FINMECCANICA: CI STANNO SEGANDO LE GAMBE
Nel sistema capitalistico la realtà ha sempre un doppio livello, qualcosa che sta davanti in bella mostra e qualcosa d’invisibile che scivola perennemente sottotraccia. Per questo l’ineguaglianza di fatto appare in superficie come uguaglianza di diritto, il rapporto di forza disequilibrato e sbilanciato come scambio proporzionato tra soggetti consenzienti, la sopraffazione e la prepotenza come nesso di reciprocità normalizzato e contrattualizzato. Chi si ferma alla superficie vede un mondo dove vigono le regole, la tensione asintotica alla giustizia, il libero arbitrio dei contraenti, le forme di coinvolgimento e di partecipazione della società civile che influenzerebbe, con le proprie istanze, il processo democratico. Chi, invece, va oltre la cornice predefinita del contesto comunemente accettato, penetra la dura crosta delle immagini dell’esistenza, tenta di districare l’imbroglio metafisico della merce e del denaro, suo duplicato necessario, e le proiezioni della legisimilità fenomenica sociale vede dipanarsi al di sotto di tutto ciò un fitto intrico di conflitti, tra uomini, corpi, gruppi, classi, istituzioni, paesi ed aree aggregative di Stati e di popoli. Secondo l’economista Gianfranco La Grassa il flusso conflittuale è quel che sta alla base del capitalismo, anzi il capitalismo stesso è precisamente questo flusso che si dirama in maniera microreticolare precipitando in macroapparati “economici come le imprese o politici e ideologici come Stato, partiti, sindacati, lobbies, associazioni, scuola, media, ecc.” all’interno delle diverse formazioni particolari; sia di queste ultime, trattate nella loro interezza di aree, paesi, ecc. nell’ambito di quella globale o mondiale”.(G. La Grassa, Il Generale e lo specifico; Gianni Petrosillo, Una teoria delle formazioni sociali capitalistiche). Compito dello scienziato è dunque di (di)mostrare quello che non è immediatamente percepibile con i sensi o di svelare ciò che ad una prima percezione sembra noto e arcinoto ma non lo è (non a caso, sosteneva Hegel, che “il noto non è conosciuto”), ovvero il suo dovere intellettuale è di cogliere l’essenza dietro l’apparenza fenomenica, come direbbe Karl Marx. Compito dell’ideologo, del propagandista, del sacerdote di regime è, invece, di coprire tutto con la grande narrazione, la giustificazione, la mistificazione palese e il raddoppiamento fantasioso. Per questo lo scienziato viene quasi sempre deriso ed emarginato sulla faccia della terra mentre l’imbonitore rassicurante ed assicurato alla premiata ditta dei poteri dominanti viene ben retribuito e riverito. Mi scuserete per il volo pindarico e grossolano dal generale al particolare ma non c’è nulla di meglio di un esempio concreto ed attuale per verificare quanto appena sostenuto. Prendiamo il recente scandalo Finmeccanica. In primo luogo, si tratta davvero di uno scandalo? Non direi punto, in quanto il nostro player dell’aerospaziale opera in un settore fortemente influenzato dalla politica e dalle scelte strategiche degli Stati, ancor prima che dalle leggi della domanda e dell’offerta. Se ci si attiene alla mano invisibile del mercato e ai suoi eterei ed eterni codici regolativi i vertici del gruppo di Montegrappa si sono comportati disonestamente corrompendo manager, passando tangenti sottobanco, creando fondi neri, promettendo il dovuto ma, soprattutto, il non dovuto a mediatori, affaristi e lestofanti, tanto in casa che all’estero. Messe così le cose sarebbero ovviamente tutti da mandare in galera ma non siamo nel Paese di Alice dove le meraviglie prendono il posto delle bassezze e delle scorrettezze. Come pensate che agiscano i competitors di Finmeccanica nei loro paesi d’origine ed in quelli di penetrazione? Ve lo diciamo noi senza timore di smentita: nella stessa maniera, se non peggio. La differenza è che qui da noi lo Stato si autoprocessa e si evira mentre in altri luoghi si mescola sapientemente l’anima al fango, pur di emergere e primeggiare economicamente e politicamente. E’ una battaglia senza esclusione di colpi dove non ci sono precetti, l’unica norma non scritta è quella per cui nulla deve trapelare e nulla deve sapere la pubblica opinione di quel che si combina e si ordisce per il bene dello Stato e la prosperità dei cittadini. Quando, invece, una nazione è debole e succube dei suoi nemici si fa mettere alle corde e si fa portare sul banco degli imputati per essere giudicata parzialmente e condannata senza attenuanti. Anche qui l’ordine delle situazioni deve essere invertito per capirci qualcosa. Finmeccanica è sotto osservazione non perché ha trasgredito alle regole ma perché chi applica quest’ultime è più protetto e spalleggiato di Finmeccanica. Questo sta capitando al Belpaese col capo chino e l’orgoglio sotto i tacchi, all’indomani dell’abdicazione del governo e del parlamento alle loro funzioni decisionali e legislative, cominciata ben prima che s’insediasse il fantomatico esecutivo tecnico. Quest’ultimo infligge solo il colpo di grazia all’animale ferito e stordito. Se lo Stato non è in grado di difendere i suoi gioielli industriali, finisce presto in mutande. Ma chi ha deciso di svestire il paese, con la complicità della sua classe dirigente nuda e scostumata, non si accontenterà di ridicolizzare le nostre membra scoperte. Il suo scopo è di amputarci gli arti per impedirci di camminare. Noi ci siamo segati il ramo da sotto i piedi, i nostri detrattori sono pronti adesso a segarci direttamente le gambe. In politica l’ultima cosa da fare è porgere l’altra guancia, figuriamoci cosa può accadere porgendo addirittura il sedere.