FATTI E RIFLESSIONI (I) (20 sett. ’11)
1. Non vi è dubbio che il corpo dei sedicenti giudici ha ormai raggiunto livelli di bassezza e faziosità che superano quelli di “mani pulite”; anche se lo scopo e il servizio che rendono a certi mandanti è assai simile a quello di allora, comunque dello stesso genere. Si continua a dire che la maggioranza dei magistrati è formata da gente per bene, che fa il suo lavoro, ecc. Non ho difficoltà a crederlo. Così come la maggioranza della popolazione di un paese è pure composta da persone che non sono ladri, assassini, delinquenti da trivio, e via dicendo. Ha molti difetti, quelli degli esseri umani in genere, ma non è particolarmente disgustosa. Il problema è che si deve vedere il risultato (il “vettore di composizione delle forze”) dell’azione di un certo agglomerato di individui svolgenti una certa professione o mestiere o lavoro. La funzione che svolge in questo momento il corpo dei “giudici” è vergognosamente sbilanciato in una sola direzione. Solo chi è in perfetta mala fede – quindi più o meno l’intero “popolo detto di sinistra” – riesce a far finta di credere che non vi sia un accanimento spaventoso nel perseguire un individuo, attorno al quale un altro “corpo”, quello dei politicanti, ha impostato ogni lotta chiamata politica mentre da vent’anni è stata solo una lite tra dementi e farabutti di primaria grandezza per essere i più reverenti servi nei confronti degli Usa (o dei Bush o di Clinton-Obama).
Non sto ad elencare gli incredibili sbilanciamenti della magistratura contro un uomo, l’infame ipocrisia con cui ultimamente lo si è fatto passare per soggetto a ricatto per poterlo meglio fregare e trasformarlo da vittima in carnefice. Dopo un infinito numero di intercettazioni sempre uscite dalle procure e date a giornali amici (di una “classe dirigente” composta da parassiti in combutta con potentati stranieri), ci si è inalberati per la sola intercettazione riportata dai giornali di cosiddetta “destra” relativa alla ridicola uscita di un “poveretto”, che credeva di avere ormai in mano una banca (non lui personalmente, per carità). La mascalzonaggine e furfanteria di chi agisce così è lampante; dunque è altrettanto lampante che il “popolo di sinistra”, approvando e sostenendo simili metodi, è un ammasso di meschini individui del tutto ignoranti di politica, dai quali guardarsi perché attentano alla stessa nostra vita, al nostro benessere. Stanno sbriciolando il tessuto sociale per ignobili scopi, per continuare a imperversare quale insieme di ceti dannosi e non solo improduttivi. Dovrebbero essere infine messi in condizione di non più nuocere.
Detto questo, risultano evidenti alcuni fatti che penso inoppugnabili. Innanzitutto, il premier è un “uomo ridicolo” e mostra tutta la sua pochezza (e, secondo la mia opinione, poca intelligenza) perché non è possibile attingere simili livelli di stoltezza nel lasciarsi infilare in situazioni del genere, dopo ormai vent’anni che ribadisce di essere un “perseguitato”. Se lo sa e continua a fornire materiale per barzellette d’osteria, in effetti nessuna persona sensata sosterrà che ha la stoffa per esercitare la funzione di leader politico. Questo è lapalissiano. Altrettanto ovvio è che non controlla gli apparati di sicurezza, i Servizi e quant’altro è necessario per chi eserciti funzioni di governo. Una escort entra nella sua residenza romana e nella sua stanza da letto con apparecchi di registrazione; chi l’ha fatta passare e a chi obbedisce questo qualcuno? Un fotografo lo riprende con teleobiettivo nella sua residenza sarda; se fosse stato munito di un fucile a cannocchiale, lo avrebbe freddato sicuramente. Secondo me si è trattato di un segnale preciso per fargli capire che lo si poteva colpire in qualsiasi momento lo si fosse voluto veramente; e lo si sarebbe voluto se non si fosse “messo agli ordini”.
