I RAPPORTI POLONIA-RUSSIA

Sławomir Dębski,

Director of The Polish Institute of International Affairs

FONTE DIPLOWEB, traduzione di G.P

 

Faccio solo una breve premessa per segnalare che l’autore dell’articolo sposa in parte la tesi della estensione della democrazia occidentalocentrica e dell’ideologia dei diritti umani, civili ecc. ecc., agli ex paesi dell’Est, sostenendo anche che quest’ultima base valoriale non deve essere oggetto di contrattazione nelle relazioni internazionali con la Russia.

Dal punto di vista polacco ciò ha un senso, in quanto accelerare il processo di “civilizzazione” dell’area post-sovietica vuol dire impedire alla Russia di esercitare nuovamente la sua spinta geopolitica su paesi che essa continua a percepire come meri satelliti. Tuttavia, le elite di queste nazioni fingono di non vedere che l’abbraccio del "mondo libero" non avviene su basi paritetiche ma in funzione delle esigenze geostrategiche occidentali. Cambiare padrone non faciliterà il loro percorso verso la libertà.

Buona lettura.

 

Ad eccezione di un breve episodio negli anni 1991-1993, lo stato delle relazioni russo-polacche resta da anni ad un livello mediocre ed insoddisfacente per la Polonia. È unicamente durante il primo periodo del governo di Boris Eltsine (1990-1999), quando costui tentò di combattere radicalmente l’eredità comunista in Russia ed ha previsto la creazione di una "Norimberga del comunismo", un tribunale speciale il cui compito fosse di giudicare i crimini di quest’ideologia – che la Polonia, con le sue tradizioni di lotta per la libertà e la democrazia, il sindacato « Solidarnoscść » ed il suo presidente Lech Walesa al potere, appariva come un attraente alleato potenziale. È in questo periodo che l’esercito post-sovietico è stato ritirato dal territorio polacco, che la Polonia ha ottenuto la maggioranza dei documenti riguardanti « l’affaire Katyń », il massacro degli ufficiali polacchi assassinati dalla NKVD nel 1940 in occasione della guerra polacco-sovietica cominciata nel 1939. Gli storici polacchi hanno ottenuto l’accesso agli archivi sovietici. Nell’agosto 1993, durante la sua visita a Varsavia il presidente Boris Eltsine ha anche espresso l’opinione che gli sforzi della Polonia per diventare membro della NATO non fossero contrari agli interessi della Russia. Solo alcuni giorni dopo il suo ritorno a Mosca, B. Eltsine si è piegato alle pressioni delle "teste dure" – consulenti, uomini militari e diplomatici, cresciuti con l’idea imperiale. Nella sua lettera ai capi dei paesi occidentali ha cambiato la sua posizione e si è opposto vigorosamente alle aspirazioni polacche di adesione alla NATO. Da questo momento, la questione dell’adesione della Polonia all’alleanza atlantica ha sempre pesato sulle relazioni russo-polacche. La Russia ha provato a ridurle al minimo, ignorando Varsavia come se non esistesse sulla carta dell’Europa come unità politica indipendente. Mosca ha constatato che la Polonia, che non appartiene alla "zona d’influenza russa", è diventata automaticamente parte integrante di un’altra "zona d’influenza". In tal caso, non c’è ragione di mantenere contatti intensi con essa.

Gli uomini politici russi dicono allora spesso che, poiché la Polonia è diventata un paese "cliente dell’Ovest", la Russia ne discuterà con i suoi protettori "attuali". Si sentono ancora tali opinioni nel 2008, sebbene, dall’adesione della Polonia all’Unione europea, il 1 maggio 2004, gli uomini politici russi inizino a comprendere l’inesattezza di quest’ipotesi. Questo risulta non soltanto dal fatto che la Polonia ha efficacemente bloccato nel 2006 e 2007 i negoziati Unione europea – Russia sul nuovo Accordo di partenariato e di cooperazione, ma soprattutto dal sostegno molto efficace portato dalla Polonia alla "rivoluzione arancione" in Ucraina in 2004. Mosca si è resa conto che, senza la determinazione dei polacchi e l’efficacia della loro diplomazia, l’occidente si sarebbe rassegnato più facilmente al soffocamento delle aspirazioni democratiche della società Ucraina, secondo una impostazione retorica, così spesso posta in passato: "E che cosa avremmo potuto fare?" .

