E’ COMUNQUE UN PASSAGGIO DI FASE, di GLG, 23 apr. ‘13
1. Si è errato in radice parlando in continuazione di “seconda Repubblica”. L’ho detto e ripetuto non so quante volte. La prima è stata annientata in tempi piuttosto brevi, ma da allora si è rimasti con una Costituzione ingessata e comunque stiracchiata da ogni parte a seconda dei bisogni, sempre però riverendola a parole e inveendo contro chi la considerava (e la considera) un documento da Museo. Nel frattempo, ogni politica è sparita dall’orizzonte e il “ceto” che se ne è addossato la responsabilità è stato un insieme di politicanti di serie B del passato o una lunga serie di inetti, nominati per le più basse manovre. I miserabili del fu Pci, seguendo le indicazioni di quel mediocre personaggio che fu Agnelli, provocarono Berlusconi e lo spinsero in campo. Da allora, i “programmi” sono stati puro fumo negli occhi; la popolazione è stata rimbecillita con l’incredibile trovata che il cavaliere era l’origine di tutti i mali; e non solo d’Italia, ma del mondo.
Questi ignoranti – seguiti da quello che denominai subito ceto medio semicolto, un’accolita di insegnanti, di impiegati pubblici con infarinatura scolastica considerata (sbagliando) d’ordine superiore, e altri mentecatti simili – hanno poche vere letture alle spalle. In genere, non conoscono Mary Shelley e il suo mirabile exploit letterario. Sia detto a scanso di equivoci: i nanetti di “sinistra” non possono essere paragonati al personaggio, complesso e tormentato, di Frankestein; e quelli di “destra” non hanno la grandezza tragica della “Creatura”. Non a caso, nel romanzo, ogni volta che il creatore e il Mostro s’incontrano (lascio perdere la lunga e penosa “educazione sentimentale” al Male di quest’ultimo, che voleva farsi amare dagli esseri umani e ne era respinto per disgusto e paura), la Creatura ha dimensioni sempre maggiori, e la sua tragicità pure. La lezione è però inequivocabile, al di là della miserabilità dei protagonisti odierni: quando crei il mostro, alla fine ne sei distrutto. Prima muori tu e poi lui.
Per vent’anni la politica è stata ridotta in Italia al tentativo di annientare il mostro creato a bella posta per nascondere di esser semplicemente dei rinnegati, la peggiore specie di esseri umani esistente. Quindi niente politica, parole e parole per nascondere quella che è divenuta l’ossessione di costoro, mentre il mostro ha giocato di rimessa, continuando ad indicarli come comunisti, sapendo di avere a che fare con un popolo (di “destra”, di vecchi elettori diccì e piesseì e loro degni successori) composto da ignoranti, che nemmeno sanno che cos’era il comunismo o quanto meno il “socialismo reale”, ecc. Quindi, per favore, non si parli di seconda repubblica; non è mai nata, si è rimasti – lungo il corso del vero, effettivo, “infausto ventennio” – a bagnomaria.
Abbiamo molte e molte volte ripercorso l’evoluzione, a zig zag, della “Creatura” (inventata dalla “sinistra”); essa ha sempre perseguito senza dubbio i suoi interessi personali, a cui ha piegato anche alcune scelte non negative per quelli del paese (ricordo ancora gli accordi Eni-Gazprom). D’altra parte, i politicanti di serie B, per di più permeati della tipica mentalità del rinnegato, hanno completamente trasmutato la loro base elettorale, facendo degenerare pure la famosa “Classe Universale” (i ceti operai) ridotta alla pallida ombra di se stessa, solo un ammasso di pensionati ciondolanti al seguito di capetti sindacali corrotti e marci con le loro sdrucite bandiere, che sollevano vergogna in chi ha ben altri ricordi; mentre, appunto, una nuova base di smemorati, di semiacculturati – aizzati da guitti dello spettacolo e da intellettuali alla “micromega”, dove il termine chiave è “micro” – suona, canta, si sbraga nelle più ottuse oscenità, e sempre inveendo contro il mostro, senza un minimo brillio che denoti la presenza, qua e là, di qualche cervello.
