Forse e’ bene dire una parola chiara
Mi perdonerà Fabio Fino, ma ricordavo di aver sentito il suo nome senza tuttavia, in un primo momento, rammentare più perché e dove; dopo mi sono sovvenuto. L’intervento che ha fatto, preso pezzo per pezzo, è largamente condivisibile: nel giudizio su Bertinotti, su Veltroni, sui girotondini e via dicendo. In un certo senso, potrei dire che ogni affermazione è “in sé” giusta (dal mio punto di vista, ovviamente). Tuttavia, resto egualmente perplesso circa il contesto in cui viene sviluppata l’argomentazione per quanto, lo ripeto, nient’affatto sragionante. Leggendo, mi è sembrato di tornare indietro di alcuni anni, perché ho avvertito – può essere che mi sbagli ma questa è la mia sensazione – la presenza di un’ottica pur sempre rifondativa di pezzi di sinistra ancora “comunista” (in realtà piciista poiché, per me, i comunisti non esistono più da alcuni decenni).
Secondo me, ci sono alcuni punti qualificanti di non ritorno, che desidererei esplicitare proprio perché l’autore del pezzo è comunque in tutta evidenza una persona intelligente. Intanto, il comunismo – quello che lo fu seriamente – non ha nulla a che vedere con la sinistra, corrente politica dell’organizzazione sociale dominante, quella che assicura la riproduzione sistemica della struttura capitalistica dei rapporti sociali. In certi casi, la sinistra è stata – o quanto meno avrebbe dovuto essere, e il fatto che non lo fu come accadde negli anni trenta con i Fronti popolari, ha avuto la sua rilevanza nella débacle del comunismo in tutto l’occidente capitalistico – il nemico principale dei comunisti, che furono perseguitati da essa e anche massacrati (ci si ricordi degli “spartachisti” tedeschi).
La sinistra italiana è poi particolarmente verminosa e laida rispetto alle socialdemocrazie dei paesi nordici, tedesca, inglese, ecc., che hanno comunque attraversato lunghi ed elaborati percorsi storici. La nostra sinistra attuale, invece, è costituita per tre quarti di ex piciisti che hanno rinnegato perfino il loro “buco del culo”, senza mai essere passati per un minimo di autoriflessione critica sulla propria storia: sono stati “miracolati” (dal crollo del socialismo reale) grazie a colloqui segreti e accordi con gli americani e con la nostra Confindustria (e quella che chiamo GFeID), che li portarono al potere tramite quella ben studiata e preparata campagna detta “mani pulite”, fatta scattare appunto dopo il suddetto crollo, ben calcolando tempi e modi (salvo il fatto che Berlusconi avrebbe rovinato il “gioco”). L’altro quarto della sinistra è un cattolicesimo fondamentalista, anch’esso graziato da “mani pulite” purché accettasse di fare da spalla ai rinnegati del piciismo.
Questa accolita di squallidi personaggi politici, serva preferita della GFeID (e dunque degli americani), ha devastato il paese in lungo e in largo, favorita dalla sinistra detta “estrema” che ha avuto, con tutte le sue convulsioni rifondative ed “estremistiche”, l’importante funzione di copertura nei confronti dei ceti sottoposti a più intenso “sfruttamento”, instradando la loro “opposizione” in continui cul de sac, che hanno portato al suo soffocamento, all’inedia di molti potenziali oppositori, costretti a seguire i banditi rifondaroli, verdi, pidicisti, ecc. e a subire l’egemonia del cosiddetto Movimento, autentico lumpenproletariat dell’epoca della “opulenza capitalistica”, una massa di figli di papà in vena di unirsi ad autentici disadattati e anche criminali; tutti insieme hanno scorazzato e messo a soqquadro periodicamente non solo le nostre città, ma il nostro ambiente sociale.
Questa sinistra italiana non s’ha da rifondare, ma da seppellire, da “infoibare”. Continuare a starci in mezzo per “ricostruirla” è il classico perseverare che è diabolico e non più umano come l’errore. Bisogna chiudere con la sinistra – e riconoscere che il comunismo è finito alcuni decenni fa – e ripartire ex novo. Nessuno è in grado di dire oggi che cosa si deve fare; se lo sapessimo, sarebbe già iniziata una nuova epoca, ma non è così. Tuttavia, intanto chiudiamo la vecchia e definitivamente. Per questo, invito Fabio a voler collaborare più attivamente con il blog e a partecipare, quando potremo farlo, all’incontro collettivo che dovrà concludere il primo periodo di preparazione, durato circa due anni e mezzo (finora), per fissare alcune linee direttrici di ricerca. Voltiamo pagina, ormai siamo perfino fuori tempo massimo.
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