Golpe in Turchia
Ieri sera c’è stato un tentativo di golpe in Turchia. Il Paese non è nuovo a queste prove di forza militari, come già successo agli inizi degli anni ’60, ’70 e ’80. Ma pare che quest’ultima iniziativa delle forze armate sia naufragata in seguito alla reazione degli apparati fedeli (soprattutto polizia ed Intelligence) al Presidente Erdogan. Settecento congiurati sarebbero già agli arresti. Erdogan, messosi al riparo in una località segreta, mentre i soldati occupavano alcuni punti nevralgici dei principali centri nazionali, ha dichiarato in video alla Cnn turca, tramite smartphone, che l’azione incostituzionale dei militari traditori è stata orchestrata da Fethullah Gulen, miliardario turco esule negli Usa, ex alleato del “Sultano” nato ad Istanbul ed ora suo acerrimo oppositore, che gode delle simpatie della Casa Banca.
Sembra un film già visto. Gli Stati Uniti non sono nuovi a questi sistemi per far fuori governi che godono dell’appoggio popolare. Chiunque abbia deciso di destabilizzare la Turchia si è sicuramente consultato con i vertici Nato, organizzazione militare internazionale di cui il paese è parte integrante. Nemmeno il più folle dei golpisti avrebbe fatto a meno non diciamo del consenso ma almeno della tacita approvazione di alcuni settori dell’organizzazione, prima di arrischiarsi in una simile “avventura”. Gli atlantici temevano smottamenti della Turchia dalla strategia tracciata dalla Casa Bianca per l’area medio-orientale, quella nord-africana ed anche centro-asiatica. Ankara si è più volte discostata dalla linea stabilita per perseguire i suoi interessi sottotraccia e le sue aspirazioni da potenza regionale, quale polo attrattore dell’ “internazionale sunnita”. Ciò significa che non sono stati gli ultimi avvenimenti a determinare le scelte energiche in atto. Certamente, i recenti segnali “distensivi verso il presidente russo Vladimir Putin,verso la Siria di Assad e persino verso Israele”, come scrive Libero, lanciati da Erdogan hanno convinto qualcuno a rompere gli indugi.