Golpisti in Venezuela di A. Terrenzio.
Il Venezuela è di nuovo al centro di una crisi politica che ha immediatamente assunto delle ripercussioni internazionali, generando schieramenti contrapposti tra sostenitori del Presidente Maduro ed il rappresentante delle forze di opposizione Guaidò.
Quest’ultimo, come noto, è sponsorizzato dagli Usa, che lo hanno riconosciuto come Presidente ad “interim” e come testa di turco contro l’erede di Chavez.
Tale brevissimo quadro basta e avanza per vedere un classico tentativo di “regime change” orchestrato dagli Usa per rientrare nel loro “giardino di casa”. Il Venezuela è il secondo tassello da aggiungere al Brasile di Bolsonaro.
Se piuttosto chi are appaiono le dinamiche che vedono gli Stati Uniti dietro il tentativo di “rivoluzione colorata”, il quadro questa volta appare meno semplice da decifrare e dividere buoni e cattivi con l’accetta sembra molto più complicato del solito.
Maduro è privo del carisma e del riconoscimento popolare del quale godeva il suo predecessore. Maduro sta pagando le contraddizioni del bolivarismo basato su una dottrina socialistica infattibile, come questo sito ha abbondantemente spiegato.
Le evidenti difficoltà economiche nascono dalle suddette contraddizioni, tuttavia, un peso maggiore ha l’accerchiamento imposto dagli Usa ad un governo renitente ai suoi diktat.
Le ingerenze esterne degli americani, con embarghi che hanno contribuito pesantemente a strangolare il popolo venezuelano, si aggiungono alla rigidità economica di un sistema fondato sullo sfruttamento intensivo delle materie prime. E’ necessario che il Venezuela si liberi dalle pastoie ideologiche del passato per resistere all’aggressività statunitense, in questa fase di riconfigurazione strategica dell’impero Usa. L’aiuto dei paesi revisionisti, Russia e Cina, diventa indispensabile anche per superare le criticità interne.
Guaidò è esponente dei predoni libarali e della ricca borghesia venezuelana. Il suo potere sarebbe un ritorno all’indietro, un remake delle consuete campagne di privatizzazione dei settori strategici e del settore petrolifero, le cose, pertanto, andrebbero di male in peggio.
IL rischio di una guerra civile, indotta dall’esterno, è dietro l’angolo ma la Russia per esempio, che ha già fatto sapere tramite il suo MdE Lavrov, che non rimarrà neutrale, nel caso gli Usa volessero intervenire direttamente attraverso un’ azione militare, o per procura attraverso il Brasile o la Colombia. Il rischio é un disastro di tipo siriano con un bagno di sangue tra rivoltosi e militari.
L’Italia rimanga (per ora) neutrale
La crisi venezuelana non ha mancato di coinvolgere anche il nostro paese che in sede UE, ha per la prima volta fatto valere il proprio veto, negando l’appoggio a Guaidò. La linea espressa dal nostro Governo tramite il MdE Moavero, è stata la piu’ saggia e realistica da assumere. Rimuovere “dittatori” è una operazione che già ci ha causato dei danni che stiamo ancora pagando, rischiare una crisi con una guerra civile come accaduto in Libia non è auspicabile per Roma, che benissimo ha fatto a defilarsi.
Il PdR Mattarella non poteva smentirsi, fornendo l’endorsement immediato al pupillo Yankee, accodandosi pedissequamente a Washington. Anche Salvini ha condannato il dittatore Maduro, ma la sua posizione non sorprende più di tanto, data la sua totale adesione alla linea Trump.
Tuttavia, come ricordato dall’analista del Sole24 Alberto Negri, non dovremmo immischiarci negli affari venezuelani.
Caracas è lontana ed i nostri interessi sono nel Mediterraneo. Da quando la Libia è stata distrutta da americani, francesi e britannici, dobbiamo fronteggiare mercanti e scafisti che nel mediterraneo alimentano una crisi umanitaria senza sosta dal 2011. Se Conte ha concordato un ruolo di “cabina di regia” nel “mare nostrum”, cominciamo a farla funzionare, occupandoci di due Paesi per noi fondamentali sul piano geopolitico ed energetico: Libia ed Egitto.
Con l’“asse renano” inaugurato ad Aquisgrana da Berlino e Parigi, le intenzioni di tenerci fuori dalle maggiori decisioni che riguardano il futuro dell’UE sono più che chiare.
Ecco perché nel Mediterraneo dobbiamo riprendere le chiavi del condominio, ricevendo delle assicurazioni non solo Da Washington ma anche da Mosca, sul valore della loro partnership.
Tornando alla crisi Venezuelana, né Maduro né Guaidò appaiono le alternative plausibili. La retorica antimperialista deve diventare consapevole resistenza agli Usa nel multipolarismo. Basta col socialismo del XXI secolo e altri refrain di un passato ormai consumato, si guardi finalmente al presente e al futuro per spostare i rapporti di forza nel clima multipolare contro la fallimentare logica unipolare yankee.