FECE ANCHE COSE BUONE
Siccome lo scrive Galli della Loggia sul Corriere di oggi, non temiamo l’accusa di essere stati noi a vergare questa specie di apologia minore del tempo innominabile, causa psicopolizia antifascista sempre all’erta per quisquiglie fuori corso storico.
E non è vero che il fascismo ci portò in guerra, quest’ultima era inevitabile in Europa, tanto che Churchill considerò i due conflitti mondiali uno solo, con una breve parentesi di pace che sembrava quasi una rincorsa per la resa dei conti definitiva. Il Lungo Conflitto 1914-1945. Erano i rapporti di forza in trasformazione e gli annosi dissidi insoluti tra potenze europee che avrebbero portato all’inevitabile scontro. Certo, si poteva scegliere meglio, la prima volta il cambio di casacca andò bene (dalla Triplice all’Intesa) ma il secondo, a sconfitta conclamata (dall’Asse agli Alleati) fu davvero vergognoso.
Potevamo starne fuori? Se fossimo stati inutili come la Svizzera o meno centrali negli equilibri europei come la Spagna avremmo potuto metterci di lato e stare ad osservare per saltare sul carro del trionfatore, con metodi meno sbracati di quelli messi in scena dalle forze democratiche dopo la caduta di Mussolini.
Il giornalista manca però il vero senso di quel “fece anche cose buone”. Durante il tragico ventennio, al netto di errori madornali come le leggi razziali (che furono introdotte nel ’38, quindi nell’anno XVI dell’Era Fascista, dico sedici e non uno) provammo a non essere servi degli stranieri. Questa è la prima lezione da apprendere e da rilanciare, magari migliorando molto. Il resto sono insegnamenti accessori i quali, tuttavia, al cospetto dei giorni nostri, appaiono come tante piccole rivoluzioni. Adesso, non si costruisce, non si innova e non si riforma, semplicemente si liquida. Perciò abbiamo messo a Capo dell’esecutivo il Grande Liquidatore di quella che una volta si chiamava impresa pubblica.
“..Si può e si deve tranquillamente ammettere che, sì, il fascismo fece anche delle cose buone (e si può aggiungere che sarebbe stata un’impresa davvero strepitosa non riuscirne a fare neppure una nella bellezza di venti anni?). La creazione dell’Iri e
di Cinecittà, la legge bancaria del ’36, la bonifica di centinaia di migliaia di ettari di terreni paludosi, le colonie marine, il rafforzamento di tutte le precedenti forme previdenziali, l’introduzione degli assegni familiari, l’istituzione del liceo classico, furono tutte ottime cose. E anche l’idea che i treni debbano arrivare in orario non è certo in sé da buttar via… Pensare—come sembrano pensare molti democratici — che
il semplice fatto di dire che il fascismo ha fatto «anche delle cose
buone» equivalga ad essere dei criptofascisti, e che una tale opinione diffusa testimoni di un pericolo fascista, pensare ciò implica logicamente due conseguenze entrambe inaccettabili. La prima è l’idea che si può essere antifascisti solo credendo che la storia sia sempre tutta bianca o tutta nera, cioè credendo una cosa che nel novanta per cento dei casi è una palese idiozia, e che pertanto se del fascismo non si ha una visione come del male assoluto, di una sequela ininterrotta di errori e di malefatte (una visione, sia detto tra parentesi, che nessuno storico serio ha mai avuto, ma neppure un grande politico come il già citato Togliatti: si veda il suo celebre «Corso sugli avversari» del 1935), allora vuol dire essere già dalla sua parte”.