Si potrebbe continuare (chi ha fotografato la sua residenza ad Arcore per oltre un anno per vedere chi entrava e usciva, ecc.), ma basta. L’uomo non ha la levatura dello statista, ha occupato un ruolo non adatto a lui per un tempo impensabile; bisognerebbe capire come questo è stato possibile. Per comprenderlo bisogna trasferirsi negli Usa, dato che in Italia Confindustria e banchieri (i “poteri forti”) sono puri fantocci (una sorta di “borghesia compradora” fuori tempo); sono, come detto più volte, assimilabili ai “cotonieri” del sud degli Usa nell’800, in combutta con la potenza predominante di allora. Da quando è crollata l’Urss e gli Usa sono rimasti l’unica superpotenza, quest’ultima ha seguito alternativamente due tattiche (o strategie, sono incerto sul termine da usare) per protrarre il suo predominio; tattiche sempre però intrecciate tra loro, mai distinte veramente in modo chiaro e netto. Diciamo un “pendolo” che oscilla a seconda delle diverse contingenze politiche.
Queste due tattiche riguardano principalmente il mondo, va da sé; ma nel mondo ci siamo anche noi, non occupiamo una posizione geografica (ed economica) del tutto marginale. Le due tattiche si sono riversate con particolare virulenza nel nostro paese. Chi guidò “mani pulite” (anche tramite opportuno uso del “pentito” Buscetta) nel far fuori il vecchio regime italiano? L’Amministrazione che prende il nome (nulla più che il nome, ma questo si è costretti ad impiegare per economia del discorso) di Clinton, eletto infatti nel 1992. E quando Berlusconi, tirato per i capelli (tutti si sono scordati le modalità della sua riluttante, all’inizio almeno, entrata in politica), si fece avanti e raccolse l’insperato successo per l’errore di calcolo dei “furboni” golpisti – dimentichi del fatto ovvio che l’elettorato democristiano e socialista mai avrebbe votato per comunisti ritenuti voltagabbana in un attimo, non appena crollato il socialismo (chi poteva sapere, nel “poppolo”, delle manovre ventennali di Berlinguer-Napolitano? Anche qui due nomi solo per indicare “economicamente” processi assai complessi) – ci si ricorda quel che accadde? Appena compiuto l’affronto, Berlusconi dovette subire l’assedio della magistratura e il famoso “ribaltone” leghista, su cui si sono dette futilità “da cortile”, ma non si sa che cosa veramente si è svolto “dietro”.
La mitologia vuole che un piccolo gruppo di “aspiranti secessionisti”, sfruttando il malcontento del nord-est, si sia espanso rapidamente e abbia di fatto travolto la Prima Repubblica. L’operazione è riuscita solo perché preparata negli Usa dagli ambienti già indicati; e forse fu aiutata pure, in posizione subordinata a questi ultimi, da alcuni settori tedeschi. Ci si è dimenticati di chi, nel dopoguerra e fin quando la Dc non travolse il Fronte Popolare il 18 aprile 1948, alimentò la secessione in Sicilia aiutando il “bandito” Giuliano? Eliminato poi nel 1950, tramite il tradimento del suo luogotenente Pisciotta (a sua volta accoppato con caffè avvelenato quando al processo minacciò di rivelare questi retroscena), perché montatosi la testa e incapace di rientrare nei ranghi del semplice sicario. La Lega, con il ribaltone, ha forse solo pagato il suo debito verso chi aveva aiutato il “piccolo gruppo” a crescere con lo scopo di coadiuvare “mani pulite” nel far fuori Dc-Psi.
Dopo (1999) è venuta l’aggressione alla Jugoslavia, con la finta riluttanza degli Usa ad intervenire, la commedia che si sarebbero infine decisi per le titubanze europee di fronte ad un (mediatico) “genocidio”; quando invece avevano ben preparato da oltre un anno i banditi dell’UCK guidati da quel Thaci, su cui nell’ottobre 2010 una Commissione d’inchiesta europea ha fatto luce, indicandolo come un trafficante non di soli narcotici ma d’organi umani tolti ai serbi, debitamente trucidati proprio allo scopo di alimentare quel traffico. Gli Usa di Clinton – e nuovamente con la “superiore complicità” dei rinnegati del comunismo, del tutto affidabili perché ricattabili in ogni momento, veri scherani degli Usa, costantemente “riabilitati” dal certamente ignobile e meschino centro-destra berlusconiano che li tratta da comunisti (no, sono rinnegati e i rinnegati diventano pura feccia senza alcuna dignità né onore, sono quindi i più ignobili e turpi di tutti!) – intervennero in realtà per dare l’alto là alla penetrazione tedesca verso est, o quanto meno per controllarla e renderla funzionale ai loro interessi; che magari non venisse in testa ai teutonici di ricominciare con l’ostpolitik.
