GLI AMERICANI NON CEDERANNO DI UN PASSO


Intervista a Nico Perrone, professore della facoltà di Scienze Politiche di Bari, saggista e giornalista, esperto di questioni internazionali (a cura di Gianni Petrosillo)
G.P. Ultimamente c’è stato un ritorno di “fiamma” dei media nazionali che hanno ricordato le grandi iniziative di Enrico Mattei, quando costui sedeva alla presidenza dell’ENI. A lui sono stati dedicati degli speciali e persino una fiction, trasmessa dalla televisione di Stato, che non ha lesinato sui particolari agiografici della sua vita. E’ evidente che la figura di Mattei sta tornando “di moda” in virtù degli attriti sullo scacchiere eurasiatico generati dagli importanti accordi che il colosso energetico italiano va concludendo con paesi non graditi a Washington. Non è da escludersi che i vertici dell’Eni (appoggiati da quei settori politici dell’establishment più propensi a rafforzare le imprese di punta del nostro tessuto industriale) stiano ricercando la simpatia dell’opinione pubblica per parare gli attacchi di chi, invece, non vede di buon occhio il “protagonismo” dell’azienda italiana. Cosa ne pensa?
N.P. La mia risposta è che il protagonismo dell’Italia, nella politica estera e nella politica energetica, non è stato mai gradito. Il risultato è che quel protagonismo non esiste più. Nella politica estera siamo rientrati nella stretta osservanza atlantica, salvo qualche capriccio passeggero. Nella politica energetica abbiamo tolto il disturbo in modo più radicale: cedendo – per iniziativa del governo di Romano Prodi – la maggioranza azionaria dell’ENI. Se il management dell’Eni non ha ancora preso atto di queste cose, bisognerà solo attendere e vedremo che si allineerà: perché ci sono i mezzi per ottenerlo.
G.P. L’ex presidente dell’Eni si serviva della sua creatura industriale per sviluppare una politica estera che facesse entrare l’Italia (e dalla porta principale) nel circuito delle nazioni che contano. Qualcuno ha anche riferito che Mattei avrebbe detto esplicitamente di voler portare l’Italia fuori dalla Nato per metterla alla testa dei paesi non allineati. E’ verosimile tutto ciò?
N.P. Delle iniziative politiche di Mattei ce ne sono state. Mattei influiva sul
partito di governo, la Democrazia Cristiana e riusciva perciò a spostare lo
stesso governo sulle sue posizioni. Questo fino alla vigilia della sua morte. Poi
avrebbe dovuto incontrarsi col presidente degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy e forse le cose sarebbero cambiate. Resta il “se”, perché il rogo del suo aeroplano avvenne prima e quindi non si possono ipotizzare sviluppi che non poterono esserci.
G.P. I vertici di Gazprom e della stessa Eni hanno dichiarato che i progetti South Stream e North Stream, con i quali l’Europa si attaccherà ai rubinetti russi, sono l’unica alternativa valida per dare ai paesi dell’UE gli approvvigionamenti di cui abbisognano. Nel frattempo però ad Ankara i 5 paesi di transito (Ungheria, Turchia, Austria, Bulgaria e Romania) del Nabucco – il progetto alternativo dietro il quale ci sono gli americani – hanno firmato i primi accordi con i quali sono ufficialmente partiti i lavori per la costruzione di 3300 km di condutture che bypasseranno Ucraina e Russia. A questo punto, appare evidente che la vera partita strategica si giocherà su altri tavoli, quella della politica. Quali scenari si prefigura? Come reagirà la Russia?
N.P. Nel punto 3 del questionario ci sono alcuni elementi che portano all’oggi. Il punto resta quello dell’egemonia americana, pressoché assoluta, rispetto ad altre alternative. Berlusconi, in questo business, ha avvicinato l’Italia alla Russia. Questo non è gradito alla strategia internazionale degli Stati Uniti e neppure ad alcuni interessi economici americani. Dunque è prevedibile che Berlusconi, per non compromettere il gioco politico-diplomatico maggiore che tradizionalmente lega l’Italia agli Stati Uniti, dovrà fare un passo indietro.
G.P. Obama è volato a Mosca per incontrare il presidente Medvedev con il quale ha siglato un accordo preliminare finalizzato alla riduzione degli arsenali nucleari dei loro rispettivi Paesi. Il presidente americano si è detto pronto a dialogare alla pari con i partner russi dimostrando, almeno nelle parole, di voler invertire la politica aggressiva del suo predecessore. Si tratta di finzione o di vere aperture? E come si conciliano queste aperture con le innumerevoli esercitazioni militari che la Nato continua a condurre nelle zone dell’estero prossimo russo (nel maggio scorso in Georgia) e con l’ultima provocazione nella Lapponia svedese, dove per 10 giorni sono stati impegnati 2000 soldati, una portaerei e 50 caccia, per esercitazioni belliche nei circostanti e disputati territori artici?
N.P. La domanda contiene già la risposta. Il punto è infatti chi deve essere protagonista del dialogo con Mosca. Obama ha ribadito che protagonista diretto dev’essere Washington. Quindi gli altri – il discorso vale per l’Italia, e non solo – debbono mettersi da parte. Berlusconi deve averlo capito, e prevedibilmente sarà più allineato, mantenendo le sue iniziative con la Russia al solo campo di affari che non disturbi la strategia politica americana. Quanto a quelle esercitazioni, direi che dev’essersi trattato di semplici punture di spillo, come ce ne sono tante volte fra le potenze.