GRANDE SVENDITA PER CAMBIO GESTIONE!
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ORSA TRASPORTI INFORMA
NOTIZIARIO DI INFORMAZIONE SINDACALE N° 2 GENNAIO 2010
TOSCANA – POLO FERROVIARIO
GRANDE SVENDITA PER CAMBIO GESTIONE!
Non abbiamo firmato l’ennesima lettera aperta sulla nuova organizzazione della Direzione Tecnica, nata dalle precedenti DISQS e DTAI, scritta da alcune RSU del Plesso Lavagnini, concordata con le Segreterie Regionali delle OO.SS Filt-FitUilt, e indirizzata alle istituzioni locali, ai vertici aziendali e ai vertici sindacali.
I nostri RSU e la Segreteria Regionale OrSA non hanno sottoscritto la lettera per prima cosa perché non siamo stati coinvolti nell’elaborazione della stessa; in secondo luogo perché non ne condividiamo l’impostazione e le richieste che scaturiscono a conclusione della stessa. Non può essere condivisibile il fatto che ad ogni riorganizzazione aziendale degli uffici dell’ex Servizio Materiale e Trazione si arrivi ad una presa di posizione che ignori completamente perché e come si sia giunti a questa, cioè lagnandosi degli effetti ma non denunciando le cause delle riorganizzazioni.
Non abbiamo alcuna intenzione di ripeterci e perciò rimandiamo alla lettura del documento allegato che abbiamo diffuso come Organizzazione Sindacale il 27 novembre 2006, nel quale affrontavamo la situazione risalendo alle cause, addirittura facendo anche un breve excursus storico del Servizio Materiale e Trazione. Nel documento in questione avevamo messo il risalto il fatto che questi Uffici, nati in seguito alla nazionalizzazione delle ferrovie nel 1905, erano morti nel 2001, dopo quasi 100 anni di vita e di storia delle ferrovie italiane, a causa delle privatizzazioni delle FS che si concretizzavano con le societarizzazioni.
Oggi questa ennesima riorganizzazione, nel riferirsi al “peccato originale” delle societarizzazioni FS, conferma quel declino inarrestabile del Servizio che già abbiamo denunciato e che sta portando fuori da FS le attività di ingegneria, le attività di ricerca e sperimentazione, e la certificazione del materiale rotabile. “Il re è nudo!”, è questa, la più semplice delle verità, che le OOSS confederali non vogliono vedere!
Occorre altresì notare che questa continua e lenta dismissione delle FS, che ha ormai dimezzato l’ex Servizio, ha portato all’interno del Plesso Lavagnini centinaia di lavoratori dipendenti dalle altre Divisioni; ciononostante nei documenti confederali continuano ad individuare e a parlare del Plesso Lavagnini solo e soltanto per le problematiche dei lavoratori delle strutture ingegneristiche e manutentive del
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materiale rotabile di Trenitalia, dimenticandosi delle problematiche che vivono e subiscono i lavoratori delle altre strutture.
Ritornando ai contenuti della lettera aperta in questione, come è possibile dare la propria disponibilità a continuare il lavoro in strutture diverse da Trenitalia, a condizione che quest’ultime siano però collocate all’interno del Gruppo FS? Qua, o si fa o si è! Facciamo un esempio: la costituita Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, nata quale organismo preposto alla sicurezza del trasporto su rotaia, esterno ed indipendente dal Gruppo FS, opera utilizzando il personale di RFI, in prestito, che non ne vuol sapere di cambiare casacca …
Ebbene, per analogia prendiamo i laboratori del nuovo Centro di Dinamica Sperimentale, in corso di realizzazione all’Osmannoro per conto di RFI (budget, progettazione, gara d’appalto), in cui sono previsti un fabbricato per le prove meccaniche e le prove elettriche sul materiale rotabile, uffici e laboratori, un secondo fabbricato per la compatibilità elettromagnetica e per banchi a rulli specifici, nonché un terzo fabbricato per i servizi tecnologici per l’ingegneria e la qualità del software. Poiché tali strutture, che compongono il famoso Centro di Sperimentazione Osmannoro (CSO), dovranno lavorare in stretto collegamento con l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, al servizio delle imprese che vorranno fare prove sul materiale rotabile, al fine di ottenere le varie autorizzazioni e permessi non potranno più essere all’interno del Gruppo FS né tanto meno, e a maggior ragione, di Trenitalia, bensì dovranno essere indipendenti e collocarsi all’esterno.
