DOVE STA L’IMBECILLITA’ (E LA FURFANTERIA), di GLG

gianfranco

Secondo la mia opinione, si è perfettamente imbecilli (o peggio) quando si pensa che essere italiani o francesi o tedeschi o russi o cinesi o indiani e via dicendo, sia semplicemente abitare in una determinata area geografica, parlare (a stento) la stessa lingua, mantenendo abitudini “ancestrali” diversissime, modi vita e di pensare assai differenti. Io rispetto le diversità e ritengo che il contatto tra queste, se avviene nei modi più corretti e mantenendo fedeltà alle proprie specificità, sia di effettivo arricchimento. L’imbecillità consiste nello straparlare di integrazione, parola che non significa nulla se non appunto la mala fede di chi vuol far arrivare masse enormi di diversi, li alliscia, li sbatte in situazioni difficili e li fa abitare dove stanno i ceti popolari, mentre lui se ne sta nei posti di lusso, spesso strapagato dalla popolazione veramente appartenente a quel dato paese che lo elegge (in effetti anche questa popolazione è abbastanza stupida) per fingere di rappresentarla.

I paesi europei come quelli asiatici come quelli africani sono abitati da secoli e magari millenni da popolazioni che hanno quindi depositato una loro cultura, loro tradizioni, religioni e credenze varie che hanno radici di grande profondità. Voler mescolare alla rinfusa simili diversità significa in realtà portarli poi a creare dei loro discendenti sradicati (anche mentalmente), appiattiti, senza più memoria di tutto quanto distingue realmente i vari popoli fra loro e li rende realmente capaci di scambiarsi i prodotti di una lunga e proficua civiltà. Lo scambio si realizza proficuamente soltanto se si è fermi custodi della propria particolarità, se non si straparla di integrazione, mantenendo invece le proprie prerogative senza tuttavia complessi di superiorità, con la vera curiosità di conoscere i propri specifici prodotti culturali; ma questi devono restare quelli reali, acquisiti nei vari secoli della propria storia. E’ insomma indispensabile essere e sentirsi diversi e orgogliosi di questa diversità. Senza, lo ripeto, nutrire complessi né di superiorità né di inferiorità verso nessun altro.

Gli Stati Uniti – e le Americhe in genere – sono per ragioni storiche ammassi di individui molto differenti, provenienti certo da società con alle spalle una lunga tradizione, ma sradicati da queste e mescolati in una troppo confusa “ammucchiata” con perdita quasi totale della memoria collettiva. Così lontani (non semplicemente in senso spaziale) dai luoghi d’origine, tali individui hanno perso gran parte delle loro tradizioni e mentalità specifiche e non hanno avuto gran tempo per veramente amalgamarsi (integrarsi come dicono i cretini) e diventare autentiche nuove popolazioni con radici culturali, di costume, di civiltà insomma, omogenee e ben conficcate nelle profondità di un “nuovo suolo” (ancora una volta: non semplicemente geografico). E non a caso si tratta di società tendenzialmente violente; e non per un conflitto acuto che magari parte dall’insofferenza reciproca per le tradizioni, le credenze (in specie religiose) coltivate dai diversi gruppi posti così malamente in relazione, cosicché ognuno di questi si sente superiore agli altri e ritiene di poterli, anzi di doverli, sottomettere alla propria cultura o altrimenti annientarli.

