GLI “ZAR” ILLUMINATI di G.P.

 

Nel discorso tenuto a Berlino, durante la sua visita del 5 giugno scorso, il presidente russo Medvedev ha tracciato, a grandi linee, la politica internazionale che il suo paese intende seguire per avvicinarsi maggiormente all’Europa. Si tratta di un’apertura importante che non tralascia però di rimarcare quanto, ancora oggi, vi sia un’assenza di reciprocità nelle relazioni Russia-Ue, a causa di ataviche resistenze e di nuove forme di soggezione (politica, economica, culturale) che impediscono agli europei di confrontarsi liberamente con la principale potenza dell’Est. In questo caso Medvedev non nomina gli Stati Uniti ma il suo riferimento ai tentativi di screditare l’operato dei governi russi con l’ideologia dei diritti umani o con le accuse di antidemocraticità, esercitando una cattiva influenza sull’opinione pubblica del vecchio continente, è un chiaro rinvio all’azione corrosiva messa in atto dall’antagonista d’oltreatlantico in tutti questi anni.

Su ciò Medvedev è molto preciso, la Russia non prenderà lezioni da chicchessia, anche perché il governo del suo paese sta ampiamente dimostrando di sapersi allineare agli standard consolidati degli altri sistemi democratici, nonostante la denigratrice propaganda occidentale che dipinge a tinte fosche lo stato delle libertà civili in Russia.

Medvedev tocca nel suo discorso le corde giuste e mette in risalto l’identità di valori tra Russia ed Europa (che si esprime anche nelle basi giuridiche del diritto, il suo campo professionale), nonché il fatto che entrambe si siano "svezzate" in una comune “culla” culturale. Medvedev parla esplicitamente del grande patrimonio delle civiltà europee che deve divenire il sostrato principale sul quale fortificare i legami tra le entità statuali eurasiatiche. L’asse sul quale ricostruire un’Europa più forte e indipendente, non più tenuta al guinzaglio dagli Stati Uniti, è quello Mosca-Berlino-Parigi, vero contraltare ad un atlantismo fuori corso, completamente sbilanciato sugli interessi geopolitici degli Usa. Tuttavia, restano ancora da risolvere grandi problemi che Medvedev mette sul piatto della storia senza troppe riserve. Nei confronti della Russia, l’Europa continua ad adottare un atteggiamento discriminante, tanto dal punto di vista politico che da quello economico. Già Putin aveva fatto campeggiare questo aspetto nella sua intervista a Le Monde, pubblicata sul blog qualche giorno fa.

Per esempio, le grandi imprese energetiche russe aprono la propria struttura organizzativa ai partner europei, permettono ai giganti industriali francesi, italiani, tedeschi di entrare nel loro capitale con investimenti molto redditizi, mentre lo stesso non accade con le imprese russe che si affacciano sul vecchio continente. Qui le resistenze dei governi europei si fanno più forti e si grida all’invasione dei cosacchi o delle orde “mongole” pur di respingere gli imprenditori che vengono dall’Est. Non è, sicuramente, su queste basi di unilateralità che si potranno instaurare rapporti di amicizia e di fattiva collaborazione. Anzi, la situazione potrebbe presto peggiorare se l’Europa non prenderà una posizione più netta sulle provocazioni militari degli Stati Uniti, i quali, con il pretesto della guerra all’islam integralista, vogliono erigere una nuova cortina di ferro intorno alla Russia. Da questo punto di vista, l’istallazione dello scudo spaziale e il posizionamento di basi americane (mascherate sotto l’egida del multilateralismo contrattato della Nato), nella R. Ceca, in Polonia, in Ucraina, in Kosovo, costituiscono un affronto intollerabile che l’Europa non si è premura di limitare. Oggi si parla addirittura di superare la Nato per costituire una lega delle democrazie dalla quale tenere ovviamente fuori, tutti i paesi non allineati che non vogliono piegarsi all’unipolarismo americano. Medvedev sostiene che tali prospettive servono solo ad accrescere l’esclusività con la quale la potenza dominante cerca di selezionare gli alleati da legare a sé, accrescendo la propria predominanza su tutti gli altri paesi, siano essi amici o nemici.