2. Nel 2001, la musica cambia con Bush (sempre un nome). La lotta al terrorismo (islamico) diventa la fissazione, su cui gli Usa trascinano anche gli altri paesi, compresa soprattutto la Russia (ormai di Putin, altra denominazione “economica”) e anche la Cina. Il fronte anti-terrorismo si sfalda soprattutto con la seconda aggressione all’Irak – mai ignorare però che le due tattiche non si separano e contrappongono completamente, pur con la prevalenza dell’una o dell’altra – che non viene interrotta come la prima volta (e anche qui i reali motivi dell’arresto, con Schwarzkopf sconsolato e incredulo per l’ordine di fermarsi alle porte di Bagdad, non furono del tutto comprensibili, malgrado varie giustificazioni). Comunque, nello scorcio di tempo delle due presidenze di Bush jr., si verifica una qualche mossa di politica estera di Berlusconi, che la “sinistra” mai avrebbe potuto ordire perché legata mani e piedi all’altra tattica, cioè all’altro centro strategico statunitense che denominiamo clintoniano (e oggi, ovviamente, obamiano).
In effetti, noi abbiamo rilevato con maggiore chiarezza queste mosse berlusconiane soprattutto a partire dall’incontro in Sardegna nell’estate 2003 (a guerra irachena già finita, ma non finita la guerriglia) con Putin, che tornava, se ricordo bene, da Algeria e Libia. Lascio perdere l’importanza del Southstream (attualmente si insiste che solo ritarderà al 2015, ma intanto l’Eni è passata dal 50% al 20% di partecipazione ad un progetto rilevante per il rifornimento d’Europa, e che quindi poteva attribuire all’Italia un buon potere di contrattazione, oggi perso), la sostituzione di Mincato con Scaroni all’Eni (2005) con esiti, mi sembra, non proprio eccelsi a lungo andare. Resta il fatto che esistevano evidentemente alcuni margini di manovra per l’Italia. Non erano però dovuti alle capacità di Berlusconi, ma ad una certa manica larga dell’Amministrazione Usa, attuante una strategia militare puntata verso il Medio-Oriente, ma assai di più verso il Pakistan-Afghanistan quale zona di controllo situata all’incrocio tra Russia, Cina, India.
Nel 2006 (novembre) Rumsfeld lascia il segretariato di Stato a Gates (già direttore della Cia nel 1991-93), considerato vicino ai repubblicani, ma “indipendente”, quindi uomo di transizione tra una tattica (strategia), quella dei neocon bushiani, e l’altra, che si affermerà più compiutamente con Obama, eletto nell’autunno del 2008. Già nell’estate di quest’anno si verificò, però, il primo serio atto (d’assaggio) della nuova strategia con l’aggressione della Georgia alla Russia, che reagisce bene, dando l’impressione di tenere il campo. Si ricordi che Berlusconi, “amico” di Putin (ma pure di Bush), indica chiaramente nella Georgia l’aggressore, dispiacendo molto ai “nuovi” Usa, già in formazione e che otterranno la sanzione ufficiale con l’elezione del presidente nero. Nessun particolare coraggio del nostro attuale premier, solo un ultimo servigio reso all’altra tattica, che forse non era del tutto d’accordo con la provocazione verso la Russia di Putin.
La nuova tattica si precisa sempre più con lo scontro tra McChrystal e Obama (estate 2010), la sostituzione del primo con un fiduciario del nuovo presidente, Petraeus, che aveva già saggiato tale nuova tattica in Irak, ottenendo la “divisione” netta del fronte islamico e la guerra tra le due fazioni con “destabilizzazione permanente” del paese, consegnato ad un sostanziale caos (con continui episodi di guerra civile, di tipo però religioso), e forte alleggerimento del conflitto per l’esercito americano. La stessa “solfa” si tenta in Afghanistan, con l’appoggio a Karzai (di cui gli anti-obamiani cercarono di invalidare la rielezione) e il tentativo di dividere i talebani (che finora non sembra gran che riuscito, ma è bene aspettare un po’ prima di emettere giudizi definitivi), ecc.