2. Il risultato di questo lungo ventennio di “discesa agli Inferi” era già inscritto nelle scelte di chi sfruttò astiosi e fanatizzati magistrati per annientare la politica italiana e dare tutto il potere ad un establishment industriale, e subito dopo finanziario, solo tracotante e prono di fronte a gruppi predominanti di ben altro calibro e situati altrove. Un potere che è stato utilizzato per arricchirsi devastando il paese con scelte sempre più miserabili, da “ladri di polli”; scelte, tuttavia, alla fine realizzate nel mentre un popolaccio “di sinistra” urlava, appunto, contro il mostro che, da parte sua e senz’altro più furbastro, lo ha sempre messo nel sacco perseguendo il “suo bene”. E buon per questo popolaccio che il “tipo” è un “nanetto” (politico, intendo dire), affatto privo della statura del fascista che gli viene attribuita; e ama solo i piaceri del “bengodi”, ecc. ecc. Altrimenti, fosse stato una persona seria e con una discreta spina dorsale, avrebbe impartito a questi ottusi una lezione storica.
Messo alle strette da una serie di eventi che gli hanno fatto capire come gli Usa – con la nuova Amministrazione democratica e il mutamento di strategia – non intendessero più tollerare alcuna minima autonomia della politica estera italiana, il “mostro” ha anch’egli cambiato atteggiamento. Ciò è avvenuto almeno dal 2009, sicuramente da quel 14 dicembre 2010 in cui il suo governo si salvò per tre voti dalla sfiducia dopo la defezione di Fini. Dal 2011 in poi, Berlusconi si è dedicato con particolare perseveranza a simile cambiamento, uno degli atti più disgustosi del quale è stato compiuto nei confronti della Libia di Gheddafi, pur se parecchi mesi dopo egli ha voluto apparire contrario a quell’aggressione e barbara uccisione (ed anche di questo abbiamo abbondantemente discusso in passato). Ha poi mugugnato, e scatenato i “suoi” giornalisti e uomini di partito (salvo alcuni che l’hanno abbandonato come, ad es., Frattini), contro tutta la vicenda delle sue obbligate dimissioni tramite la manovra della crisi, aggravata ad arte nel suo aspetto finanziario (andamento della Borsa, spread, ecc.), e la successiva nomina presidenziale del “governo dello sfascio nazionale”; e anche su questi fatti, che sembravano segnare la sua fine (una pura apparenza ingannevole, creata a bella posta), egli ha usato espressioni critiche, ma sempre assai morbide e mai portate fino ad un qualsiasi “affondo”.
E’ sembrato ritirarsi in secondo piano, salvo ritornare in campo poco prima delle elezioni per impedire una pericolosa (per lui) vittoria del Pd (i cui settori giustizialisti, ancorati alla “lotta al mostro”, non vogliono intendere ragione). In quell’occasione, si è potuto constatare come il presdelarep lo abbia tutto sommato difeso, sia pure con modalità soft e senza esporsi eccessivamente. Berlusca ha addirittura sfiorato la vittoria elettorale; e credo che non la volesse proprio, sia partito “alla riscossa” con ritardo per non ottenerla, abbia avuto un brivido di fronte alla possibilità che ciò accadesse; la qual cosa l’avrebbe messo in forte difficoltà per le varie promesse fatte, prima fra tutte la restituzione dell’IMU. Questa è però forse una “maliziosa” interpretazione del suo comportamento non troppo deciso e incisivo.
In ogni caso, il “nostro” ha mostrato una notevole sicurezza e tranquillità dopo il risultato elettorale quando è ricominciato l’accanimento di certa magistratura politicizzata (e sovraccarica di elementi di “sinistra”, di quella peggiore, quella che ormai ha squalificato l’idea di “giustizia” nel nostro paese). Avevo notato questa sua serenità, pur con qualche affondo (in genere portato dai suoi “giannizzeri”), e avevo subodorato che ci fossero accordi di un qualche genere, soprattutto con Napolitano e, dietro a questi, con precisi ambienti americani, soprattutto democratici. Ci fu ancora tutta una serie di apparenti tensioni quando si perse tempo per la formazione del nuovo governo, mentre, “responsabilmente” (sic!), il “mostro” proponeva il sedicente governissimo di larghe intese, che gli avversari più incalliti (e attardati) vedevano come indegno “inciucio”. Monti, l’uomo in fondo più fedele a Napolitano, quello che si è sacrificato per lui, sostenne invece la proposta. I suddetti giannizzeri (politicanti e giornalisti) attaccarono il Pd per la sua ostinazione, ma non furono teneri nemmeno con Napolitano per il suo tergiversare, rivelato – con forte ira di quest’ultimo – da Onida, uno dei “saggi” nominati per prendere tempo.