La Russia non è disposta a negoziare la propria indipendenza, non si può scambiare la libertà di un intero paese sull’altare delle cause fittizie solo per non mettere in imbarazzo gli europei di fronte al loro ingombrante padrone. Se la lotta al terrorismo o la sicurezza internazionale sono anche per il governo russo altrettanti obiettivi prioritari si commette un grave errore  usando queste emergenze per depotenziare un paese che ha imboccato la via del bilanciamento geopolitico del pianeta. Non dobbiamo dimenticare che durante la guerra fredda i conflitti nel mondo non dipendevano dai capricci di una sola potenza e restavano sotto controllo, in una dimensione più regionale, senza assumere i contorni apocalittici di oggi. Evidentemente, Medvedev non può che lanciare il suo j’accuse con un linguaggio diplomatico, e fa bene a farlo perchè occorre servirsi degli stessi argomenti degli avversari (la lotta al terrorismo che pur dice di condividere) per fare breccia nell’opinione pubblica internazionale, contro chi vorrebbe tenere incollato il suo paese agli antichi schemi della guerra fredda e agli stereotipi del secolo precedente, al solo fine di isolarlo con maggiore agilità.

Ma la Russia odierna, oltre ad aver elaborato un suo modello di sviluppo, che conserva le configurazioni più dinamiche del capitalismo (come impresa e mercato), ha imparato a far pesare le sue risorse naturali adottando sistemi di gestione pubblico-privata, con i quali proteggere suoi interessi nazionali e strategici.

Medvedev avanza la possibilità che queste ricchezze possano essere condivise con i partner europei in maniera trasparente, creando consorzi internazionali tra Russia e Europa, coll’obiettivo di garantire la maggiore interdipendenza del continente eurasiatico nel mondo globalizzato. Ma per fare questo occorre elaborare una strategia comune, bisogna partire da una solida base politica che spiani il terreno alle imprese dei rispettivi paesi, supportandone la collaborazione economica e favorendone lo sviluppo innovativo e tecnologico. Tuttavia, L’Europa non contribuisce a sufficienza all’elaborazione di questi piani, pone restrizioni agli investimenti delle compagnie russe quando queste chiedono di poter investire nei paesi membri. La Russia non accetta questo modus operandi unilaterale, come dice giustamente Medvedev, e non accetta nemmeno che un alleato così importante per gli equilibri continentali sia posto sempre di fronte al fatto compiuto, si parli di questioni militari (allargamento della Nato, scudo antimissile) o di smembramenti territoriali e di sovranità che riguardano i suoi confini più prossimi (Kosovo).

Medvedev, ha inaugurato la stagione del dialogo con i governi europei creando delle ottime prospettive per il futuro.  Tutto ciò è quanto di più auspicabile vi sia oggi, almeno per quanto ci riguarda, in funzione dell’apertura di una fase policentrica atta a rimettere in discussione lo strapotere mondiale americano. Chi sono i delusi dalle parole di Medvedev? I soliti profeti di sventura che avevano pronosticato una presidenza russa più dimessa con la fine del mandato di Putin (subito smentiti dalla linea politica adottata dall’avvocato di San Pietroburgo), o quelli che già speravano di poter costruire le loro invettive equiparando il nuovo presidente al bamboccio di pezza nelle mani dell’ex uomo del KGB. Niente di tutto questo, Medvedev non è Putin, non è il suo doppio né il suo alterego, egli è l’espressione, così come Putin, di un establishment indipendente che non vuole ripercorre i nefasti dell’epoca El’cin.  I nostri governanti dovrebbero imparare qualcosa.

 

Il discorso di Medvedev lo trovate a questo link:

 http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=19602