Nel maggio 2011, con la nuova tattica in pieno svolgimento dall’inizio dell’anno, si ha la pantomima dell’assassinio di Bin Laden, che viveva tranquillo da cinque anni vicino ad Islamabad e non era braccato sui monti come “capo del terrorismo islamico” secondo la “sceneggiatura” dell’era bushiana. La commedia – interessa poco se si è veramente ucciso qualcuno o si è inscenata la solita “americanata” (comica la quasi sicuramente finta trasmissione della combriccola mandante dell’omicidio, in ansia davanti alla TV che lo avrebbe trasmesso in diretta) – serve per dimostrare che il terrorismo (quello più cattivo, di Al Qaeda, fin troppo simile alla “Spectre” dei film di James Bond) è nella sostanza vinto, per cui ci si può dedicare ad una più duttile tattica nei confronti dell’islamismo, conquistando alcune sue frange ad una piena collaborazione con gli Stati Uniti.
Subito dopo la “vittoria”, Gates (che aveva già annunciato il ritiro) viene sostituito dal convinto obamiano (e democratico) Panetta, che dalla Cia passa al Segretariato di Stato, sostituito da Petraeus, che dovrebbe così completare la piena occupazione del potere da parte del nuovo Presidente. Resta tuttavia indecisa la funzione del Fbi, che sembra più vicino al Pentagono e ai “vecchi” ambienti tattico-strategici. Si dice, ad esempio, che la faccenda dei documenti Wikileaks sia stata uno “scherzo” dell’Fbi alla Cia, e quindi ad Obama (sempre “un nome”!); ma qui è meglio fermarsi, non avendo riscontri “informativi” tali da esprimere pareri minimamente sicuri. Aggiungo solo che gran parte dei componenti la squadra assassina di Bin Laden è morta in un elicottero abbattuto, si dice, dai talebani (forse qualcuno di questi inizia a collaborare? Lo dico ironicamente, ma non si sa mai con questi film americani dai “terribili effetti speciali”).
Quel che è accaduto dall’inizio del 2011 è ormai ben noto; la nuova tattica (strategia) statunitense – del caos e della liquidità – è in pieno svolgimento. Il terrorismo di Al Qaeda salta qualche volta ancora in evidenza, ma sempre meno; è ormai “indebolito” a causa delle “vittorie” delle bande di “assassini specializzati”, esattamente come prima era forte e pericoloso quando serviva per l’altra tattica. Il fronte islamico è diviso (il solito, ben noto da millenni, divide et impera), Israele è assai meno blandito e vezzeggiato. Soprattutto la mossa in Egitto (dove il “democratico” El Baradei, convinto di essere il leader vincente, pur alzando “alti lai” è pressoché scomparso; al momento, ovviamente, perché questi Usa sono come il “vaso di Pandora”) sembra aver portato acqua al mulino turco, che si è schierato violentemente contro la Siria, è entrato in frizione con Israele, ma anche con l’Iran, per giocarsi il ruolo di principale subpotenza regionale, alleata con i “nuovi” Stati Uniti.
Quanto ai fatti libici, sono di un’ancora più sconvolgente evidenza, oltre a mettere in luce che, quanto a criminalità e menzogna spudorata, l’attuale Amministrazione statunitense non è seconda a nessuno. Bisogna, tuttavia, riconoscerle una certa astuzia e flessibilità nelle operazioni. Utilizza inoltre maggiormente i suoi sicari, offrendo loro qualche “brandello di carne”; si tratta di quelli europei (Francia e Inghilterra in Libia, forse la Germania per portare lo sconquasso in Europa), della Turchia nel sud-est, e via dicendo. La Russia è in difficoltà e mostra debolezza. La Cina è subdola, svolge i suoi giochi, e credo si dedicherà soprattutto ad avvantaggiarsi sui concorrenti Russia e India quale potenza emergente. Il BRIC (o anche BRICS) mi sembra “sfrangiato” (e “sfregiato”) a sufficienza. Se va avanti così, aspettiamoci in pochi anni alcuni tentativi statunitensi di riordino del “giardino di casa” (dove infatti Chavez ha ben capito che cosa può aspettarsi). Comunque, non entriamo adesso in particolari su ciò che è noto, ma ancora in pieno movimento e suscettibile di chissà quanti cambiamenti. Ne riparleremo, seguendo gli avvenimenti “cangianti” come il tempo in primavera. Torniamo invece all’Italia.
