FALLIMENTO? NON PROPRIO, di Giellegi, 22 luglio
questo sarebbe soltanto un indice, pur se non proprio minore, del fallimento non soltanto di questo governo, ma di tutti quelli che l’hanno preceduto nella complessa, graduale e mascherata manovra sviluppatasi negli ultimi quattro anni, con la complicità del “nano”, un vero “novello Savoia” – per lo spirito di tradimento e subordinazione allo “straniero predominante”, intendo dire – che ha appoggiato la graduale ma sicura ascesa di Renzi e della parte di PD decisa a superare l’inettitudine dei trasformisti ex piciisti (voltagabbana a partire dai primi anni ’70) onde garantire agli USA, in questi anni di incipiente multipolarismo, un apparato amministrativo “semicoloniale”, comunque di supina e acquiescente integrazione subordinata nella sfera di influenza della potenza predominante.
A lungo il ceto politico e intellettuale dei “semicolti” ex piciisti, con i suoi PM tirapiedi di riferimento, ha ostacolato il processo – che ha quindi pure richiesto una “ferita” alla contrabbandata meravigliosa Costituzione con la rielezione di un quasi nonagenario a presdelarep – appoggiato invece in pieno, pur “di nascosto”, dall’ex cavaliere. E questi ottusi ritardatari (e ritardati mentali) non demordono del tutto nemmeno adesso, coadiuvando però il “duo” Renzi-Berlusconi che – approfittando di altre decisioni giudiziarie ben mirate, ma in senso più consono al nuovo clima di necessaria complicità tra i due – stanno sfruttando la situazione per rilanciare, quale cortina fumogena, una nuova stagione di “Berlusconi sì/Berlusconi no”. Quella durata vent’anni era però il sostituto di un’autentica inettitudine e nullità politica. Questa serve a coprire l’effettivo costo della messa in opera dell’apparato amministrativo “semicoloniale” di cui appena detto. Lì c’era incapacità di servire al meglio il “padrone” di sempre; qui esiste il tentativo di costruire l’apparato utile al predominio di quest’ultimo.
Il fallimento della “spending review” – e la continua depressione economica italiana – sono fenomeni inevitabili di questo passaggio ad una piena, più “assoluta” e ben manovrabile dipendenza italiana. Il malcontento e la possibile (speriamo) protesta sono positivi, ma molto deboli politicamente se non la si smette di parlare di fallimento. Renzi “fallisce”, molti (finti e scemi liberisti) mugugnano, ma il duo malefico continua a cianciare di riforme istituzionali, solleva polveroni, porta avanti il gioco ormai scoperto e da noi già denunciato – pur con comprensibile non perfetta precisione all’inizio – fin dalla pantomima recitata tra Berlusconi e Obama (“o non caschi o caschi in piedi”, ricordate cosa dissi subito?).
Per far fallire la sporca manovra del laido “duo” è necessaria la chiarezza sui suoi intenti di servitù piena e definitiva. Quindi occorrono forze sovraniste, autonomiste, come iniziano a crescere in altri paesi. Qui al momento nebbia completa!