FINALMENTE UN (OFFUSCATO) “RAGGIO DI LUCE” di G. La Grassa
Visco ha compiuto atti illegittimi, ma non degli illeciti. Sarebbe mancato il dolo e inoltre i membri della GDF lombarda, che voleva rimuovere, in effetti non lo furono; quindi non subirono danno (un s-ragionamento da manuale). Quanto a D’Alema, la decisione sull’autorizzazione all’uso giudiziario dei suoi colloqui telefonici viene, pilatescamente, scaricata sul Parlamento europeo, poiché egli, all’epoca dei fatti, era europarlamentare. Che adesso, chi presumibilmente – a meno che non si chiarisca il senso di certe sue frasi – intrallazzava con Consorte per le ben note vicende bancarie sia addirittura Ministro degli Esteri italiano, non conta un fico secco.
Personalmente, non sono favorevole alla liquidazione giudiziaria di chi dovrebbe invece esserlo politicamente. I due fatterelli, messi insieme, mi interessano soltanto perché dimostrano qual è il concetto di giustizia che ha la magistratura (a maggioranza di sinistra) e quale concetto di democrazia ha la sinistra parlamentare italiana. Anche in tal caso, non vorrei mi si fraintendesse: la sinistra ha della democrazia lo stesso rispetto che ne ho io. Solo che il sottoscritto lo dichiara con sincerità; la sinistra è invece un unico grande ammasso di ipocriti, e da chi è ipocrita si possono aspettare i peggiori misfatti che un uomo possa commettere. Gli ipocriti meritano lo stesso rispetto della democrazia di cui si sciacquano la bocca; per cui, quando la resa dei conti arriverà, la sinistra avrà solo quello che si merita, pur se trascinerà alla rovina anche coloro che ancora credono di poter fare dell’anticapitalismo (addirittura del comunismo) continuando – esattamente come nel 1933 in Germania – a traccheggiare con questa gentaglia; e finiremo tutti nel baratro come allora.
Una riprova di quanto appena detto si è avuta con le – non so se definirle spudorate o sincere – dichiarazioni di Mieli a Ballarò dell’altra sera (di cui parla G.P appena qui sotto). Egli ha ammesso, in modo che più chiaro non si può, che “l’infarto” provocato al sistema politico italiano quindici anni fa fu orientato da quei “poteri forti”, di cui Il Corriere è il portavoce autentico (anche se solo ufficioso), con però tutt’intorno gli altri organi di stampa: Repubblica, La Stampa, Il Sole24ore, ecc. Si è solo dimenticato di dire che il vertice della “Cupola” si trovava in certi ambienti imperialistici americani, decisi ad affidare le sorti del governo italiano ai rinnegati del comunismo che, proprio in virtù di tale rinnegamento, erano facilmente ricattabili e garantivano una docile manovrabilità, ancor superiore a quella del regime che aveva guidato il paese fino ad allora.
Sotto il vertice americano (sui cui maneggi ci ha detto cose interessanti, a mezza bocca, Cossiga: e nessuno gli ha mai chiesto di chiarire quanto rivelato “a metà”) funzionava il solito establishment italiano (la GFeID) comandato da quella “famiglia Fiat”, che già negli anni ’20 credeva di poter erigere – tramite una sorta di “centrosinistra” ante litteram con Giolitti e Turati – un “regime tutto suo”, ma dovette registrare un pieno insuccesso (ben documentato dalla foto del duo Agnelli-Valletta in camicia nera); che mantenne sempre contatti con il mondo anglosassone e fu rapida a cambiare casacca e a divenire “badogliana” alla prima grave sconfitta del fascismo; che fu continuamente favorita dal nuovo regime “democratico” (cristiano), con però latenti ostilità (si pensi allo scontro Craxi-Agnelli, ai “flirt” sulla scala mobile tra quest’ultimo e la CGIL, ecc.); che ritentò appunto nel 1992 con gli ex-PCI (e magistrati e ceto intellettuale conniventi), fallendo nuovamente l’obiettivo a causa di quel rompiballe di Berlusconi; e che adesso vorrebbe ritentare con nuove ondate di giustizialismo e di populismo ben alimentate da una preliminare campagna polemica (che senza dubbio “affonda il coltello nel burro”) contro “la Casta”. La non troppo celata alleanza tra Grillo e Di Pietro dovrebbe essere il nuovo “grimaldello” per scassare tutto, provocando poi un riflesso d’ordine che dovrebbe essere assunto dal PD a guida veltroniana, dietro al quale stanno appunto la GFeID e il “Trio Infernale”. Facciamo una scommessa che questi “furboni” – parassiti e mignatte – falliranno per l’ennesima volta?