3. Gli Stati Uniti sono comunque una nazione. Indubbiamente, avvengono ogni tanto “incresciosi incidenti” del tipo dell’assassinio di Kennedy o del Watergate ai danni di Nixon (per aver seguito le indicazioni strategiche di Kissinger verso Cina e Vietnam, dimostratesi con il tempo piuttosto intelligenti). In genere, tuttavia, le lotte intestine tra fazioni e gruppi di dominanti (con i loro centri strategici e di controllo degli apparati di Stato) non comportano lacerazioni gravi; spesso anzi, come già rilevato, si tratta di oscillazioni del pendolo da una tattica (strategia) all’altra, che talvolta persino si completano vicendevolmente rendendosi complementari. Nella “periferia”, in quelle che possiamo definire asetticamente le aree di influenza “imperiali”, tali lotte possono invece riflettersi con effetti ben più acuti e a volte devastanti. Così accade per l’Italia dal 1992-93, da “mani pulite” in poi.
Non ripeto tutte le tappe del percorso da quegli anni ad oggi poiché ne abbiamo parlato innumerevoli volte in questo blog (e in quello precedente). Ripeto che Berlusconi è stata la risposta “autoimmunitaria” (sbagliata) in un organismo sociale ormai ammalato per l’infezione di quella che si è chiamata “sinistra”. Chiariamo innanzitutto che non è sinistra. Storicamente, quest’ultima è stata sempre formata dalla parte in qualche modo più progressista della “borghesia” (la sua ala riformista) in collaborazione con l’ala “destra” del movimento operaio (o sedicente tale, comunque i partiti con base nei ceti sociali più popolari). L’attuale falsa sinistra italiana è un informe ammasso di gruppi politicanti nati dal rinnegamento generale del comunismo, e da quello più particolare dei settori del partito cattolico e socialista messisi frettolosamente in salvo dall’attacco giudiziario devastante portato per conto degli Usa clintoniani e dei “cotonieri” italiani, quelli da me denominati GFeID (grande finanza e industria decotta, e sempre sussidiata dallo Stato).
La “destra” è un’accozzaglia ancora più confusa e raccogliticcia (in tutta fretta), che ha subito nel tempo processi di decantazione ma senza poter esprimere altro leader che un uomo, lo ripeto, di poco spessore realmente politico (da statista), pompato più dagli avversari – creatori del Mostro, essendo assolutamente incapaci di proporre soluzioni alternative – che dai suoi stessi sostenitori. Tra sinistra e destra reali si sono sviluppate storiche battaglie in merito all’organizzazione politica e sociale (ed economica) nei vari paesi a capitalismo avanzato. Tra sinistra e destra italiane si è svolto invece, dal 1992-93, un confronto privo di qualsiasi definitezza e concretezza – dove, ad es., liberisti e statalisti sono presenti in entrambi gli schieramenti – improntato al più vergognoso scambio di accuse scandalistiche e con il costante uso dell’apparato giudiziario, ormai un cancro nel cancro più complessivo (metastasi) costituito dalla sedicente sinistra.
L’inganno e la menzogna sono stati bipartisan: Berlusconi fascista (figuriamoci un Mussolini che si faceva sputtanare così!), gli altri tutti comunisti con l’appoggio delle “toghe rosse”. Un continuo imbroglio e fraintendimento che è stato incredibilmente assorbito da una popolazione, ormai arrivata al punto più basso della sua storia e che dimostra una incultura politica e un annebbiamento cerebrale totale. Lascio perdere i gruppi politici e intellettuali, del cui abominio questo blog ha trattato spesso. In realtà, comunque, le vicende italiane sono state orientate da quanto avveniva all’estero, in modo del tutto particolare negli Usa, di cui gli organismi dell’Europa sedicente unita sono semplice emanazione. Le nostre alterne vicende riflettono, pur con qualche deformazione e ritardo temporale, quelle delle due “anime” statunitensi (i cui “nomi” sono Bush senior e junior, da una parte, e Clinton e Obama, dall’altra).
