Grande Guerra Patriottica

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Oggi, in Russia, si festeggia la vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Il 9 maggio del 1945 capitolava la Germania nazista con la firma della resa dei tedeschi a Berlino. Per anni, tutti i Paesi del blocco sovietico e del Patto di Varsavia hanno celebrato la ricorrenza con generale commozione e grandi manifestazioni pubbliche. Dopo la dissoluzione dell’Urss sono rimasti in pochi a ricordarsi dell’impresa che portò la bandiera rossa, con la falce ed il martello, a sventolare sul Reichstag.
Solo Mosca sente davvero l’evento che resta un momento di memoria e di gloria per il popolo russo, quello che ha avuto più lutti nel secondo conflitto mondiale. I sovietici che persero la vita furono più di 13 milioni, quasi il doppio degli ebrei ma è l’olocausto di quest’ultimi che, per legge, non deve mai essere oggetto di dibattito. E’ brutta la contabilità dei morti, è ancor più brutta quando non viene detta tutta e raccontata giusta.
Un triste revisionismo soffia adesso sul Vecchio Continente, ormai americanizzato fino al midollo.
Molti Stati orientali dell’Europa, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, hanno smesso di provare orgoglio per l’impresa. Essa non è più il ricordo di un sacrificio collettivo contro un’invasione straniera ma l’occasione per una riconciliazione con la storia ed un pretesto per puntare il dito contro i russi. Quest’ultimi sono accusati di aver occupato l’est Europa con maggior ferocia dei nazisti e di aver conculcato la libertà dei vicini, seminando morte e disperazione.
La Polonia, invitata alla parata da Mosca, si è rifiutata di aderire. Preferisce raccogliersi in casa propria per coltivare meglio il proprio vittimismo e la propria paranoia. L’Ucraina idem. Kiev ha pure abolito la festa nel 2014 ma non la festività. Non si va al lavoro ma non si sa più perché. Decomunistizzare e rinazificare per aumentare la confusione generale, mentre ci si getta nella braccia di Washington.
Ieri, il governo moldavo, in vena di provocazioni, ha portato i carri armati della Nato a sfilare lungo le strade di Chișinău, facendo vergognare i suoi stessi cittadini. Un tale ribaltone è un’onta inaccettabile, tanto più che la Moldavia è ancora neutrale, non facendo parte dell’Alleanza Atlantica. Bulgari, cechi, rumeni ecc. ecc. sono sulla stessa china di autocommiserazione e smemoratezza da molto prima. Adesso, ovunque su questi territori affrancati spuntano basi e cannoni americani. L’ultimo occupante si presenta come un liberatore ed il suo imperialismo come una forma di rassicurazione. Tanto il pericolo è Mosca ed il nemico è quello fuori. Almeno così credono gli sciocchi che ancora non hanno imparato la lezione.