Al Cremlino, sanno bene che la maggioranza dei paesi europei che hanno buone relazioni con la Russia danno la priorità alla necessità di difendere  valori e standard democratici. Nel frattempo la Polonia, nuovo membro dell’Unione europea, "un paese satellite dell’Ovest" è riuscito ad influenzare la posizione dell’Unione europea e degli Stati Uniti. L’occidente ha difeso i suoi valori presso i suoi vicini forse per la prima volta dall’allargamento del 1 maggio 2004. Di conseguenza, la politica della Russia verso la Polonia si è indurita. La Russia glorifica il "sistema di Yalta" (1945), che avrebbe portato la libertà in Europa, ed il presidente Vladimir Putin ha umiliato la Polonia agli occhi del mondo intero nel 2005 in occasione dell’anniversario della fine della seconda guerra mondiale.

Benché la Polonia abbia occupato il quarto posto quanto a numero di soldati impegnati in questa guerra contro i tedeschi, cosa che la piazzava prima della Francia, il presidente della Russia ha passato sotto silenzio il contributo della Polonia alla vittoria sul fascismo, senza dimenticare tuttavia di citare i meriti degli anti-fascisti italiani e tedeschi. Inoltre, questo gesto è stato rafforzato dalla retrocessione del presidente polacco Aleksander Kwaśniewski nella terza fila degli ospiti in occasione della cerimonia sulla Piazza Rossa a Mosca (9 maggio 2005).

La Russia conserva rancore verso la Polonia per avere non soltanto sostenuto il "campo della rivoluzione arancione" ma anche per il fatto che questo sostegno è risultato efficace. Inoltre, l’impegno della Russia, e l’impegno personale del presidente V. Putin ha portato lo stesso ad un flagrante fallimento ad al suo discredito.

 

Dopo le elezioni parlamentari e presidenziali in Polonia nel 2005 si attendeva una "nuova apertura". Effettivamente, il nuovo presidente Lech Kaczyński dichiarava che uno dei suoi obiettivi più importanti sarebbe stato il miglioramento delle relazioni con la Russia, l’incontro con il presidente V. Putin e la visita del presidente russo in Polonia.

La realizzazione dei suoi progetti doveva essere facilitata da Stefan Meller, il nuovo ministro degli esteri ed ex ambasciatore polacco a Mosca.

