I virus sono due
I VIRUS SONO DUE
L’epidemia (ormai dichiarata pandemia) da Coronavirus che sta sconvolgendo l’Italia (e prima ancora la Cina), soprattutto alcune regioni del nord, è cosa serissima e grave. Chi ha minimizzato, pure tra gli scienziati, ha sbagliato ed anche ora, con le terapie intensive al collasso, i contagi cresciuti esponenzialmente e gli obitori pieni di cadaveri non intende ammettere di aver sottovalutato la situazione, giungendo a negare l’evidenza.
Gli scienziati sono uomini e come tali hanno gli stessi difetti di tutti gli appartenenti al nostro genere, alcuni possono essere più superficiali di altri o anche meno bravi o poco scrupolosi. Capita in tutte le professioni e ad ogni livello lavorativo. Taluni, possono essere persino così cinici da non considerare un guaio i decessi oltre una certa età anche se poi si è visto che ugualmente i giovani, se non ospedalizzati adeguatamente, se la vedono davvero brutta. Ciò ci induce a dire che siamo ben oltre i danni provocati da una semplice influenza stagionale, anche perché i laboratori hanno verificato la presenza di un virus sconosciuto contro il quale le nostre difese immunitarie non sono preparate e verso il quale manca un vaccino efficace.
Poiché non sono un esperto mi affido a quello che ho letto, per esempio il testo di Burioni che infatti consiglio in quanto di facile comprensione ma non privo di informazioni scientifiche e storiche sulle principali infezioni che hanno flagellato l’umanità. Riporto alcuni passaggi che mi sembrano importanti perché spiegano cosa sono i virus e come agiscono:
“Un virus è qualcosa di semplicissimo. Una scatola con dentro un gene (chiamato «genoma virale») che serve a sintetizzare tutte le proteine necessarie al virus per replicare il suo genoma e costruire nuove scatole dove mettere i nuovi genomi, per uscire dalla cellula infettata e ormai “morente, e arrivare in un’altra cellula, possibilmente quella di un altro individuo. In altre parole il virus esiste per fare esclusivamente una cosa: arrivare dentro una cellula, prenderne il comando e costringerla a generare molte migliaia di virus a partire da quello iniziale. Scatole con dentro i genomi, pronti a infettare altre cellule e altri individui. La scatola del virus, che si chiama «capside» ed è costituita da proteine prodotte sulla base di informazioni presenti nel genoma virale, serve sostanzialmente a due cose. La prima è banale: deve fornire al genoma una protezione che gli consenta di rimanere integro per il tempo che serve a infettare un’altra cellula. La seconda è meno scontata: la scatola, oltre a proteggere il genoma del virus, deve consentirgli l’ingresso in una cellula non infettata. Se questo passaggio cellula-cellula avviene solo all’interno dello stesso individuo, non abbiamo “trasmissione e il virus muore insieme all’ospite che ha infettato. Se questo passaggio avviene invece dalla cellula di una persona alla cellula di un’altra, ecco che abbiamo il contagio.
La natura della scatola che contiene il genoma del virus è importantissima in termini pratici. Se la scatola è molto fragile, il virus si potrà trasmettere solo ed esclusivamente con contatti estremamente ravvicinati, come quelli sessuali. È il caso, per esempio, del virus HIV. Se la scatola al contrario è più resistente, e magari permette al virus di resistere integro nell’ambiente esterno per qualche ora, la situazione sarà completamente diversa. In questo caso, infatti, la trasmissione non avrà bisogno di un contatto ravvicinatissimo, come un rapporto sessuale. Il virus riuscirà a passare da una persona all’altra anche quando un paziente infettato starnutisce parandosi la bocca con la mano e con questa afferra una “maniglia che viene poi toccata da qualcun altro, che a sua volta si porta alla bocca la mano contaminata: anche se fa un po’schifo, è così che succede nel caso del raffreddore, dell’influenza e pure del nuovo coronavirus…“la scatola, oltre a proteggere il genoma del virus dalle «intemperie», serve anche a un altro passaggio fondamentale: consente al virus di fare entrare il suo genoma all’interno della cellula. Questo è uno dei momenti in cui il virus dà prova della sua «intelligenza», visto che il modo in cui riesce a ingannare la cellula è indubbiamente affascinante. “Per entrare in casa nostra ci vuole una chiave, e anche per entrare in una cellula non è poi troppo diverso. Ma la cellula non ha certamente la sciocca idea di costruire una porta da cui può