La conclusione è che i lavoratori di Trenitalia che dipendono dal CSO potrebbero continuare ad operarvi “in prestito”, come quelli dell’Agenzia (finché dura questo tiramolla) oppure ceduti, magari per decreto (così come successe ai colleghi che furono ceduti all’INPS in occasione del passaggio all’Istituto previdenziale del Fondo pensioni speciale ferrovieri).
Lo stesso dicasi di Italcertifer (attualmente partecipata anche da Trenitalia) che si è trasformata in ente notificato che, in stretto rapporto con i laboratori (CSO) opererà nella certificazione dei sistemi ferroviari e nella ricerca. È chiaro che secondo questa logica tutto deve essere portato fuori dal Gruppo FS; queste sono le regole della liberalizzazione, attuata distruggendo e cannibalizzando le strutture, le risorse, il patrimonio delle Ferrovie dello Stato … a vantaggio magari dell’industria privata, di Enti Certificatori o di Agenzie che si ritroveranno ad avere competenze e conoscenze gratuite, per incrementare i propri profitti, magari utilizzando le esperienze e le capacità di ex ferrovieri e dirigenti fuoriusciti dall’Azienda FS.
Gli ultimi ordini di servizio, emanati nel novembre 2009, adeguano la struttura di Trenitalia ai nuovi scenari delle liberalizzazioni/privatizzazioni prevedendo lo spezzettamento del Centro Dinamica Sperimentale. Quindi confermano quanto andiamo dicendo, ovvero che nel futuro si avranno la chiusura e la dispersione delle funzioni in varie strutture interne a Trenitalia, senza lasciarle a quelle strutture che l’azienda è costretta ad abbandonare a causa dei processi di liberalizzazione.
Dal 14 gennaio Alstom inizierà le prove e i test di validazione e certificazione finalizzati all’omologazione dei treni AGV (Automotrice à Grande Vitesse) per NTV. Questa nuova serie di test segue le prove ferroviarie che sono state fatte a Velim
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(Repubblica Ceca) e sulla linea ad alta velocità in Francia. Chi pensate debba fare questi test e queste prove? Il CSO, ovvero Trenitalia?! Ma non siamo ridicoli!!!
Il trasferimento in Italia dell’AGV è stato effettuato, attraverso il valico del Frejus, con locomotore SNCF Fret fino a Reggio Emilia e da li fino all’Osmannoro con NordCargo. A bordo dell’AGV saranno presenti ingegneri della Alstom Transport, supportati da specialisti dei test; le misurazioni effettuate e i dati raccolti saranno trasmessi ai dipartimenti ingegneria di Alstom. Il contratto di NTV con Alstom comprende anche la manutenzione dei treni per un periodo di 30 anni.
Continuando nell’analisi delle disposizioni organizzative di Trenitalia, queste contengono, come ci ricorda anche la lettera citata, numerosi tagli di attività e funzioni, nonché soppressioni e trasferimenti. Tra questi, la soppressione della struttura Impianti Industriali la quale subisce il trasferimento di alcune attività presso uffici posti in altre città; altre attività ancora passano alle diverse società del Gruppo (Italferr e Ferservizi); la struttura collaudi viene soppressa; anche attività quali gestione commesse ETR e mezzi leggeri, gestione commesse mezzi trainati, qualità, ecc… sono trasferite.
