Dominanza energetica
L’Amministrazione Trump ha detto di volere per gli USA il “dominio energetico”. Le parole del Segretario per l’Energia Rick Perry sono state: “Un America che abbia il dominio energetico significa che deve contare su stessa. Significa una nazione sicura, libera dalle turbolenze indotte da quelle nazioni che usano l’energia come arma economica. Il dominio energetico significa che gli USA esporteranno energia in tutto il mondo aumentando la nostra leadership e la nostra influenza”
Diversamente dal passato l’accento energetico dell’Amministrazione Trump è dunque passato dall’indipendenza, dalla sicurezza, al dominio.
A prima vista questo sembrerebbe in continuità con la politica statunitense di tutte le amministrazioni da Nixon a Carter fino a Obama che, ricordiamolo, ha eliminato lo storico divieto di esportazione di petrolio e fatto rilasciare 24 licenze di esportazione di GNL [Gas Naturale Liquefatto] senza negarne alcuna. L’indipendenza energetica è in realtà un obiettivo irrealistico in un mercato globale mentre la sicurezza significa che gli approvvigionamenti devono provenire da nazioni alleate e fedeli. Criterio da sempre – per lo meno dagli anni ’80 – seguito dagli USA nella sua politica nei confronti del Medio Oriente.
La relativa novità sta dunque nell’enfasi sull’esportazione di energia. Il boom dello shale oil americano è stato imponente ed ha dimostrato una discreta resilienza al crollo del prezzo internazionale del barile. Abbiamo già osservato che ci sono però vincoli fisici ed infrastrutturali tali da limitare l’uso geopolitico dello shale oil. Sarà dunque il GNL l’obiettivo primario dell’Amministrazione Trump. Esportare GNL permetterà di creare legami stabili con nazioni/clienti di preminente interesse strategico per gli USA espandendo la loro capacità di influenza.
Gli USA di Trump si ri-posizioneranno pertanto come grandi esportatori di energia che potranno usare il loro stato come fonte di leva politica. Se ne sono sentiti gli echi durante il recente incontro fra Trump ed il Primo Ministro indiano Narenda Modi.
Perseguire questa agenda non sarà semplice. Al di là dell’opposizione tutta strumentale che subirà in casa contro qualsiasi promozione destinata alle fonti fossili, le altre nazioni potrebbero indugiare nel comprare qualcosa che porta con sè specifiche condizioni politiche. Potrebbero rivolgersi alla concorrenza di Australia, Qatar e Iran già grandi esportatori di GNL e meno “esigenti” in termini geo-politici. Finora poi hanno giocato una parte dominante i prezzi internazionali: con il barile stabilmente intorno a 50$ e il gas naturale disponibile a 30-40 €/MWh c’è poco spazio per il GNL americano, economico fintantoché non deve essere spedito lontano. Il liquefatore di GN di Sabine Pass dellla Chenière ha per ora commerciato con America Latina e Asia dell’est, con qualche puntata in Europa (Polonia, UK, Portogallo, Italia) di piccoli carichi spot ad alta simbologia politica ma scarsa significatività economica.
La fluttuazione dei prezzi internazionali ed i cambiamenti a lungo termine del mercato saranno dunque i fattori che condizioneranno maggiormente il successo della strategia di dominio energetico dell’Amministrazione Trump.
Dove invece prevarranno ragioni geo-politiche – in particolare quelle legate al contenimento della Russia – il commercio di GNL subirà una spinta potente dall’Amministrazione Trump. Chenière ha recentemente annunciato un accordo con la Lituania e la Polonia ha confermato la sua volontà di divenire un centro di smistamento del GNL americano per l’Europa Centro-Orientale e segnatamente per gli stati che aderiscono al Gruppo di Visegrad + Ucraina. Allargandosi poi alla Croazia – altro possibile futuro punto di ingresso di GNL destinato all’Europa centro-orientale. Una prospettiva da leggere in chiave apertamente antitedesca a favore della Iniziativa dei Tre Mari che è stata ufficialmente battezzata da Trump nel suo ultimo viaggio a Varsavia ed in linea con le annunciate sanzioni statunitensi contro le imprese tedesche e austriache – ma non solo – che hanno finanziato il gasdotto russo North Stream-2. Rivale diretto di tutti i ri-gassificatori di GNL europei.
POST SCRIPTUM: è interessante osservare le analogie che la storia dell’”inseguimento” fra GNL e gasdotti in Europa offre, all’analista interessato, rispetto alla storia della “corsa” al controllo delle rive dell’Eufrate nella guerra siriana: in entrambi i casi gli aspetti materiali e tecnologici (gas naturale vs. acqua), quelli economici (enormi infrastrutture), quelli politici (sovranità nazionale) e quelli strategici (sfere di influenza) collidono fra loro condensandosi in precise aree geografiche e verranno in ultima analisi risolti da uno scontro militare. In Siria è cronaca, in Europa …. ancora no