Gli Stati Uniti Sauditi d’Europa

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Il maldestro tentativo dei media occidentali di difendere Joe Biden, dopo il feccia a feccia (non sono Lino Banfi sono loro che fanno schifo) con Trump dice tutto sul livello di libertà di espressione delle nostre fantomatiche società aperte. Un rimbambito pericoloso e un pericoloso rimbambito si stanno disputando la leadership della Prima Potenza mondiale il cui progressivo declino non può più essere nascosto da commentatori che aprono bocca o toccano penna solo per ricoprirsi di ridicolo con una bassa propaganda da fine dell’impero.
Tra il democratico scemo e il Repubblicano pazzo non c’è già più partita e noi tutti possiamo tirare un momentaneo sospiro di sollievo, è sempre meglio come interlocutore un matto autosufficiente di un rincoglionito con accompagnamento. Non stanno meglio NATO e Unione Europea, giustamente sbertucciate dal Vicepresidente russo Medvedev che ha descritto i non leader del vecchio continente per quello che sono realmente contrariamente alla nostra narrazione ufficiale che invece definendoli leader li descrive per quello che non sono. Per quanto riguarda l’Italia possiamo dire che continua a non contare nulla in questa Europa che non conta niente. Se l’Ue è zero, siamo meno di zero ma è comunque qualcosa se l’alternativa è quella di strisciare ai piedi dell’aringa secca (cit. di Medvedev) von der Leyen, di Rutte 666, il nuovo diavolo di guerra dell’alleanza atlantica e di Kallas, che investiva in rubli in Russia mentre abbatteva monumenti sovietici in patria. A proposito, Renzi è diventato consulente del Tony Blair Institute. Quest’ultimo senza Istituto si era distinto per le menzogne dette sull’Iraq che costarono la vita a mezzo milione di persone nel 2003. Bin Renzian si trova a suo agio tra bugiardi e rottamatori di esseri umani. È uno di quelli che vuole gli Stati Uniti d’Europa sul modello Arabia Saudita. È il nostro Zelensky che non ce l’ha fatta. Almeno per ora ma non si sa mai. Da comico a killer è un attimo.

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Sulla violenza

La violenza è sempre da condannare? Punti di vista. La violenza è un mezzo del potere, è strumento per il potere. Non può essere obliterata dalla condanna morale o dal sentimentalismo dei pacifinti. Tutti sono pacifinti a seconda delle convenienze perché si può invocare la pace per non cambiare la situazione, trovandosi in una posizione di forza, si può invocare la pace per non essere schiacciati, trovandosi in una posizione di debolezza. Certamente, ci sono singoli gruppi e individui che invocano la pace perché la sentono nel cuore, ma questi sono destinati all’inessenzialità nella inevitabilità della lotta oppure a essere manipolati dalle parti in causa nella loro battaglia per la preminenza.

Ecco quanto afferma Pareto:

« Il problema se si debba o no, se giovi o no usare la forza nella società non ha senso, poiché la forza si usa tanto da parte di chi vuole conservare certe uniformità quanto da parte di chi vuole trasgredirle, e la violenza di questi si oppone, contrasta alla violenza di quelli. Invero, chi è favorevole alla classe governante se dice di riprovare l’uso della forza in realtà riprova l’uso della forza da parte dei dissidenti che voglionsi sottrarre alla regola dell’uniformità; se dice di approvare l’uso della forza, in realtà approva l’uso che ne fanno le autorità per costringere i dissidenti all’uniformità. Viceversa, chi è favorevole alla classe governata se dice di riprovare l’uso della forza nella società in realtà riprova l’uso della forza da parte delle autorità sociali, per costringere i dissidenti all’uniformità; e se invece loda l’uso della forza, in realtà intende l’uso della forza da parte di coloro che vogliono sottrarsi a certe uniformità sociali »… [Questo è un lato della questione. Ma, per giunta, l’argomento può essere portato piú lontano, e diretto contro l’uso della forza in qualunque senso] « È propriamente una contesa tra l’astuzia e la forza e per decidere nel senso che mai, in nessun caso sia pure eccezionale, è utile opporre la forza all’astuzia, sarebbe necessario dimostrare. che sempre, senza alcuna eccezione, l’uso di questa è piú utile

(I) L’analisi qui esposta con riferimento alle relazioni interne potrebbe essere sostenuta anche per le relazioni internazionali. Il pacifismo, come è difeso dalle potenze dominanti, significa un rinnegamento di forza diretto contro lo status quo internazionale, ed un’approvazione della forza nel sostenimento di quello status quo. Pacifismo ha un significato esattamente contrario quando è difeso dalle nazioni meno favorite. Nell’ultimo caso, è un metodo di attacco illogico dello status quo internazionale, che non contraddice ma completa la violenza dei “nullatenenti” (nota di Burnham).

Come si può capire la violenza è connessa al potere. Per mantenere o togliere a qualcuno il potere, l’uso della violenza è necessario. Questo non significa che nella lotta per il potere tutto si risolve con la violenza perché anche l’astuzia gioca una parte fondamentale, soprattutto quando i rapporti di forza lo richiedano. Le qualità della Golpe e del Lione devono trovarsi riunite nei contendenti e vanno usate a seconda delle circostanze e degli obiettivi perseguiti.

Chi detiene il potere depreca sempre ogni violenza perché ne detiene il monopolio e la utilizza a suo piacimento per schiacciare i nemici. Si fa violenza contro manifestanti che scioperano, si mandano armi all’Ucraina, per esempio. Questi bellimbusti però condannano ogni violenza quando si avvicina al loro culo o ai gangli del loro dominio. Anche chi si trova in momentaneo svantaggio può biasimare la violenza ma trattasi appunto di opportunità sfavorevole. E così nella società nasce e cresce il pregiudizio che la violenza sia sempre da combattere ma il combattimento prima o poi sfocia sempre nella violenza più brutale. È un fatto oggettivo che nessun mascheramento ideologico o emotivo può mutare.