Il colpo di stato in Grecia ela Giuntadei Colonnelli Nodi e interpretazioni storiografiche, «Storicamente», Laboratorio di storia n° 8 (2012), art. 3, Rivista del Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università di Bologna
(16)La Grassa‘Considerazioni preliminari’ in Conflitti & strategie 03/09/2012 pag. 2
(17) Santoro ‘Comunisti italiani e Romania socialista: un rapporto controverso’ Fondazione Istituto Gramsci, Roma. 2011 pag. 1
(18) Santoro ‘Comunisti italiani e Romania socialista: un rapporto controverso’ Fondazione Istituto Gramsci, Roma. 2011 pag. 4
(19) Sulle vicende dell’insurrezione e della guerra civile: ‘Vaccarino ‘La Greciatra Resistenza e guerra civile, 1940-1949’Franco Angeli editore, Moscato ‘Rivoluzione e guerra civile in Grecia’ in ‘Il filo spezzato’ Adriatica editrice salentina
(20) Solaro ‘Storia del Partito comunista greco’ Teti editore pag. 175.
(21) Solaro, Vadis ‘I processi di Atene’ Editori Riuniti pag.52-53
(22) http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Comunista_Greco
(23) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 193
(24) ‘I partiti comunisti dell’Europa occidentale.’ (a cura di Antonio Rubbi), Teti editore Pag 135
(25) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 204
(26) ‘I partiti comunisti dell’Europa occidentale.’ (a cura di Antonio Rubbi), Teti editore Pag 137
(27) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 209
(28) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 209
(29) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore pag 275
(30) Replica di Sandri alla risposta sottosegretario Zagari ad interrogazione di Sandri stesso. Camera dei deputati 28 aprile 1967 pag 5
(31) Intervento di Giancarlo Pajetta nella seduta del Senato del 27 aprile 1967 nel dibattito parlamentare sulla situazione in Grecia. Pag. 23delresoconto stenografico
(32) Tismaneanu ‘Personal power and elite change in Roumania’ Foreign Policy Research Institute Pag 57
(33) Tismaneanu ‘Personal power and elite change in Roumania’ Foreign Policy Research Institute Pag 21
(34) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 206
(35) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 201
(36) Tismaneanu ‘Mitul eurocomunist: Ceausescu si comunistii spanioli si greci’ 09/10/2010
(37) Clogg ‘Storia della Grecia moderna’ Rizzoli pag 183
(38) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore pag 206
(39) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 312
(40) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore Pag 296
(41) Cervi ‘Dove va al Grecia?’ Mursia 1968 Pag 212
(42) Cervi ‘Dove va al Grecia?’ Mursia 1968 pag. 212
(43) Dagkas-Leontiadis Gli archivi del partito comunista della Grecia pag 76
(44) Dagkas-Leontiadis Gli archivi del partito comunista della Grecia pag 81
(45) Dagkas-Leontiadis Gli archivi del partito comunista della Grecia pag 70
(46) Dagkas-Leontiadis Gli archivi del partito comunista della Grecia pag 82
(47) Dagkas-Leontiadis Gli archivi del partito comunista della Grecia pag 69
(48) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore Pag 297-298
(49) Dagkas-Leontiadis Gli archivi del partito comunista della Grecia Pag 84
(50) Dagkas-Leontiadis Gli archivi del partito comunista della Grecia pag 84
(51) ‘I partiti comunisti dell’Europa mediterranea.’ (a cura di Heinz Timmerman) Mulino editore Pag 204
(52) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore Pag 297-298
(53) Borroni_’Renato Sandri un comunista italiano’ Tre lune editore Pag 15-16
(54) Caprara ‘Lavoro riservato. I cassetti segreti del Pci.’ Feltrinelli Pag 176
(55) Caprara ‘Lavoro riservato. I cassetti segreti del Pci.’ Feltrinelli pag 176-177
(56) Borroni_’Renato Sandri un comunista italiano’ Tre lune editore Pag 75
(57) Caprara ‘Lavoro riservato. I cassetti segreti del Pci.’ Feltrinelli Pag 176
(58) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore pag 289
(59) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore Pag. 290
(60) Caprara ‘Lavoro riservato. I cassetti segreti del Pci.’ Feltrinelli Pag 177
(61) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore pag 291
(62) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore Pag 291
(63) Bentivegna Rosario ‘Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista’ Einaudi Editore pag 297
(64) Caprara ‘Lavoro riservato. I cassetti segreti del Pci.’ Feltrinelli Pag 181
(65) ‘Tra Togliatti e Allende: la vita di Renato Sandri, comunista’ http://altoadige.gelocal.it/
(66) Kitsikis “Le mouvement _nternati en Grèce” Études internationales, vol. 6, n° 3 pag 353
(67) Kitsikis “Le mouvement _nternati en Grèce” Études internationales, vol. 6, n° 3pag 348
(68) Arvanitis ‘Gli eurocomunisti greci vogliono ribattezzarsi ‘ormai falce e martello’ , ‘Repubblica’ 22 gennaio 1986
(69) ‘Europa: politiche, diritti, costituzione’ (a cura di Antonio Cantaro) Franco Angeli pag 78-79
(70) http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Comunista_Greco
(71) La Grassa‘Ancora una mezza verità per nasconderla’ in ‘Conflitti&strategie’ (30/08/2012)