Lungi da noi giustificare tutto ciò (il depauperamento della struttura nazionale di ingegneria, la migrazione di attività e funzioni pregiate, le soppressioni, ecc…); osserviamo solamente che queste scelte non sono tanto illogiche ma costituiscono una conseguenza – occorre ribadirlo sino alla nausea – del processo di liberalizzazione che sta comportando l’attuazione di un ulteriore spezzatino societario di Trenitalia, del business dell’alta velocità ma anche del trasporto regionale e della manutenzione, inteso solo ad indebolire le FS al fine di favorire la liberalizzazione e la privatizzazione del trasporto ferroviario.
Ecco dunque che non sono solo i dipendenti della Direzione Tecnica a rischiare il posto di lavoro ma complessivamente tutti i ferrovieri che lavorano negli uffici di Viale Spartaco Lavagnini, e più in generale tutti i ferrovieri.
La lettera, come detto, è indirizzata anche alle istituzioni locali, dunque alle forze politiche; anzi, richiede che le istituzioni si debbano far carico di questa situazione. Molti politici, in vista delle prossime elezioni amministrative regionali, si stanno dando un grandaffare per “bloccare lo smantellamento di importanti servizi ferroviari, che stanno causando gravi perdite di posti di lavoro e la dispersione di importanti competenze tecniche” a causa delle “scelte aziendali del Gruppo FS”.
Ciò naturalmente ci fa molto piacere e lo apprezziamo, ma una domanda ci sorge spontanea: dove erano questi signori politici quando approvavano a livello nazionale o locale le politiche di liberalizzazione/privatizzazione delle ferrovie che hanno portato questi scenari?! Qualcuno, lo ricordiamo, è stato anche seduto nel consiglio di amministrazione di Trenitalia! Da qui il dubbio: questi politici, che siedono tra i banchi delle istituzioni più che al posto di lavoro dei ferrovieri non tengono al proprio posto!?!
Lo stesso dicasi delle OOSS: perché è stato lasciato campo libero alle liberalizzazioni?! Addirittura senza neanche pretendere un adeguato quadro normativo di regolamentazione della concorrenza, che ha messo in atto il dumping contrattuale e che dunque sta scaricando sul lavoro tutte le conseguenze!
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La verità è che le privatizzazioni in Italia sono state fatte per favorire gli amici e gli amici degli amici. Le nostre aziende, le aziende pubbliche, dall’energia alle telecomunicazioni, dall’industria ai trasporti, centri di eccellenza nel sistema italiano, sono state distrutte e devastate da profittatori ed incompetenti.
Siamo coscienti che al nostro paese occorrerebbe tutta un’altra politica – quindi tutt’altre forze politiche e sindacali non succubi dei settori della grande finanza e industria – per impostare una strategia realmente legata ai nostri interessi più fondamentali. Forse tutto questo è un sogno data questa classe (non) dirigente e il ceto politico e sindacale di servizio; da parte nostra, nel nostro piccolo e per quanto possibile, troveranno ostacolo: perlomeno non staremo zitti e buoni!
Firenze, 22 gennaio 2010
La Segreteria Regionale OrSA Toscana
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RIPUBBLICHIAMO IL DOCUMENTO OrSA DEL 27/11/2006
La TOSCANA e il declino industriale: le dismissioni delle FS
Breve storia ferroviaria e del Servizio Materiale e Trazione
La Toscana possiede oggi 1413 chilometri di linee ferroviarie, 84 dei quali in regime di concessione; più della metà dei chilometri sono a doppio binario, ancora di più sono elettrificati. Le linee della Toscana rappresentano l’8% della rete nazionale, quelle in concessione l’ 1 % soltanto. Lo sviluppo complessivo delle ferrovie della regione supera di poco il 7% dell’intera rete italiana, con una densità leggermente superiore alla media nazionale, anche per la presenza delle due grandi direttrici longitudinali, la dorsale e la tirrenica.
Alcune linee, che fanno ancora parte integrante del sistema ferroviario toscano, sono fra le più vecchie della penisola. La Toscana, infatti, vanta uno sviluppo ferroviario fra i più precoci in Italia, e di più vanta, fra tutti gli stati preunitari, il progetto ferroviario di più antica data, risalente al 1825. Già nel 1893 le Officine delle Strade Ferrate (le odierne Officine Grandi Riparazioni di Porta al Prato) avevano 933 operai ed erano la terza fabbrica della città di Firenze in quanto ad occupazione. Firenze ha anche una tradizione direzionale di grande prestigio nell’ambito delle ferrovie.