L’ultimo atto della cosiddetta “libertà d’azione” berlusconiana (creatasi durante la “lotta al terrorismo”, caratterizzata da una violenta opposizione all’islamismo e da un sostanzialmente pieno appoggio ad Israele) è stato il viaggio, pressoché da solo (un solo accompagnatore), in Russia (mi sembra nell’ottobre del 2009; comunque dell’anno sono sicuro), dove i due “amici” hanno presumibilmente constatato l’impossibilità o di un accordo fra loro o di una effettiva resistenza ad oltranza a quella che probabilmente già sapevano sarebbe stata l’ondata obamiana, scatenatasi poi apertamente quest’anno. Le ragioni non le conosco, così come non sono in grado di conoscere i motivi dell’appoggio di Putin a Medvedev che, all’apparenza, ha creato indebolimento della politica russa (è stato un errore? Oppure una necessità? Momentanea o duratura?). Da quel momento Berlusconi è andato sempre più in ribasso. La statuetta in faccia nel dicembre di quell’anno è stata pressoché sicuramente soltanto casuale. Non casuali gli avvenimenti del 2010: scatenamento ad oltranza dei pedinamenti e intercettazioni, ossessività nell’azione delle Procure, foto in Sardegna come segnale lanciatogli, lo ribadisco, affinché comprendesse a fondo la sua vulnerabilità, ecc.
Del suo salvataggio nel voto del 14 dicembre dell’anno scorso, della sua impossibilità a convocare elezioni anticipate (con sicuro largo successo in quel momento), della sua messa sotto tutela da parte del “Plenipotenziario” di Obama in Italia (vero governatore del paese ridotto a Protettorato), del continuo barcamenarsi con il “teatrino della politica”, tra ritorni e abbandoni, con il progressivo logorio del quadro politico (sedicente tale) dovuto all’impossibilità di sostituirlo subito dato lo stato comatoso dell’accozzaglia di rinnegati chiamata “sinistra”, del crollo rovinoso della politica estera con l’avventura libica, dei sintomi che indicano nuovi tentativi di svendita delle ultime imprese strategiche rimaste, ecc. il blog ha già discusso molto negli ultimi mesi (e ci torneremo comunque ancora e ancora); così come si è detto della fine miseranda, ma prevedibile e da noi prevista da anni, di quello che si voleva radicalismo antimperialista, ancora comunista, ultimo “urlo” della Classe in strenuo combattimento con il Capitale, e altre stronzate varie. Si tratta di miserabili residui del passato divenuti bande di assatanati segugi dei più reazionari ambienti, quelli schierati con Obama, i parassiti e devastatori del nostro paese.
D’altra parte, è solo venuto a maturazione quel processo di totale degenerazione sociale iniziato soprattutto negli anni ’70 del ‘900 con il “compromesso storico”, la “concertazione”, ecc.; processo che ho per sommi capi delineato nel “Panorama storico” (in questo stesso sito e blog, che sarebbe ora di sistemare al fine di rendere disponibili alcuni testi tipo quello appena citato; dato che non si può sempre ripetere tutto). La distorsione della “struttura” sociale prodottasi in quegli anni e protrattasi nel tempo – che gli economicisti vedono solo come gonfiamento del Debito Pubblico, lo spread con i bund tedeschi, la necessità di riequilibrio puramente finanziario (Debito e deficit), che comporterà in realtà svendite di parti decisive del “sistema Italia” e nostra subordinazione sempre più passiva e servile – è esattamente quella che fornisce una certa base di massa (e frange delinquenziali) ai traditori di questo paese, ormai piazzati ai più alti livelli dell’economia e della politica. Da qui si deve ripartire per un’analisi dei mali più decisivi, duraturi, di difficile soluzione.
4. Dobbiamo cercare di non fare catturare troppo la nostra attenzione dalle alterne vicende del premier e delle forze governative, come da quelle dell’opposizione. La questione fondamentale, duri o non duri il governo e/o Berlusconi, è che in questo momento non esistono margini di “libera” manovra italiana, soprattutto sul piano estero. Gli Usa di Obama (con le loro propaggini in Italia che vanno dai “poteri forti” fino a chi siede sul “Colle”, un tipico ex e post-comunista) sono piuttosto flessibili in termini di rapporti con settori islamici (perfino con alcuni considerati vicini ad Al Qaeda), giostrano con una certa abilità (e senza parere, quasi non c’entrassero) tra Israele e Turchia (che oggi fa la voce grossa anche con la UE per far capire quale importante posizione intenderebbe assumere in Medio Oriente); tuttavia, non lasciano margini in Italia. Perfino in progetti specifici, il Southstream, l’Italia (Eni) non entra più a pari capitale con la Russia (Gazprom), perdendo il peso che poteva avere in Europa e che si sarebbe riflesso anche sulla Russia di Putin.