Ma la Russia ha deciso di alzare la posta introducendo un embargo sulla carne polacca e su una serie dei prodotti vegetali, motivando la sua decisione con la scoperta di falsificazioni nei documenti di export e con ragioni fitosanitarie. Una decisione strana, dato che erano state le autorità polacche a scoprire il metodo di falsificazione dei documenti d’esportazione della carne destinata alla Russia. Il governo di Marek Belka ha condiviso quest’informazione con i Russi, proponendo loro un’indagine comune, per creare un clima di fiducia reciproca e sviluppare una cooperazione pratica e pragmatica. Mosca ha tuttavia utilizzato queste informazioni per attaccare il nuovo governo, formato dopo le elezioni del 2005. All’inizio, le nuove autorità polacche hanno provato a proporre una soluzione del problema a livello bilaterale. Quindi, quando ciò è risultato inefficace, si sono rivolte all’Unione europea. I suoi organismi se ne sono occupati con reticenza. In questa situazione, alla fine dell’anno 2006 la Polonia ha bloccato i negoziati sul nuovo partenariato Ue-Russia. Da un anno le relazioni russo-polacche sono in un vicolo cieco. La Russia, nonostante una verifica che ha dato esito negativo circa le responsabilità degli esportatori polacchi, fatta dai servizi della Commissione europea, non ha voluto togliere l’embargo sull’importazione dei prodotti alimentari polacchi, poiché teme di ammettere che le ragioni della sua opposizione fossero di carattere politico. E la Polonia ha rifiutato ogni negoziato bilaterale, considerando che la soluzione al problema era soltanto di competenza dell’Unione europea. La prospettiva delle nuove elezioni in Polonia è stata vista dalle due parti come una possibilità di uscire dal vicolo cieco. Il governo di Jarosław Kaczyński ha iniziato a ricevere segni da Mosca. Indipendentemente dal risultato delle elezioni, la Russia si diceva pronta a porre fine al conflitto sui prodotti alimentari polacchi, per aprire la via a negoziati con l’Unione europea. Dopo le elezioni parlamentari vinte dalla Piattaforma Civica, Donald Tusk ha anche dichiarato la volontà di migliorare le relazioni con la Russia. Questa è la prova che tali dichiarazioni sono diventate un elemento costante della politica polacca. Da più di una decina di anni, ogni governo polacco – indipendentemente dalla sua configurazione politica – dichiara la sua volontà di tentare di migliorare le relazioni con la Russia. L’opinione pubblica polacca vedrebbe dunque una concretizzazione di questi tentativi con soddisfazione. Si interessa alla problematica dell’Europa orientale e la conosce meglio delle società degli altri paesi dell’Unione europea. Non deve allora sorprendere che l’attenzione degli uomini politici polacchi si focalizzi sulle relazioni russo-polacche. Tuttavia, nessun governo polacco è arrivato a migliorare durevolmente le relazioni con la Russia. Questa volta, tuttavia, la Polonia è favorita dalla congiuntura. La Russia ne ha bisogno per neutralizzare le opinioni critiche sulla democrazia russa e sull’artificialità dei cambiamenti delle autorità della Federazione Russa. La diplomazia polacca approfitta abilmente dell’occasione per allargare il suo campo di manovra, in particolare nell’Unione europea. Varsavia si è resa conto che il vicolo cieco nelle relazioni con la Russia nuoce alle influenze polacche nell’Unione europea. Da un lato, le cerchie reticenti alle evoluzioni delle relazioni tra la Russia e la Polonia hanno provato ad eliminare i polacchi presentandoli come "russofobi". Dell’altro lato, un gruppo di stati membri aventi le loro ragioni per non essere favorevoli all’idea d’intensificazione delle relazioni con Mosca utilizzava volentieri e gratuitamente il paravento polacco. Ufficialmente questi paesi garantiscono la Russia della loro buona volontà, rendendo la Polonia responsabile della crisi nelle relazioni Ue – Russia. L’intensificazione delle attività nella direzione russa da parte del primo ministro Donald Tusk e da parte di Radosław Sikorski, nuovo ministro degli esteri, ha dunque forti possibilità di rendere reale la politica dell’Unione europea verso il suo il più grande vicino orientale. Qui, occorrerebbe tuttavia aggiungere alcune osservazioni generali. Lo stato delle relazioni russo-polacche è certamente legato direttamente alla posizione della Polonia nell’Unione europea. L’interesse russo per la Polonia aumenta proporzionalmente all’importanza crescente della Polonia nell’Unione europea ed alle sue possibilità di influenzare la politica della Comunità europea. Più la Polonia è forte, più la Russia è determinata a migliorare le sue relazioni con Varsavia. A lungo termine, l’interesse di Mosca consiste nell’ assicurarsi che il cattivo stato delle relazioni con la Polonia non influenzi l’evoluzione delle relazioni Ue – Russia. Tanto più che il nuovo accordo di partenariato e di cooperazione dovrà essere ratificato da tutti gli stati membri, compresa la Polonia. Il governo di D. Tusk, rendendosi conto della congiuntura favorevole e della sua influenza, prova ad intensificare la sua politica verso la Russia, segnalando la volontà di agire per migliorare le relazioni. La visita recente del primo ministro polacco a Mosca segnala che quest’apertura dichiarata porta dei risultati. Recentemente, la Russia ha parzialmente levato l’embargo sui prodotti alimentari polacchi. Non è escluso che in cambio la Polonia ritiri la sua obiezione verso i negoziati sul nuovo APC. Dell’altro lato, Varsavia sa bene che le possibilità di completare i cambiamenti profondi nelle relazioni russo-polacche sono molto limitate. A lungo termine, gli interessi della Polonia e della Russia sono strutturalmente divergenti, o contraddittori. La Polonia è membro della NATO, e la Russia percepisce l’alleanza atlantica come una barriera istituzionale che gli impedisce di realizzare la sua visione del mondo. La Russia si oppone anche ai piani americani di sviluppare lo scudo anti-missile ed alla partecipazione della Polonia a questo pr
ogetto. Dal punto di vista di Varsavia, la cooperazione sullo sviluppo di « Missile Defence » è un’occasione per aumentare il livello della sua sicurezza ed accelerare l’ammodernamento delle sue forze armate. Il governo polacco ha intenzione di discuterne con i Russi, ma il risultato di questi negoziati non eserciterà un’influenza sul corso dei negoziati polacco-americani, né sulla decisione finale delle autorità polacche. In quest’elenco, occorre aggiungere le differenze di interessi nel settore recentemente diventato essenziale per la Russia, cioè la politica energetica. La Russia è un esportatore di materie prime, che cerca di limitare la sua dipendenza dai paesi di transito. E la Polonia è un paese di transito, il cui obiettivo è di differenziare le fonti di ricezione del gas naturale, dunque indebolire la posizione della Russia come fornitore più importante dell’Unione europea. Inoltre, occorre ricordare che le relazioni russo-polacche sono disciplinate da alcuni principi. In primo luogo, si tratta della differenza di potenziale. La Russia è un una potenza regionale avente aspirazioni sopraregionali, che si sottopone ad un processo difficile e gravoso di "deimperializzazione". La Polonia è un paese di superficie media, avente delle influenze importanti in Europa centrale dopo i suoi successi nel processo di trasformazione del regime politico, la cui esperienza costituisce, per i paesi della regione, un punto di riferimento nella valutazione dei loro progressi di trasformazione.