La Compagnia Ferroviaria delle Strade Ferrate Romane, al momento della loro nascita, posero la propria Direzione Generale nel Palazzo Cerretani nell’odierna Piazza dell’Unità d’Italia; la società possedeva anche altri uffici nel Palazzo della Dogana di Porta al Prato, cioè l’antica Stazione della Leopolda. La Società delle Strade Ferrate Meridionali aveva nel Palazzo Alamanni, in Via dei Renai, la propria Direzione Generale.
Nel 1905 il Palazzo Cerretani passò alle Ferrovie dello Stato, che lo adibirono a Sede della Direzione Compartimentale. L’ufficio Studi e Collaudi del Servizio Trazione e Materiale passò allora a Porta a Prato. L’anno successivo a quello della nazionalizzazione, le Ferrovie acquistarono nell’attuale Viale Spartaco Lavagnini un grande edificio, che allora era soltanto in parte costruito. Nel 1908 vennero lì riuniti i vari uffici del Servizio Materiale e Trazione rimasti a Roma, Torino e Milano. Il ramo Studi e Collaudi, invece, rimase a Porta a Prato fino al 1950; in quella data il
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Palazzo del Viale Spartaco Lavagnini venne completato e terminò così l’accorpamento di tutti i servizi. Il Servizio Materiale e Trazione, come abbiamo visto, è quindi nato a Firenze a seguito della nazionalizzazione delle ferrovie nel 1905, frutto dell’unificazione delle aziende ferroviarie italiane, in particolare prende forma dalla trasformazione della Direzione Generale della Società delle Strade Ferrate Mediterranee, che aveva la sua sede proprio a Firenze. Il Servizio Trazione della Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato si occupava di costruzione, manutenzione, utilizzazione e demolizione del materiale rotabile. Era organizzato in una decina di Sezioni e/o Uffici, i quali gestivano l’amministrazione del personale, la ricerca e la sperimentazione, la gestione delle Officine Grandi Riparazioni, i collaudi, la progettazione del materiale rotabile, gli approvvigionamenti del materiale, ecc… . Nel periodo di grande sviluppo gestiva circa 25 mila operai, 30 mila macchinisti, 5 mila tra impiegati, tecnici e altro personale. Il Servizio Materiale e Trazione non solo nasce e si sviluppa a Firenze ma, cosa ben più importante e significativa, mantiene sempre la “testa” a Firenze; gestisce i rapporti con importanti organismi ferroviari internazionali e con l’industria per la costruzione del materiale rotabile. Gli uffici della progettazione del materiale rotabile arrivavano a stendere i disegni sulla base dei quali i costruttori (con gara) realizzavano i rotabili con i requisiti tecnici e con le condizioni di sicurezza indicati dal Servizio Trazione. I tecnici, ma anche molti dirigenti del Servizio, che avevano conseguito le necessarie abilitazioni, avevano stabilito un rapporto privilegiato sia con gli operai delle officine che con i macchinisti, e spesso negli anni si instaurava un reale rapporto umano che faceva non solo comprendere e superare le difficoltà del lavoro, ma anche nascere sincere amicizie che davano il senso di appartenenza alla grande “famiglia” della ferrovia. Nel 2001, al momento della societarizzazione delle ferrovie, dopo quasi 100 anni di vita e di storia, il Servizio Materiale e Trazione che conosciamo chiude, ovvero, con la divisionalizzazione e i relativi spacchettamenti di Trenitalia diventa una Unità che si occupa della manutenzione del materiale rotabile e di poco altro nell’ingegneria ferroviaria. Le successive riorganizzazioni, finanche l’ultima di questi giorni, non fanno altro che confermare il “peccato originale” delle societarizzazioni ferroviarie, quale causa del declino inarrestabile del Servizio che sta portando fuori dalle Ferrovie dello Stato, prima, e adesso da Trenitalia, le attività di ingegneria ad altissimo know-how tecnologico, le attività di ricerca e sperimentazione, la certificazione del materiale rotabile.