Solo che, di tentativo in tentativo, ci si avvia al dissesto del paese. Mieli evocava l’altra sera il 1992; stia attento a non scambiare un due per un nove e che non si torni invece al 1922. I “datori di lavoro” suoi (e dei vari editorialisti, sociologi, politogi, economisti “insigni” quanto terribilmente insipidi e opportunisti fino al midollo) potrebbero trovarsi nella necessità di indossare qualche altra camicia di qualche altro colore.
Non possiamo però sempre “sperare” in Berlusconi. Se qualcuno di noi si desse una mossa, non sarebbe male. Tuttavia, il pessimismo mi sembra d’obbligo, almeno fino ad ora. Ricordo bene – quando Preve ed io, nel Teatro dell’assurdo (fine 1994), scrivemmo con ben maggior precisione e dovizia di analisi quanto ha rivelato, gettando la maschera, Mieli l’altra sera – i “compagni”, anche di “estrema sinistra”, che ci criticavano perché “persi” dietro ai magistrati e ad un giustizialismo che facevano gli esclusivi interessi della parte di gran lunga peggiore del capitalismo italiano (al seguito di quello USA). Questi “compagni” continuano a cianciare, come tanti allocchi, sull’antifascismo, altri sul conflitto capitale/lavoro, altri sulla difesa della Costituzione “democratica”; e altre “quisquilie e pinzillacchere” del genere, mentre si approssima la “lezione” che molti si meritano. O sono sciocchi e incoscienti o venduti e furfantelli. Non scenderò alla volgarità di Grillo; invito semplicemente questi “compagni” a voler valutare attentamente se preferiscono avere come padroni i padroni di Mieli, oppure “sputare la mela avvelenata” onde svegliarsi e rimboccarsi le maniche. L’ora della scelta si approssima: o con la sinistra – e quindi con la GFeID (e i vari Mieli del caso) che l’alimentano e la comandano – o contro di essa per tagliare le unghie ai “rapinatori” del popolo italiano.
Riporto quanto scrisse un sicuro antifascista come Salvemini nel 1923: “Se Mussolini arriverà a spazzare via queste vecchie mummie e canaglie, avrà fatto opera utile al paese. Dopo che lui abbia compiuto questo lavoro di spazzature, verranno avanti uomini nuovi, che spazzeranno lui [ma ci vollero vent’anni ed eventi “speciali”; nota mia]……Se Mussolini venisse a morire, e avessimo un ministero Turati, ritorneremmo pari pari all’antico. Motivo per cui bisogna augurarsi che Mussolini goda di una salute di ferro, fino a quando non muoiano tutti i Turati, e non si faccia avanti una nuova generazione liberatasi dalle superstizioni antiche”.
Non so immaginare parole più moderne e attuali. Con la stessa modernità, dovremmo riprendere certe analisi gramsciane (di quell’epoca, non semplicemente le riflessioni contenute nei Quaderni); in particolare, mi sembrerebbe utile sottoporre all’attenzione più meditata le Tesi di Lione, naturalmente sapendo che l’Italia da paese agrario-industriale è passata, negli anni ‘60 e successivi, alla fase industriale-agraria e, oggi, direi a quella terziario (alcuni dicono anche quaternario)-industriale. Tuttavia, certe intuizioni del “Nostro” – ben corroborate da precise valutazioni d’epoca – ci servono ancora da indirizzo, da orientamento. Parliamo meno dei “massimi sistemi” (pure di quelli, ma in netto subordine); entriamo nel vivo della fase, anche teoricamente ma aguzzando la teoria e dirigendone “la punta” – come fosse quella di un compasso – a tracciare le linee di mappatura della formazione sociale attuale (italiana e globale).