Dissi subito che non si sarebbe mai avuto alcun governo – che non poteva, in definitiva, non essere quello preconizzato dal cavaliere – se prima non vi fosse stata l’elezione del presdelarep. Oggi essa ci appare già decisa e preordinata fin dall’inizio. Tuttavia, ci si ricorderà che, ad un certo punto, Bersani commissionò un sondaggio presso il suo elettorato. Una percentuale infima (non ricordo se il 5 o addirittura il 2%) accettava l’idea di un accordo con il Pdl. Ecco infine in piena luce il boomerang rappresentato dalla creazione del “mostro” e dall’aver vissuto per vent’anni di rendita su di essa, non avendo alcun programma da proporre, disponendo di un personale politico da operetta. E allora – come avevo subodorato nel poscritto al mio pezzo del 16 aprile – il presdelarep si è adattato all’idea di farli prima provare (conoscendo in anticipo l’esito della prova). Si è svolta così l’ulteriore pantomima delle candidature fallite. E vorrei ricordare, come evento significativo dello sfarinamento di un partito, che una “bella mattina” i parlamentari piddini votarono all’unanimità la candidatura di Prodi e, dopo pochissime ore, oltre cento di loro non gli diedero il voto.
A questo punto, la via era libera per la commedia della pressante richiesta a Napolitano di ricandidarsi con sicurezza di vittoria e la garanzia di poter esercitare la piena azione di governo; poiché ormai il governo che verrà nominato sarà pura parvenza così come lo è stata il nuovo Parlamento eletto a fine febbraio. Abbiamo assistito alla degradante sfilata dei “quattro dell’apocalisse” (i massimi dirigenti di Pd, Pdl, Lista civica e dell’ormai indegna Lega, un tempo “di lotta e di governo”), con un Berlusconi sorridente a bocca sempre più larga, ecc. Napolitano – che ha condotto negli ultimi anni tutte le danze, da vero reggitore “monarca” di questa barca ormai carica d’acqua e quasi affondata – ha recitato la parte dell’accettazione contro voglia per la salvezza del paese. Potete stare sicuri che adesso si svolgeranno altre farsacce da avanspettacolo.
In effetti, chi ha creduto infantilmente che la politica si riducesse alla lotta contro il “Corruttore Unico ed Universale” è massimamente scontento; accettare Amato o qualcuno di quel calibro – magari il Letta dell’Aspen Institute, che sostiene apertamente nell’ultima intervista la totale liquidazione dell’industria “pubblica”, sempre per il bene dei cittadini che non vengano troppo pestati, salvo qualche “piccola” decurtazione dei loro “patrimoni” (leggi risparmi con i quali i essi sono finora sopravvissuti) – è evidentemente complicato. Anche nel Pdl (e non parliamo della Lega, già dimezzata) i dubbi sono “atroci”. Tuttavia, non temete. Il Reggente, ormai sovrano assoluto (e con una decrepita Costituzione che non gli impedisce più nulla, meno costrittiva di quella del suo “antenato” Carlo Alberto), nominerà infine chi ha deciso.
Abbiamo assistito al “mangiacomunisti” Berlusconi – con i suoi giornalisti all’attacco di Napolitano ricordandogli il suo passato (perfino i “fatti d’Ungheria” di 57 anni fa, ma non invece, assai significativamente, il viaggio negli Usa del 1978 e gli altri atti consimili fino alla spinta decisiva per partecipare all’aggressione della Libia da parte della Nato, copertura del solito “Mackie Messer” americano), protestando contro il suo autoritarismo e il suo (apparente) liquidare il loro “capo” per affidare il governo al mai eletto Monti, schernendolo per la nomina dei saggi, ecc. – affermare dopo la rielezione presidenziale: “è il punto di riferimento di tutti noi”. E allora state tranquilli: il governo si farà, lo nominerà il ri-presidente e sarà ritenuto dal “mostro” il “punto di riferimento” degli italiani, che pagheranno fino in fondo il fallimento totale di una classe non dirigente; non limitata alla vituperata Casta, sia chiaro, ma più estesa e ramificata.