La cessione ai privati del settore strategico ferroviario
“La privatizzazione delle ferrovie crea nuove opportunità”: con questo eloquente e significativo titolo, già qualche hanno fa, l’importante rivista ferroviaria internazionale IRJ aveva affrontato l’argomento del business su ferro nel mondo. “Il mercato globale del trasporto”, scriveva la rivista IRJ, “è una tremenda opportunità di investimento e la privatizzazione ha portato molte opportunità sia per le banche che per gli investitori” . Secondo calcoli della DVB Group, Gruppo Bancario con base a Francoforte, specializzato in finanza del trasporto, gli investimenti ferroviari sono destinati a crescere. Secondo la DVB, i progetti per le infrastrutture ferroviarie sono identificati in 452 bilioni di dollari entro il 2009; l’Europa toccherà i 195 bilioni di dollari di investimenti nell’infrastruttura, seguita dalla regione Asiatica con 164,
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Nord America 64, Russia 15, Sud America 14. Nel mondo ci sono, secondo la World Bank’s Railway, 86 mila locomotive diesel e 27 mila elettriche, 3,8 milioni di vagoni merci e 180 mila carrozze passeggeri; nel contempo, la crescita della domanda mondiale di trasporto farà aumentare gli investimenti nei veicoli.
Scrive IRJ: “La sfida che gli operatori ferroviari oggi devono affrontare e come aumentare la produttività investendo allo stesso tempo in materiale affidabile, confortevole, orientato al mercato”. Così come per l’infrastruttura, l’Europa è anche la più grande area di veicoli ferroviari, con una quota di mercato del 60%,seguita da Regione Asiatica con il 20%, Nord America 18%, Sud America 2%.
A questa nuova situazione si sono subito adeguati i grandi produttori ferroviari, e quindi per conquistare nuovi mercati e per consolidarsi hanno fatto fusioni e alleanze. Secondo il giornale finanziario tedesco Handelsblatt, solo 4 costruttori ferroviari controllano il 54% del mercato mondiale dei veicoli ferroviari: Siemens Transportation System, Alstom Transport, Bombardier Transportation, Adtranz.
Nel mentre si aprono scenari nuovi proprio nel trasporto su rotaia, con potenzialità inimmaginabili fino a poco tempo fa, in termini di movimentazione delle merci e di circolazione delle persone a livello europeo e mondiale, e come abbiamo visto di conseguenza anche in quelle proprie dell’industrie ferroviarie, in Italia ci si permette di perdere a favore della grande industria privata la ricerca, la sperimentazione, l’ingegneria ferroviaria delle Ferrovie dello Stato, presenti nell’ex Servizio Materiale e Trazione che appunto aveva un ruolo esclusivo in questi campi nel nostro Pese.
Ma, cosa assai grave, si sta perdendo questo settore strategico per il paese, il settore ferroviario, a favore della grande industria multinazionale.
La Fiat Ferroviaria, con la tecnologia del pendolino, ha ceduto il controllo al colosso ferrotranviario francese Alstom. Ma Alstom qualche giorno fa ha annunciato che vuole chiudere o ridimensionare in maniera preoccupante Savigliano! In Finmeccanica (privatizzata dall’IRI), dove porterà la fusione tra Breda Ferroviaria e Ansaldo, dove già esistono collaborazioni con la Canadese Bombardier e la tedesca Adtranz? La Tecnomasio (nata 140 anni fa) non esiste più; passata sotto varie denominazioni sociali, fusioni, acquisizioni, nel 2001 lo storico stabilimento di Vado Ligure viene inglobato nella società canadese Bombardier, con la denominazione Bombardier Transportation Italy. I lavoratori e gran parte della popolazione sono sempre più preoccupati per la gravità della propria condizione economica ed occupazionale, per la scomparsa crescente di imprese industriali. “Un paese che non possegga una grande industria manifatturiera rischia di diventare una sorta di colonia, subordinata alle esigenze economiche, sociali e politiche di altri paesi che tale industria posseggono”, ha scritto il Prof. Gallino nel suo libro “La scomparsa dell’Italia industriale”. Il problema dello sviluppo è un problema centrale per l’Italia: è importante rendersi conto che la produzione industriale ed i servizi che le ruotano attorno sono il motore dello sviluppo. Il servizio ferroviario e l’industria ferroviaria sono legati da un doppio filo. In passato le ferrovie avevano anche una funzione di volano per l’industria del nostro Paese.