Lo stato delle relazioni tra i paesi aventi potenziali diversi pende sempre dalla parte del più forte, poiché c’è la possibilità che si attuino grandi autolimitazioni per mantenere buone relazioni. In secondo luogo, nella politica russa le relazioni con la Polonia sono spesso elevate al rango di esempio, soprattutto nel contesto delle tendenze che si intensificano da alcuni anni in Russia e che mirano a recuperare la posizione e l’importanza globale che essa aveva al tempo dell’Unione sovietica. La Polonia, vecchio satellite sovietico, rappresenta ora una barriera significativa a queste aspirazioni. In terzo luogo, la Polonia e la Russia sono separate da visioni contraddittorie che riguardano l’evoluzione dei loro rapporti di vicinanza. Il successo della trasformazione polacca irradia tutta l’Europa dell’Est, e rafforza le aspirazioni pro-europee delle società dell’Europa orientale. Se riconosciamo che nell’Europa dell’Est c’è, ora, una rivalità tra due modelli di sviluppo alternativi: uno post-sovietico, basato su un legame forte tra le sfere politiche, economiche e criminali, ed uno europeo, riferentesi ad una visione del progresso di civilizzazione basato sulle norme e i valori alla base dell’integrazione europea, la Polonia, nolens volens, svolge il ruolo di un centro regionale di gravità politica, economica e culturale. Diventa una guida per la promozione civilizzatrice, una porta che dà alle elite politiche e alle società dei paesi dell’Europa orientale l’accesso ai paesi più sviluppati e la possibilità di adottare i loro valori ed imitarli. La Russia – essendo il centro del modello di sviluppo post-sovietico – percepisce tali tendenze come una concorrenza alla sua influenza. Il modello di sviluppo che essa preferisce è atto a favorire il mantenimento dei paesi dell’Europa dell’Est nella zona del monopolio politico ed economico russo. Questo si rafforza con il processo di "deimperializzazione". Molti uomini politici russi percepiscono l’allargamento ed il rafforzamento delle norme e delle pratiche democratiche, come pure gli standard dell’Unione europea nell’Europa dell’Est, come una continuazione del processo di disgregazione dell’impero sovietico ed è pronta ad opporsi con tutti i mezzi possibili.