3. Bene, siamo allora adesso finalmente in transizione verso un nuovo “Stato”. Forse, ma non sicuramente, si decideranno ad aggiornare la Costituzione del “compromesso”; non quello detto storico, ma quello vero, dell’immediato dopoguerra, quando ancora non si era affermata decisamente la Dc nel famoso 18 aprile 1948, quando non c’era la Nato e, pur essendo noi occupati dai sedicenti “liberatori”, sussisteva ancora l’illusione di mantenersi in almeno parziale equilibrio tra ovest ed est, tra “capitalismo” (che era, molto più precisamente, la nuova società americana) e il “socialismo”, un mero statalismo pianificatore, già in procinto di arenarsi dopo l’impetuosa “accumulazione originaria”, che aveva consentito di non prendere in considerazione quei soggetti, divenuti in seguito decisivi per la promozione dello sviluppo quando la società passò dal semifeudalesimo agrario all’industrializzazione avanzata. Dove non è la classe operaia lo strato sociale d’avanguardia (come si sostenne per troppo tempo), bensì dati “ceti medi” della qualificazione e specializzazione professionale e della mercantilizzazione generale, esercitante una pressione incontrastabile se si cerca solo di soffocarla dall’alto tramite le decisioni d’autorità di uno strato di dominanti esclusivamente in grado di amministrare il potere negli apparati statali, e non realmente anche nel reticolo sociale e produttivo.
Adesso ci si racconterà che siamo passati alla terza repubblica (in rigoroso minuscolo), quando al massimo saremmo nella seconda. Ma lo saremo davvero? Nient’affatto. Lo saremmo se potessimo almeno ripristinare quel minimo di autonomia che ebbe la prima (e che costò la vita a Mattei e forse a Moro, nonché l’esilio a Craxi, e via dicendo). Sarebbe possibile, perfino credibile, visto che è crollato l’antagonista storico principale del “capitalismo” (in realtà degli Stati Uniti). Quel crollo non ha condotto al monocentrismo statunitense, come si credé forse per una decina d’anni. La spinta più forte, per quanto ben contrastata dagli States (contrasto che ha comportato i disastri italiani degli ultimi vent’anni, ma soprattutto degli ultimi due-tre), è verso il multipolarismo. Parleremo in seguito di tale configurazione dei rapporti mondiali in quanto situazione che consente all’Italia ancora meno autonomia del bipolarismo Usa-Urss. Adesso, voglio solo avvertire i lettori che siamo in transizione verso una specie di Protettorato Usa.
Qualcuno potrebbe anche parlare di (semi)colonizzazione. Tuttavia, mi sembra che l’idea del Protettorato sia (forse) più adeguata, giacché nella colonia l’amministrazione pubblica viene esercitata direttamente (almeno ai suoi vertici, non magari nei quadri medio-bassi, che sono indigeni) dal personale della potenza colonizzatrice. Qui, invece, si lasciano tutti i vertici istituzionali occupati da italiani (almeno come nazionalità, come interessi in gioco sarebbe tutto da discutere). Tuttavia, vi sono condizionamenti pesanti – pur se meno pesanti e, appunto, meno diretti, che nella colonia – atti a condurre il paese in una posizione di netta subordinazione, soprattutto politica e territoriale, ad un paese preponderante (gli Usa nel caso nostro). Vi sono però filiere di rapporti di subordinazione anche più complicati di quanto appare a prima vista.