Attualmente l’azienda russa, che pur intelligentemente ha mantenuto il suo 50%, deve trattare con ben tre aziende europee, due delle quali ben controllate dal potere politico nazionale. Mentre quello italiano, nella persona di Berlusconi, vede ridotto e pressoché annullato il suo rilevante ruolo nella fornitura di gas all’Europa. L’indebolimento della forza italiana in sede europea e mondiale avvantaggia i nostri “cotonieri” (Confindustria e grandi banche), i quali si adopereranno per il completamento della svendita dei settori strategici (non semplicemente pubblici, o stolti cultori del pubblico come “interesse generale”, questa favola di tutti gli statalisti, ancora più ideologici dei liberisti della “mano invisibile”) per dividersene le spoglie tra produzione, distribuzione, magari divisione in diverse società con ulteriore indebolimento e conquista (acquisto) da parte di altri paesi europei ed esteri in genere.
Il popolo italiano è all’oscuro di tutte queste mene. Del resto è ormai un popolo a brandelli e, come già detto, caratterizzato da una distorsione “strutturale” prodotta da quello che chiamo cancro con attacco dei principali “linfonodi”. Solo un potere forte, senza più esigenze elettorali, potrebbe dare un colpo decisivo ai ceti sociali inutili e parassitari, base sociale (anche tramite “concertazione”) della GFeID, delle bande industrial-finanziarie antinazionali, interessate solo ai sussidi statali per “fornicare” esclusivamente con lo “straniero”, nella figura degli Usa.
Coloro che fanno ancora finta di difendere i lavoratori (invece solo organizzazioni al servizio dei “cotonieri” italiani e quindi degli Usa di Obama) sono sbiaditi agitatori che coadiuvano il divide et impera: mettono lavoratori dipendenti contro quelli detti autonomi, difendono la pletora di lavoratori pubblici inutili (perché sovrabbondanti) accentuando i problemi finanziari, del Debito Pubblico, ecc. che favoriscono tutte le manovre dei governanti (mascherate da interventi necessitati dall’urgenza) ulteriore fonte di malcontento e di divisioni tra strati e segmenti sociali; favoriscono di fatto i “cotonieri” nelle loro richieste di sussidi, anch’essi fonte di ulteriori squilibri finanziari, nel mentre poi vengono stretti rapporti con il sistema dei predominanti statunitensi e dei loro sicari europei “preferiti”. In ultima analisi, il tutto sfocerà nell’annientamento dei suddetti settori strategici e nella consegna dell’Italia alla cura e al salvataggio del paese da parte degli Usa (e di una UE complice di questi ultimi, così come magari il FMI o altri organismi internazionali controllati dai predominanti). Cosicché avremo di nuovo gli occupanti presi per “salvatori” come avvenne nel 1945, e saremo lo zerbino su cui tutti si puliranno i piedi, noi ringrazianti e con il cappello in mano.
I nostri affossatori interni ci stonano ancora la testa con fascismo e antifascismo, comunismo e anticomunismo, per creare sempre nuove divisioni e impedire a tutti di vedere la realtà. Comunismo e fascismo sono processi storici finiti; e certamente quei residui che ancora si ostinano in nostalgie – siano mascalzoni o solo ingenui non ha rilevanza – sono esiziali perché forniscono argomenti agli imbroglioni e mentitori che giocano alla divisione di settori sociali potenzialmente uniti dallo stesso scatafascio e dal malcontento da questo indotto. Cacciamo questi residui a pedate in culo e diciamo senza mezzi termini: fascismo e comunismo hanno registrato un fallimento storico definitivo. Non è tassativo rinnegare alcunché, non si deve affatto accettare che si tratti solo di fenomeni criminali, è solo necessario avere un po’ di sale in zucca. Vi è però un fenomeno che non è passato, perché storicamente si ripete di tanto in tanto, ora in una zona ora in un’altra. Esistono stati d’eccezione, in cui occorrono mezzi speciali e d’emergenza per governare i processi e renderli funzionali agli interessi della maggioranza della popolazione abitante in una di quelle zone in cui lo stato d’eccezione si è prodotto.