I Russi sono consapevoli del fatto che questi due modelli di sviluppo si fanno concorrenza nell’Europa dell’Est. Allora, volendo migliorare le relazioni con la Polonia e l’Unione europea, propongono un "armistizio". In un’intervista pubblicata nella stampa polacca il 7 febbraio 2008, alla vigilia della prima visita del primo ministro Donald Tusk a Mosca, il ministro russo degli affari esteri, Sergueï Lavrov, ha proposto un "disarmo ideologico". "Abbiamo rinunciato alla nostra ideologia ed i nostri partner occidentali non lo hanno fatto." Considerano sempre giusta la loro ideologia (…) il disarmo ideologico internazionale deve essere bilaterale "(1). Non è escluso che queste parole sulla necessità di purificare ideologicamente le relazioni internazionali nascondono il tentativo di fondare le relazioni della Russia con l’Ovest su una nuova versione della pace di Augsbourg del 1555: "cuius regio eius religio". Questo dovrebbe significare che dove si estendono gli interessi delle elite russe, il deficit di democrazia non dovrebbe dispiacere all’Ovest. Il concetto di "armistizio ideologico" ha tuttavia un punto debole. Non prende in considerazione le aspirazioni potenziali delle società dell’Europa dell’Est. Nessuno stato membro dell’Unione europea è capace di mobilitare milioni di gente per una lotta a favore di libere ed oneste elezioni, come successo durante le rivoluzioni in Georgia ed in Ucraina. Ed ancora meno di incoraggiarli ad adottare la bandiera stellata dell’Unione europea come simbolo delle loro aspirazioni. L’Unione europea è associata nell’Europa dell’Est allo Stato di diritto, all’ordine, e alle prospettive di benessere per tutti. Ed il modello post-sovietico è generalmente considerato inefficace ed offerente possibilità di benessere ai soli membri delle elite politiche, economiche e criminali. Come gli altri stati membri dell’Unione europea, la Polonia non potrà accettare la formula "dell’armistizio ideologico". Occorre riconoscere che nel mondo del XXI secolo alcuni principi e valori sono considerati universali, e la Russia non costituisce un’eccezione. Questi sono i diritti dell’uomo, lo Stato di diritto, il rispetto delle norme del pluralismo politico e delle elezioni democratiche libere. I paesi del mondo non possono essere d’accordo con il deficit di democrazia o la mancanza di rispetto dei diritti dell’uomo. Le parole di S. Lavrov ricordano la percezione antiquata del mondo da parte della Russia post-sovietica. Di qui le difficoltà russe a comunicare con il mondo esterno. Nel discorso indirizzato agli studenti dell’istituto di Stato delle relazioni internazionali di Mosca (MGIMO) nel settembre 2007, il ministro russo degli affari esteri chiamava a costruire un "concerto delle potenze per il XXI secolo". A fianco della Russia, il ruolo principale sarebbe svolto dagli Stati Uniti e dall’Unione europea. Recentemente, nell’intervista suddetta per un giornale polacco, il ministro russo ha proposto un accordo tra la Russia e l’Ovest che si ispira al modello dei trattati di Westfalia del 1648, basati sulla priorità degli interessi nazionali e l’equilibrio delle forze tra potenze. Si è riferito anche ad una vecchia concezione delle "zone di influenze". Costruire il mondo del XXI secolo sulla base delle categorie, concezioni e strumenti creati secoli fa, in un mondo con principi e valori diversi, non  sembra realistico. "Le zone di influenze", "l’equilibrio delle forze", interpretati come uno scoraggiamento reciproco, appartengono al passato. Oggi, occorre parlare di cooperazione, d’integrazione, e di "sicurezza cooperativa". Non dobbiamo neppure limitare lo spazio di cooperazione potenziale alla stretta zona degli "interessi nazionali". Nel mondo contemporaneo, che si differenzia dal mondo post-Westfalia con la molteplicità delle entità che partecipano alla politica internazionale, con l’intensità delle correlazioni globali ed il numero delle sfide che superano le possibilità dei paesi sovrani, abbiamo bisogno della voce e della partecipazione russa nella formazione del nostro futuro comune. Occorre dunque avere la speranza che la Russia elaborerà una visione internazionale moderna ed attraente non soltanto per essa stessa, ma anche per il mondo esterno, adeguata alle esigenze del XXI secolo. La Polonia e l’Unione Europea certamente lo attendono con pazienza.

 



[1] Interview avec S. Lavrov, Le monde a besoin d’une Russie forte, Gazeta Wyborcza, 7 février 2008, p. 22.

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