Siamo talmente indietro, proprio come forma mentis, rispetto a questa situazione che non mi sento adesso di sposare tesi nette; dico solo che potrebbe essere in “costruzione” (o magari già realizzata, non lo so) una filiera tra predominanti (statunitensi), subdominanti (ad es., nell’area politico-territoriale europea, i tedeschi) e i subsubdominanti (italiani, spagnoli, ecc.; e magari ancora più in giù i greci, ecc.). E’ tutto un mondo da scoprire; e che non lo sarà mai usando ancora le geremiadi sull’imperialismo e altre categorie consimili; un tempo funzionali in un mondo capitalistico borghese, ma oggi, temo, troppo vecchie e inattuali nell’epoca dominata dalla formazione dei funzionari del capitale. Dovremo riparlarne, magari organizzarci una sorta di seminario o qualcosa di simile, per iniziare a discutere problemi che sono complicati in quanto nuovi, in quanto fuoriescono dalla nostra cultura formatasi in tanti decenni (poi, con il tempo, la complicatezza si dipanerà e allora i nostri discendenti saranno sorpresi della sua semplicità e penseranno a noi come confusionari e perditempo).
Qui desidero solo accennare, anche per non allungare troppo il discorso, al problema dello Stato. Perché l’apparenza di trovarsi in presenza di questo complesso di apparati – formatosi, nella sua modernità, nell’epoca della concomitante nascita delle nazioni – è oggi ingannevole in paesi tipo Italia. I predominanti hanno un vero Stato; e con tutte le prerogative di questo, alla faccia dei cretini che volevano ritenere superati gli Stati nazionali. Negli altri gradini della suddetta filiera, la situazione è tutta da studiare e riconsiderare (senza badare però agli appena nominati cretini). Tuttavia, non esiste un vero Stato poiché gli apparati dell’egemonia funzionano diffondendo la cultura del Protettore predominante; e, insieme a questa, viene pure diffusa l’ideologia funzionale agli interessi di quest’ultimo. Gli apparati della coercizione (e della difesa e offesa verso l’esterno) – quegli apparati senza i quali non esiste affatto Stato (tanto meno nazionale), ma solo amministrazione corrente relativa all’organizzazione di una società complessa, l’interrelazione dei cui comparti uniti in sistema non può essere del tutto affidata ad organismi “privati” – sono decisivi per dare unità e compattezza a quella società (che definisco formazione sociale particolare, di solito un paese), la cui popolazione dovrebbe mantenere una saldezza organizzativa e un ordine interno per funzionare al meglio, oltre ad una capace difesa verso manovre dall’esterno tendenti a subordinarla ad interessi altrui.
Se non c’è coercizione e creazione di compattezza (tramite capacità di difesa e offesa), è inutile illudersi: non esiste indipendenza di quel paese giacché esso è aperto a tutte le “correnti esterne”, che tendono a subordinarlo o comunque a sottrargli buona parte delle risorse create dai suoi cittadini nei modi più subdoli e poco visibili alla massa della popolazione; spesso anzi coperti dalla premura dei “ladroni”, che fingono di fare gli interessi di detta popolazione. Un esempio preclaro? Il governo Monti ha creato una situazione economica di dissesto, ha sottratto imponenti quote di reddito ai privati con la scusa dei conti pubblici da pareggiare. S’instaura un circolo vizioso: imponi carichi fiscali per ridurre il debito, si riduce il potere d’acquisto e dunque la domanda, la produzione s’ingrippa, il Pil cala, di conseguenza calano anche le entrate fiscali e il debito cresce; allora si pretende di sanarlo con ulteriori imposte, ecc., e il giro riprende. Cosa accade adesso? Salta fuori Letta che afferma, misericordioso verso il “poppolo”: non possiamo pestare sempre su di esso, dobbiamo attingere da altre parti, vendiamo quindi quel che ci resta di Eni, Finmeccanica, Enel (e vediamo se c’è anche qualche altra cosetta da raschiare), non esercitiamo più la golden share. L’Italia diminuirà così nettamente le sue potenzialità produttive (e la tecnologia decadrà paurosamente), aumenterà la disoccupazione, ecc.; il Pil andrà probabilmente giù e così pure le entrate fiscali e….ricomincerà la solfa.