No, in quei paesi – di storia in definitiva recente rispetto a quella dei più diversi “luoghi” da cui provengono i suoi abitanti – si è andata formando una popolazione mista (non “integrata”), dove tuttavia questa mistura non è la somma delle civiltà d’origine, bensì la perdita d’ogni vera memoria di queste. Ecco allora che emergono – quali semplici punte di un più vasto iceberg – i cosiddetti pazzi che sparano sulla folla o come minimo altercano fino al limite dell’uccisione, passando per varie gradazioni della violenza pressoché gratuita, priva di autentiche gravi provocazioni. E naturalmente gli ipocriti e imbroglioni del “politicamente corretto”, del “progressismo”, ecc. sbavano accusando le lobbies dei venditori d’armi. Bisogna impedire la libera vendita di armi, sbraitano. Perfetti cretini, non hanno affatto a che fare con dei folli, ma con dei deprivati d’ogni loro radice culturale, che non sanno più perché e per cosa debbano vivere. Magari hanno anche avuto successo (semplicemente economico) nella vita, ma non riescono a nemmeno intuire il senso di questa vita, il suo valore. Non sono portatori di un bel nulla, non credono in nulla, si sentono soli, svuotati fin nel più profondo della loro anima. Non odiano in modo particolare gli altri esseri umani, ma avvertono che sono inutili proprio come lo sono loro; e allora perché un inutile non può prendere quale bersaglio, anche per semplice passatempo, gli altri inutili?

A questo si arriverà anche in Europa, anche in Italia, fra pochi decenni se si continua con questa “ingordigia” di altri con cui “integrarsi”, cioè malamente mescolarsi e progressivamente scordarsi delle proprie diversità plurisecolari, millenarie. Altro che rispetto reciproco, che si nutre soltanto quando ci si rispetta proprio per questa diversità, coltivata e tramandata ai propri figli di generazione in generazione per i secoli a venire. Il tutto però appunto con la curiosità delle altrui antiche tradizioni, il rispetto reciproco e un effettivo scambio culturale; se questo deve essere effettuato, è indispensabile che resista nel tempo ciò che desideriamo scambiarci. La vera parola d’ordine non è l’integrazione (dei mascalzoni che la pretendono per meglio dominare l’insieme dei disadattati) bensì l’arricchimento reciproco. Si devono mantenere tutte le proprie prerogative e tradizioni e farle conoscere, ammirare, rispettare. Solo così nessuno si sentirà svuotato d’ogni significato della sua esistenza. Se invece avviene il contrario, non vi sarà più nulla da trasmettersi reciprocamente e quindi nulla da rispettare. Tutti vivranno solo la loro inesistenza, la loro inutilità; e allora, come già detto, a qualcuno balza in testa che in fondo ci si può divertire con un bel tiro a segno nei confronti degli altri inutili. Poi magari ci si punta la pistola alla tempia e così la si finisce con questa sensazione di vuoto.

Dobbiamo liberarci di questi sciocchi che recitano l’integrazione, la bontà che conduce solo all’inesistenza di ogni cosa per cui valga veramente la pena di vivere. Questa ipocrita benevolenza, annullatrice d’ogni differenza, alimenta solo la svuotamento d’ogni reale esistenza, che esige il confronto, a volte anche duro, ma tutto sommato aperto all’imparare il perché e la ricchezza del nostro particolare deposito di secoli di storia, mentre nel contempo c’insegna a rispettare il deposito altrui pur esso orgogliosamente coltivato e difeso da ogni improprio e arrogante tentativo di totale livellamento, appiattimento.

Per ultimo desidero ricordare che i disgustosi sostenitori italiani dell’integrazione, dell’annullamento di ogni diversità, hanno di fatto svelato il motivo di questa loro vergognosa “propaganda” per un’eguaglianza soltanto verbale. Ben 176 parlamentari della nostra mefitica “sinistra” hanno chiesto una legge che consenta il voto a tutti gli stranieri residenti nel nostro paese da almeno cinque anni. Vogliono semplicemente questo: avere i voti riconoscenti di chi non sa un bel nulla di tutto quanto ha alimentato il nostro paese nei secoli passati. Questi distruttori del nostro avvenire avvertono d’essere alla fine del loro percorso, non hanno più nessuna risorsa politica e culturale. Ricordate però il discorso del Gattopardo? Cercare di sopravvivere in qualche modo per un altro decennio o due, per questi manigoldi significa procurarsi l’eternità. Sia chiaro a tutti: se sopravvivranno troppo a lungo, saremo alla fine tutti “sepolti”. Non c’è molto tempo per metterli in condizioni di non nuocere mai più.