Le societarizzazioni che frantumano ed indeboliscono i lavoratori
Come abbiamo visto, oggi, in Italia gli industriali hanno rinunciato a fare il loro
mestiere e si sono lanciati nella finanza, nel mercato immobiliare e nei servizi. Dopo
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aver distrutto il patrimonio industriale strategico del nostro Paese smantellando e delocalizzando, li vediamo impegnati a trasformare le nostre grandi e medie stazioni della rete ferroviaria in “nuovi centri commerciali”: altro che “palazzi dell’industria moderna”! Da molti anni i ferrovieri si battono affinché le ferrovie non solo non “falliscano”, ma al contrario si sviluppino e divengano quel servizio pubblico e sociale che i cittadini e il Paese si attendono, nei massimi livelli di sicurezza, qualità e comfort e nel rispetto delle condizioni di lavoro.
In questi ultimi 20 anni di ristrutturazione ferroviaria, le Ferrovie dello Stato non esistono più e l’industria ferroviaria nazionale è ridotta e in mano alle imprese straniere. Dal 1985 in poi si sono succeduti innumerevoli top-manager che non solo non hanno rilanciato le Ferrovie, ma ne hanno aggravato i problemi eliminando oltre 100 mila ferrovieri (quelli di grande professionalità nell’esercizio, nella manutenzione, nell’ingegneria ferroviaria), hanno condotto e via via lasciato, non rinunciando però alle proprie liquidazioni milionarie, le ferrovie in questo stato, con conti dissestati e traffico caotico.
Anche i lavoratori dell’ex Servizio Materiale e Trazione, con sede in Viale Spartaco Lavagnini a Firenze, hanno denunciato, nel corso di questi due decenni, la preoccupante situazione nella quale sono cadute le strutture ingegneristiche, e i problemi riguardanti la manutenzione ciclica e corrente del materiale rotabile. Da anni questi lavoratori portano all’attenzione delle Istituzioni Locali e del Governo la situazione in cui versa il sistema ferroviario nazionale, esponendo peraltro i rischi circa la perdita dell’esperienza e delle professionalità ingegneristiche dei tecnici che lavorano nel Viale Lavagnini; tale perdita non rappresenta un rischio soltanto per la città di Firenze e per la Regione Toscana, ma per l’Italia tutta, visto che un trasferimento in altre sedi geografiche potrebbe significare una fuoriuscita dai confini nazionali. Non si tratta quindi di un mero interesse personale.
L’obiettivo è quello di svuotare il “Palazzo” delle sue competenze, senza preoccuparsi di rilanciare le ferrovie e l’indotto ferroviario partendo proprio dall’industria ferroviaria. Molti esempi di trasferimento di competenze confermano questo disegno atto a depotenziare la struttura fiorentina e le Ferrovie dello Stato nel complesso: il trasferimento degli archivi informatici riferiti al materiale rotabile; il trasferimento di personale altamente qualificato verso altre strutture, anche esterne a Trenitalia; la creazione di nuove strutture per la gestione di commesse di materiale rotabile; la riorganizzazione degli acquisti e ricambi; la nuova organizzazione della manutenzione che mette a rischio l’uniformità della gestione tecnica degli interventi di riparazione e riqualificazione del materiale rotabile in esercizio.