Senza organi di coercizione e difesa dotati di autonomia nazionale, non puoi incriminare Letta (amerikano dell’Aspen) per svendita e distrazione di risorse “pubbliche”. Lo Stato (che non lo è più in senso proprio) non riesce a difendersi da questi devastatori per conto di altri, che si trovano in genere all’estero perché, pur se la compera avvenisse da parte dei nostri “cotonieri”, questi non sono integrati nel nostro tessuto economico produttivo – e soprattutto strategico-politico – bensì in quello dei predominanti. Pensate alla Fiat di Marchionne (e degli Agnelli, non li scordiamo questi degni successori dell’Avvocato): ha comprato la Chrysler con i soldi fornitigli sottobanco da Obama, cioè dall’Amministrazione Usa, che tramite questa tortuosa operazione ha salvato l’azienda americana dal fallimento, facendo però apparire la manovra come “virtuosa operazione di mercato” (il Taumaturgo dei liberali); e attualmente la Chrysler va molto meglio della Fiat ed è semmai quest’ultima ad essere eventualmente controllata da oltreoceano.
4. Mi sembra evidente che oggi l’Italia sta vivendo il completamento di una lunga fase di transizione, assai tormentata, iniziata con la distruzione della prima Repubblica e che vorrebbe sfociare nella creazione di un Protettorato statunitense. L’uomo della transizione è quello stesso del viaggio negli Usa del 1978, dove furono poste le basi per il possibile (sicuro no, non fino al crollo dell’Urss) trasferimento di campo di un partito in grado di fornire agli Stati Uniti maggiori garanzie di piena subordinazione. Negli ultimi due-tre anni quest’uomo ha potuto agire, ma in modo veramente astuto e coperto, con Berlusconi, sdraiatosi senza più un minimo di autonomo sussulto ai piedi dell’attuale Amministrazione americana. Bisogna ben dire che l’operazione è stata condotta con segretezza, con pazienza, traccheggiando spesso perché, come già detto, la creazione del mostro (quale unico collante politico) ha messo in fortissima difficoltà i vertici del Pd. Adesso siamo in pratica arrivati all’inveramento di tutta la manovra bi (o tri)ennale, sempre tuttavia con l’inganno dell’impossibilità (provata) di altre soluzioni per cui si è dovuto chiamare il “salvatore della patria”, il quale ha accettato “controvoglia”; avendo invece ben stabilito in anticipo che, nel caso di chiamata, sarebbe stato l’effettivo “monarca” della situazione.
Si era anche vociferato di un allungamento provvisorio della presidenza, ma il Reggitore lo avrebbe sentito troppo come un condizionamento. La rielezione lo esenta da troppi compromessi. E’ certo – e sono convinto che lo si sia già deciso – che egli durerà al massimo un biennio, forse meno; in ogni caso, il tempo necessario a sistemare per bene il paese. Si sconta il malumore della gente, ma anche l’incapacità di dare ad esso un qualsiasi sbocco; e il flop dei grillini ha mostrato come l’improvvisazione non intacca minimamente i giochi del duo di furboni (En and Bi) che ha condotto la “giostra”. Il Pd, così come lo abbiamo conosciuto a partire dal cambio di nome da Pci a Ds (quello che ho sempre indicato quale partito dei rinnegati), è in fase di netta trasformazione; non so se sarà preso in mano, nel giro di pochi mesi, da Renzi o da un similare. Si arriverà ad una scissione? Lasciamo perdere le previsioni, gli eventi saranno abbastanza confusi e contorti (com’è avvenuto fino ad ora del resto), quindi attendiamo di vedere meglio il risultato finale del sobbollimento con successiva decantazione.
