I VERI TERRORISTI
I VERI TERRORISTI
In una interessante intervista, concessa al quotidiano Libero, il prof. Germano Dottori afferma che:
«C’è chi crede che il terrorismo sia un fenomeno spontaneo. Io sono convinto del contrario: un movimento terroristico importante non può emergere né durare senza che sussista un contesto di riferimento che lo
permette e lo alimenta. Ad un livello più alto, le organizzazioni terroristiche hanno leader con ambizioni e progetti. E, più su, ci sono quasi certamente degli Stati che vi investono, ritenendo il terrorismo uno strumento fra i tanti della loro azione politica».
Sono riflessioni molti simili a quelle del prof. La Grassa, ancora più precise sull’individuazione dei fomentatori di odio:
« E’ ora di finirla con tutte queste menzogne sul terrorismo islamico. Non vi è dubbio che – data la situazione venutasi a creare con tutto il caos provocato nel mondo islamico dopo l’attacco degli Usa all’Afghanistan, seguito da molti altri disordini voluti dagli Usa (anche, non scordiamocelo, ai confini della Russia, in Cecenia e nelle Repubbliche centroasiatiche in particolare), che hanno poi trovato speciale accelerazione nel 2011 con l’infame “primavera araba”, approvata pure dai farabutti della presunta “sinistra radicale” europea e italiana (quanto deve essere riscritta la storia degli ultimi anni!) – vi è stata senza dubbio la “fiammata” islamica, che ha conquistato perfino alcune migliaia di “spostati” in paesi europei (ma si tratta di una netta minoranza dei “combattenti”). Resta il fatto che i capi di tale “fiammata” sanno bene quali rapporti intrattengono con i dirigenti Usa e di una serie di paesi arabi (a questi ultimi strettamente legati), da cui sono stati ampiamente alimentati e foraggiati per una serie di finalità non ancora del tutto note».
E ancora: « Ho già rilevato in passato che, quando si mettono in piedi organizzazioni del tipo di Al Qaeda e oggi, ancor peggio, l’Isis, dobbiamo comprendere che sarà un ristrettissimo gruppetto di vertice di tali organizzazioni a conoscere abbastanza bene gli accordi intercorsi con coloro che se ne servono (centri statunitensi in testa). La massa dei militanti deve essere fortemente convinta della lotta (per il proprio “Dio”) che sta combattendo con sacrificio della vita (spesso mediante suicidio); e deve anche assistere a determinati “trionfi”, a perdite inflitte al nemico ideologico, alle grida di vittoria e di “morte all’infedele”. Tutto questo crea – per i “committenti” e i vertici supremi delle organizzazioni “terroristiche” – la necessità di qualche concessione alla tracotanza dei “fedeli”; concessione attuata più che altro mediante buone dosi di lassismo e perfino tramite ostacoli frapposti al funzionamento dei Servizi d’ordine nei paesi “attaccati”. E dove anche tali Servizi non devono sapere (se non in pochissimi, da contarsi sulle dita di una mano) degli accordi tra i vertici ristretti dei paesi “committenti” e degli organismi fomentatori del “terrore”».
E’ questa la chiave di volta per comprendere la situazione geopolitica e non quella della guerra di civiltà, o ancor peggio, di “crociata” religiosa, che ci propinano i giornali o altri cosiddetti esperti del piffero. Diciamo pure che l’interpretazione tendenziosa di costoro costituisce un mascheramento della natura degli eventi e delle strategie adoperate dai grandi player mondiali per incidere su di essi. Anche il cosiddetto effetto collaterale dei flussi migratori, conseguente al caos creato nell’area medio-orientale e nord-africana, da Usa e alleati, non può essere analizzato senza sceverare quell’elemento primordiale. Causa causae est causa causati, sostenevano i latini. Se Obama e soci non avessero “procurato” il danno di aizzare sedizioni interne in quei contesti, già di per se instabili, soffiando sul fuoco di ataviche dispute, se non avessero “internazionalizzato” quelle diatribe, con ingerenze divenute multiple, per riadattare gli assetti dell’area alla mutazione dei loro interessi, ora queste tragedie sarebbero ancora rubricate a beghe locali e non ci troveremmo con un mare di disperati premente alle nostre porte. Reagire a questi effetti nefasti, bloccando gli sbarchi ed espellendo i clandestini, è necessario per evitare che una procurata emergenza si trasformi in una piaga biblica. Ma anche questo non basta a risolvere i nostri problemi. Bisogna respingere i profughi ma, soprattutto, l’idea che chi provoca questi immani disastri, per puntellare la sua sfera egemonica, possa essere nostro alleato o amico.
Ps. l’Ansa riporta questa notizia: “Truppe somale e corpi speciali statunitensi hanno condotto ieri un blitz mirato in Somalia in quello che credevano fosse un campo di addestramento dei terroristi islamici Al Shabaab, ma che invece era una tranquilla fattoria, uccidendo a sangue freddo almeno 10 civili, fra cui tre bambini. E’ quanto afferma oggi il capo dei militari somali a proposito di un episodio sul quale sia Mogadiscio che Washington, che nel frattempo ha confermato l’operazione, intendono indagare.
La strage è avvenuta nel villaggio di Barire, nella provincia di Lower Shabelle, nel sud della Somalia. Secondo il governatore provinciale, i contadini sono stati uccisi “a uno a uno” all’alba di ieri dai militari”.
Gli americani restano i soliti gangster di sempre, non possono dare lezioni di umanitarismo a nessuno. Possono impancarsi a difensori dell’umanità soltanto perchè i loro complici nei media e altrove non danno risalto a simili eccidi, dai tempi di Hiroshima, Nagasaki e Dresda.