Oggi una di queste zone è l’Italia. Ed è qui che urgerebbe dichiarare lo stato d’emergenza nazionale, che riguarderebbe gli interessi fondamentali di almeno due terzi, anzi tre quarti della popolazione, invece divisa mediante le suddette modalità da chi ci “marcia sopra”. Dobbiamo lasciar da parte discorsi troppo roboanti, che oggi sarebbero solo la foglia di fico dell’inettitudine o dell’aperta mala fede di chi tende a tenerci sotto dominio. Per favore, si bandiscano i paroloni come Patria o Nazione o, ancor peggio, la Classe (il Proletariato, per fortuna, non gode più di “cittadinanza”, almeno mi sembra e spero). Sono il primo, data la mia particolare formazione nel campo delle teorie della società, a ritenere che un lavoro di fondo dovrebbe essere compiuto in merito alla struttura dei rapporti sociali: sia in generale per quanto concerne l’odierna formazione capitalistica (non omogenea dappertutto, anzi l’esatto contrario) sia con specifico riferimento all’Italia, e ai processi storici (risalenti in particolare agli anni ’70 e successivi, con accelerazione dopo il “golpe giudiziario” dei primi anni ’90) che hanno creato da noi le già segnalate gravi “escrescenze” e deformazioni “tumorali”.
Tuttavia, la prima esigenza è quella della formazione in Italia di un polo nazionale, che deve sostanziarsi di un’adeguata analisi della situazione internazionale e, in particolare, delle tattiche/strategie statunitensi attualmente in sviluppo, con creazione di tutto quel caos che vediamo ed in cui tuttavia ci si dovrebbe inserire per meglio galleggiare nel “liquido in ebollizione”. Un simile polo non avrebbe ragione di esistere – nel senso che non avrebbe alcuna incidenza reale – se non fosse dotato degli strumenti tipici di uno stato d’eccezione. D’altronde, nemmeno sarebbe produttivo d’effetti se non riuscisse a stabilire connessioni e legami con altre forze intenzionate nello stesso senso in paesi europei importanti. Siamo ancora lontani dalla maturazione di simili prospettive. Tuttavia, esiste qualche segnale che non tutto è morto. Credo vi siano forze che cominciano a rendersi conto del tunnel in cui ci stanno cacciando. Se ci sono, lasciamole lavorare secondo i loro tempi e senza pretendere che forniscano il destro ai “cotonieri” e ai loro sicari di vario orientamento (nettamente prevalente quello cosiddetto di sinistra) per disperderle.
Noi cominciamo a lavorare “culturalmente” per la costituzione di tale polo e per l’indicazione della sua urgenza. Nel contempo, alcuni gruppi di lavoro, se hanno il mio stesso orientamento, si impegneranno, con tempi diversi, ad analizzare la struttura sociale odierna: capitalistica in genere e italiana in particolare. Per adesso, dobbiamo scontare tempi assai duri e un tendenziale asservimento del nostro paese ai progetti dei predominanti. Tuttavia, se vogliamo avere un qualche risultato almeno nel medio periodo, è indispensabile non sottolineare ossessivamente le differenze “fra noi e loro”; tanto più che oggi è ampiamente indecidibile chi è questo “noi” e chi sono “loro”. Cerchiamo di comprendere che, perfino tra i predominanti, è forse possibile individuare settori che, per i “fatti loro”, creano problemi alle strategie oggi prevalenti. E non dobbiamo avere nemici preconcetti e ormai definitivi. Oggi sarà necessario battere il ferro in una sua parte (che ci sembra “più molle”), domani in un’altra. Manteniamo pure un’analisi di fondo coerente; sapendo però che non possiamo mettere tutti nello stesso mucchio indistinto, sforziamoci invece di capirne le differenziazioni interne. Non sarà un lavoro facile né tanto “digeribile”. Molti bocconi ci resteranno sullo stomaco. Ma se si vuole avere ancora uno stomaco, sarà meglio prepararsi alle “indigestioni” (e non per abbondanza di cibo ingerito).
E abituiamoci all’idea che di idealisti ne incontreremo pochi; anzi, se li incontriamo, allontaniamoli bruscamente come lebbrosi. Diceva all’incirca Brecht: sono tempi in cui perfino parlare d’alberi è un delitto. Se poi qualcuno ci parla dell’Uomo e dei suoi Alti Destini, o dei “poveri diseredati” cui dedicare la nostra pietosa attenzione, o di “eroi” a tutto tondo contro il Golia americano, e altre sparate da retori, invitiamolo a ripassare in altro momento. Abbiamo cose ben più serie da pensare e da dire. Per il momento è tutto, ma è solo l’inizio.