Non credo che il Pdl sarà da meno; forse non subirà scissioni, ma certo una perdita ulteriore di smalto (già molto pallido). Ci si augura che un numero crescente di “berluscones” fideisti finalmente capisca che razza di ignobile personaggio sia costui. Il pericolo è sempre nei maniaci giustizialisti e accaniti ritardatari della creazione del mostro. Se qualcuno fa ancora il moralista, se continua a recitare: “ma che figura ci fa fare all’estero”, se piange sulle puttanelle che frequentavano Arcore e dintorni, se chiede la condanna per corruzione di un qualche senatore o deputato, ecc. ecc., bisogna mandarlo a zappare la terra, bisogna rompere con lui ogni rapporto, bisogna – se si può – sculacciarlo e frustarlo. En and Bi vanno tenuti sotto costante osservazione politica, perché la loro funzione è esiziale per il paese. Il primo sarà particolarmente difeso dalla “legge”; sarà complicato (in quanto pericoloso) svelarne le mosse e indicarne la dannosità per l’autonomia italiana. Quindi, basta con gli idioti del ceto medio semicolto. Hanno devastato il paese, lo hanno ridotto ad un ammasso di rimbecilliti che hanno consentito lo si portasse ad un punto di difficilissimo ritorno. Da qui riprendiamo l’analisi attenta, cercando di capire a quali forze – nello scombussolamento generale della fase odierna – ci si può rivolgere per ridare senso alla lotta mirante alla difesa del paese dalle torme di cavallette abbattutesi su di esso.
Adesso, fatto il presidente, possono infine assegnare pure l’incarico governativo. Che sia Amato o altro, possiamo aspettarci il peggio del peggio. Non però così scoperto e immediato, a meno che non siano scemi; e non lo credo. Bisogna riconsiderare anche l’esperienza Monti. Quella serviva veramente all’affondamento dei 4/5 della popolazione e a creare una situazione di profondo sconcerto e anche di grande timore per le proprie condizioni di esistenza. In più incombeva la prospettiva greca o cipriota, ecc. Adesso credo che si consentiranno qualche “offa” per far sembrare meno orrida la situazione ed impedire sentimenti di aperto malcontento e disaffezione totale. Bisogna mettersi in testa che tutto quanto è stato fatto negli ultimi anni è stato condotto utilizzando l’oggettiva crisi di depressione (che sarà lunga) e manovrando a dovere, nell’ambito di quest’ultima, la parte finanziaria, creando così la convinzione che da lì partisse la crisi e quindi anche il suo possibile superamento, solo che si fosse arrivati a ciò cui sono infine arrivati con la rielezione del presdelarep e il governo che nascerà adesso. A questo punto, si cercherà di far apparire un po’ più roseo il futuro. Ci riusciranno? Non è possibile predirlo con sicurezza.
La crisi reale non la possono controllare a piacimento, ma possono inzupparvi il pane per i loro scopi che sono politici e territoriali; sono di rafforzamento del Protettorato in Italia in vista del multipolarismo avanzante e delle manovre di contrasto ad esso nell’area mediorientale, nordafricana, ecc. Anche il completamento della distruzione dell’industria “pubblica” (per non pesare troppo sulla popolazione come dice l’ineffabile Letta!) non serve soltanto – non siamo sempre così infantilmente economicistici – a favorire determinati gruppi multinazionali (non necessariamente a direzione statunitense). E’ soprattutto necessario rendere il nostro tessuto complessivo (che è insieme economico e sociale) più gracile, meno dotato di risorse in grado di mantenere almeno quel minimo di autonomia che ebbe la prima Repubblica (pur nell’adesione piena all’atlantismo), dove alcuni settori diccì presero in carico l’IRI (ereditata dal fascismo), crearono l’Eni, la Finmeccanica e l’Enel (assieme al Psi). L’IRI (in particolare per merito di Prodi) non esiste di fatto più; e adesso si deve completare l’opera di indebolimento generale. Ma chi compirà l’opera, lo ripeto, darà qualche offa “ar poppolo cojone”, in modo che non si accorga di quanto poi accadrà in un tempo più lungo; e specialmente quando si passerà dal multipolarismo al policentrismo conflittuale acuto. Per il momento, il fine principale è: annientamento dell’autonomia nazionale, rafforzamento del Protettorato (a reggere il quale dovrà essere trovato nei prossimi due anni un buon sostituto dell’attuale “ri-presidente”), piena manovrabilità del territorio italiano e dei suoi apparati “similstatali” (li chiamo così per distinguerli da quelli che hanno vera sovranità in proprio) da parte della potenza che insiste su questo territorio per le sue operazioni in più vasto ambito. Attrezziamoci alla bisogna!
PS (ultim’ora) http://www.ilgiornale.it/news/interni/amato-no-patrimoniale-e-prelievo-sui-conti-correnti-910884.html
Che stavo dicendo?