Il “centro” focale della riorganizzazione ferroviaria non è di FS
Attraverso le societarizzazioni ed adesso con le liberalizzazioni, continua quindi il trasferimento fuori da FS delle competenze e delle professionalità ingegneristiche presenti nel Gruppo FS, in particolare a Firenze, sia di RFI che di TRENITALIA.
È bene essere molto chiari, i lavoratori, i ferrovieri, già sanno che con gli sviluppi attuali di riorganizzazione e ristrutturazione, il Polo Tecnologico Ferroviario dell’Osmannoro a Firenze non è e non potrà mai essere parte integrante del Gruppo delle Ferrovie dello Stato, né delle sue aziende RFI o TRENITALIA: in primo luogo perché il citato Gruppo è avviato verso una tragica frantumazione a causa del
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pacchetto Rutelli, che rischia di divenire indirizzo governativo se non adeguatamente osteggiato; ed in secondo luogo la stessa Trenitalia potrebbe essere “seccata” per fare spazio a varie società di indirizzo merceologico (cargo, passeggeri, regionale, manutenzione, servizi …. e chissà cos’altro!).
Le conseguenze delle liberalizzazioni ferroviarie sono conosciute da tutti, Organizzazioni Sindacali comprese, ma molto spesso vengono ignorate.
Il Cesifer, la certificazione e l’omologazione di tutto il materiale rotabile circolante in Italia, e tutto quanto vi ruota intorno, non potrà restare in RFI né tanto meno in Trenitalia; il Centro di Dinamica Sperimentale non può essere sostenuto (nel libero mercato) da un’azienda di trasporto ferroviario che sia Trenitalia o altra; il c.d. IDP dell’Osmannoro, con Attività di Manutenzione Corrente e Ciclica del Materiale Rotabile, con la nuova riorganizzazione della manutenzione in Trenitalia non potrà più avere il ruolo per il quale è nato.
Per non parlare poi dell’Agenzia Ferroviaria per la Sicurezza, l’Autority, a proposito della quale non è ben chiaro se sarà un Ente autonomo oppure sotto qualche ministero, di certo sarà composta anche da professionalità “cannibalizzate” sia da RFI che da Trenitalia.
Il pacchetto di proposte presentato da Rutelli, non solo prevede la totale liberalizzazione dei servizi di trasporto alla concorrenza ma, per quanto riguarda le ferrovie, prevede la cessazione di FS SpA dalla funzione di holding di Trenitalia e Rfi, e, cosa assai più grave, prevede che i gestori di servizi ferroviari possano utilizzare il materiale rotabile di Trenitalia, incentivando altresì l’industria del materiale rotabile nella razionalizzazione delle attività di manutenzione.
Naturalmente, nella sua ambiziosa “direttiva” Rutelli, superando le tristemente famose direttive “Prodi” e “D’Alema”, a sostegno delle anzidette liberalizzazioni, prevede di “garantire adeguati ammortizzatori sociali”!!! In altri tempi i lavoratori, i ferrovieri, sarebbero già scesi in piazza …….
Che fare?
La consapevolezza che il movimento sindacale è in difficoltà, che i molti diritti conquistati con la lotta adesso vengono cancellati, che le direttive europee sono utilizzate come strumento contro i lavoratori, che il dopo-elezioni ha portato politiche sociali più dure nei confronti di tutti i lavoratori, deve spronarci ad unirci, al di là delle sigle sindacali di appartenenza, favorendo gli elementi di unità dei lavoratori, contrastando quelli di divisione. Non possiamo affrontare i problemi e un difficile rinnovo contrattuale divisi, mentre le controparti si unificano; certe posizioni, supine a quelle padronali, devono essere abbandonate. Il confronto deve essere aperto, per far sì che vi sia unità nelle battaglie contro la privatizzazione, in difesa del lavoro e dei lavoratori, delle pensioni, del TFR e dello stato sociale.
Firenze, 27 novembre 2006
La Segreteria Regionale Or.S.A. Toscana E – Mail: sr.firenze.orsaferrovie@sindacatoorsa.it Sito: www.orsaferrovietoscana.it |
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