DISCORSO SULLA (POCA) LIBERTA’

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Marx scriveva che gli uomini, quando vengono al mondo, si ritrovano immersi in un reticolo di rapporti e determinazioni sociali dal quale non si sfugge. Del resto, se gli individui non trovassero di fronte a loro tale storia incarnata nel proprio presente, vivrebbero nella preistoria anziché nella storia, in balia di necessità primordiali ugualmente stringenti ma pure più “scomode” e pericolose. Quindi, non è indifferente il grado di sviluppo sociale raggiunto dalla nostra specie ed anche se abbiamo avuto la fortuna di essere venuti al mondo affrancati dalla brutalità di uno stato naturale primigenio, siamo, comunque, creature di un certo ordine sociale determinato, con dei vincoli abbastanza stretti. Qualche individuo può, più o meno casualmente, emanciparsi da tale condizione di nascita (sociale) sfuggendo ad un destino quasi segnato. Per questo Marx, non riteneva i singoli “responsabili dei rapporti dei quali rimanevano socialmente creature, per quanto potessero soggettivamente levarsi al di sopra di essi”. Perciò, parlare di libero arbitrio e di libertà individuale in questo contesto generale appare a dir poco fuorviante. Piuttosto siamo spesso liberi di spararle grosse e immancabilmente lo facciamo. Chi vuol credere alla metafisica libertaria lo può fare solo ignorando la sostanza dei fatti. Siamo, insomma, esseri saldamente determinati, prima per natura e da un certo momento anche socialmente, con quest’ultimo aspetto che ha assunto carattere di prevalenza. Tempo fa leggevo un articolo scientifico uscito su Internazionale intitolato “siamo davvero liberi di scegliere?” in cui si affermava, grosso modo, che la natura quantistica del nostro cervello predetermina quello che saremo e faremo per tutta la vita. Crediamo di decidere ma siamo inermi di fronte alle decisioni che il nostro cervello prende per noi, persino in caso di atti criminali. Del resto, come spiegare le molteplici differenze tra individui? Perché non sono così abile e intelligente come vorrei essere? Perché comprendo certe cose e non altre?
L’unica libertà di scelta è quella dei quanti che vanno dove vogliono e quando vogliono. Peraltro, non siamo nemmeno così diversi dagli animali, essendo parte di questo regno che ci ricomprende tutti, come specie animale, sebbene particolare, tra altre specie animali. La differenza tra noi e i nostri “fratelli non umani” è che l’uomo ha una storia dettata dal suo sviluppo sociale, la quale probabilmente è principiata con l’affrancamento dall’ immediatezza del rapporto con la natura e dalla sua capacità di generare un plusprodotto, mentre le bestie non hanno questa specialità, esse fanno le stesse cose da quando esistono con l’unico intento di continuare ad esistere, combattendo per l’esistenza (nemmeno noi uomini abbiamo smesso di combattere ma i nostri conflitti hanno ugualmente  risentito della specificità che ci caratterizza) non meramente, come si crede, adattandosi all’ambiente. Tuttavia, se guardiamo gli esseri umani da una prospettiva più elevata vediamo in ogni caso che siamo eccezionali ma fino ad un certo punto. Il fisico e filosofo Ernst Mach scriveva al proposito che:

“Il tratto fondamentale del comportamento animale ed umano è di essere saldamente determinato, regolare, automatico: solo che nei due casi ci si presenta con gradi di sviluppo e complicazione così diversi che siamo indotti a credere di percepire due motivazioni di fondo totalmente diverse tra loro. Per comprendere la nostra natura è della massima importanza seguire per quanto ci è possibile questo carattere di determinazione. La costatazione di un’assenza di regola non dà acquisizioni né pratiche scientifiche: solo l’individuazione della regola in quel che fino allora era ritenuto privo di legalità ci avvantaggia e ci illumina. L’ipotesi di un’anima libera che opera svincolata da leggi
sarà sempre difficile da refutare, visto che l’esperienza mostrerà sempre un residuo di fatti inesplicati: ma assumere come ipotesi scientifica la libertà dell’anima, e istituire addirittura l’indagine sulla base di quest’ipotesi è, secondo me, un’aberrazione metodologica.
Ciò che, in particolare negli esseri umani, ci appare libero, volontario, non suscettibile di calcolo, è sospeso come un velo leggero, un’ombra, un manto di nebbia sopra l’automatico. Noi vediamo gli individui a distanza, per così dire, troppo ravvicinata: l’immagine è sovraccarica di troppi dettagli che creano imbarazzo, non immediatamente esplicabili.
Se invece potessimo osservare gli uomini da maggiore distanza, dalla prospettiva di un uccello in volo, dalla luna, i dettagli più sottili scomparirebbero insieme agli influssi derivanti dalle esperienze individuali e noi percepiremmo solo uomini che crescono, si nutrono, si riproducono con grande regolarità”.

Vista sotto questo occhio, la nostra presunta libertà appare molto più che condizionata. Il libero arbitrio, la narrazione libertaria dei nostri tempi pur così “razionali”, per certi versi, è una versione moderna o aggiornata dell’anima di cui parla Mach. Un feticcio che ha preso il posto di un altro. Per scendere a temi meno nobili, quando sentiamo dire frasi del tipo “la tua libertà finisce dove inizia la mia”, oppure, all’opposto, “ognuno deve essere libero di scegliere per sé” (sono gli argomenti usati in questi ultimi tempi dai provax/novax) sappiamo che si tratta di circonlocuzioni senza alcun senso. Se avessimo avuto uno Stato serio, in presenza di una reale minaccia, quale la covid pare essere, (e non si combatte la pandemia per il bene degli individui, figuriamoci!, ma per la tenuta sociale di un perimetro nazionale di potere) questo avrebbe imposto l’obbligo di vaccino. In mancanza, dobbiamo purtroppo dedurne che la citata minaccia, per quanto tale, è diventata pretesto per alimentare piccole e grandi contrapposizioni per fini insinceri. Ovviamente, ciò non giustifica nemmeno gli altri a riempirsi la bocca con sciocchezze sesquipedali sulla libertà soggettiva negata (o il rinnevamento della scienza momentaneamente acquisita). Non si nega ciò che non esiste o che si manifesta così astrattamente, arrivando al punto di non vedere quel po’ di progresso scientifico conseguito. La scienza è incompleta e mutevole, sostiene ancora Mach, perché esistono sempre “fatti inesplicati” ma non si possono gettare alle ortiche quei fatti che ci hanno portato, hic et nunc, ad un minimo di legalità.