Finmeccanica cacciata dall’India
I marò sono rientrati a Roma. Sono innocenti ed è bene che, in qualche modo, la loro odissea si sia conclusa. I fucilieri del Battaglione san Marco, che prestavano servizio su un mercantile italiano, per difenderlo da eventuali attacchi di pirateria, non hanno ucciso nessuno. Non sono degli assassini ma nemmeno degli eroi. Sono soltanto due lavoratori sfortunatissimi finiti in una disputa internazionale tra Paesi che avevano un conto in sospeso. C’entrano alcune stecche sugli appalti per la fornitura di armamenti, da parte di Finmeccanica agli indiani, che sono finite nelle mani sbagliate. Probabilmente, non è solo una questione di soldi. Forse, non sono stati rispettati degli interessi emergenti o non sono stati capiti degli equilibri essenziali. Può darsi che siano stati ignorati i gruppi in ascesa di quella particolare fase, per favorirne altri con (ormai) minor peso politico. Oppure, ancora, sono state tentate delle ingerenze negli affari indiani che si sono ritorte contro di noi. Sono ipotesi. Comunque siano andati i fatti, chi ha gestito la cosa lo ha fatto malissimo. I vertici dell’impresa o gli elementi degli apparati statali che si occupano di queste situazioni all’estero hanno commesso dei passi falsi. Per certi business bisogna ungere le ruote, lo sappiamo, ma occorre farlo con oculatezza e tenendo presenti i rapporti di forza interni al contesto in cui si opera. Se non si toccano le corde esatte o se non si pigiano i bottoni giusti si rischia di combinare dei guai. Grossi guai. Con tanto di figure barbine diplomatiche che vanno a ingarbugliare la dinamica degli eventi. Infatti, abbiamo assistito allo spettacolo penoso di ministri ed ambasciatori che si arrampicavano sugli specchi, senza cavare un ragno dal buco, e a quello, altrettanto poco edificante, dei poveri marò trattati come pacchi postali e quasi rinnegati nello svolgimento delle loro funzioni dagli organi politici nazionali. Che Paese è quello incapace di tutelare le sue aziende strategiche sui mercati stranieri e di abbandonare i suoi militari alla (in)giustizia lontano da casa? Un posto di merda. Insomma, l’Italia. Mica siamo gli Usa che pure di fronte alle stragi di civili (vedi Cermis) rimpatriano i loro uomini, assolvendoli senza ritegno e rispetto per le vittime. Ora che il caso sembra essersi chiuso arriva il conto salatissimo di tutta la sceneggiata.
Come riporta Il Giornale: ‘Il governo indiano ha cancellato tutte le gare d’appalto nel campo della Difesa vinte da Finmeccanica, nell’ambito dell’inchiesta per corruzione che aveva coinvolto la controllata Agusta Westland nel subcontinente. Lo ha dichiarato all’agenzia Pti il ministro della Difesa di Nuova Delhi, Manohar Parrikar, il quale ha annunciato che è già in corso il processo per inserire l’azienda italiana nella “lista nera“. La manutenzione annuale o l’importazione di componenti di beni già acquistati, ha aggiunto il ministro, andranno avanti. “Finmeccanica è stata bandita dal partecipare agli approvvigionamenti della difesa. Non posso proibirle di fare altro se lo desidera”, ha aggiunto Parrikar lasciandosi andare all’ironia: “Nel campo della difesa non compriamo materiale da alcuni Paesi per motivi di sicurezza ma ciò non impedisce a quei paesi di vendere smart phone in India”. “Ovunque ci siano commesse assegnate a Finmeccanica e alle sue sussidiarie, tutte le richieste di proposta saranno chiuse”, ha detto ancora il ministro, “sono molto chiaro”. Parrikar ha inoltre spiegato che il governo ha trovato un fornitore alternativo per i siluri che erano stati commissionati a Wass, una divisione di Finmeccanica. Nei giorni scorsi era già emerso che New Delhi avrebbe cancellato il contratto da 300 milioni per i siluri forniti alla sua Marina dalla società Wass, controllata di Leonardo-Finmeccanica’.