passare un virus potenzialmente letale, così come noi non siamo soliti lasciare le chiavi davanti al nostro portone per agevolare il lavoro ai ladri che vogliono svaligiarci l’appartamento. Tuttavia una porta chiusa non è sempre una difesa efficace: un ladro può utilizzare una chiave falsa che, pur non essendo perfettamente identica a quella vera, riesce comunque a fare scattare la serratura. È esattamente quello che fa il virus. Sulla superficie della cellula ci sono tante porte indispensabili alla sua vita e al nostro intero organismo: il virus entra perché riesce a dotarsi di una chiave falsa che sblocca una di queste serrature. Dove la trova? Provando e riprovando e sfruttando i suoi errori…“Siamo arrivati al momento in cui il virus è riuscito a forzare la porta di una nostra cellula. Se ci fossero stati degli anticorpi contro la sua chiave falsa, che sono proprio quelli che vengono suscitati dai vaccini, il virus non avrebbe potuto usare il grimaldello e noi ci saremmo salvati dall’infezione. Ma in questo caso ipotetico gli anticorpi mancano e siamo vicini al momento decisivo. Il virus è entrato e il genoma virale è rilasciato all’interno della cellula: cosa accade? Il genoma virale è particolare: può essere fatto di DNA, come quello della cellula, oppure di RNA, come l’RNA messaggero. Se il genoma virale è fatto di DNA, tipicamente ha delle calamite potentissime sempre accese, senza interruttori. L’RNA polimerasi, quella che sintetizza l’RNA messaggero, verrà attratta da queste calamite immensamente più forti di quelle presenti nel DNA della cellula. In altre parole, il virus ha un DNA che inganna la cellula facendole credere che le sue proteine sono importantissime per lei, e che la sintesi è urgente e deve essere eseguita prima di ogni altra cosa. Così, nella cellula infettata non verranno sintetizzati gli RNA messaggeri che codificano per l’actina, per la miosina o per la cheratina, ma quelli per le proteine che servono al virus per prendere il comando della cellula, replicare il suo genoma e costruire le scatole dove impacchettarlo, uscendo infine dalla cellula stessa e se possibile anche dall’individuo contagiato. Come abbiamo detto, il controllo della sintesi delle proteine è attuato solo dagli interruttori presenti nel DNA. Nel momento in cui il virus è riuscito a ingannare la cellula facendole credere che le proteine da sintetizzare in maniera abbondante e urgente sono le sue, verranno prodotti i relativi RNA messaggeri e i ribosomi sintetizzeranno le proteine virali senza battere ciglio. Il gioco è fatto, perché alcune di queste proteine bloccheranno le funzioni della cellula privilegiando tutto quello che serve per la moltiplicazione virale. Se invece il genoma è a RNA, la questione è spesso ancora più semplice. Ricorderete che i ribosomi – le macchine cellulari che costruiscono le proteine – eseguono le istruzioni contenute nell’RNA messaggero, e in particolare riconoscono una regione dell’RNA messaggero alla quale si attaccano: da lì in poi fanno il loro lavoro, diciamo così, in automatico. Al virus con un genoma fatto di RNA basta inserire al suo interno un sito che attrae in maniera potentissima i ribosomi. A quel punto i ribosomi, ingannati, penseranno che quel pezzo di RNA non è il genoma del virus, ma un RNA messaggero che serve alla cellula. Così lo utilizzeranno per sintetizzare le proteine del virus al posto di quelle della cellula, e anche in questo caso la partita sarà chiusa: alcune di queste proteine serviranno a prendere il comando e a replicare tantissime volte il genoma, producendo una gran quantità di finti RNA messaggero…“Insomma, il virus è una specie di formula magica che si inserisce nella normale attività della cellula, un comando sbagliato che ordina a tutto il meccanismo in maniera imperativa: «Smetti di fare quello che fai e mettiti a mia disposizione: mi servono nuove scatole e nuovi genomi per uscire da te ed entrare in un’altra cellula, e se possibile in un’altra persona». Ed è quello che puntualmente accade nella cellula infettata.”
Come si può comprendere, finché non avremo farmaci e vaccini contro questo Coronavirus, pericolosissimo, occorrerà tagliarli la strada non facendoci trovare sulla sua strada. Per questo è corretto ricorrere alle quarantene o alla riduzione degli assembramenti in cui esso può saltare allegramente da individuo ad individuo. Laddove dovesse propagarsi troppo i suoi effetti, anche attraverso ulteriori eventuali mutazioni, potrebbero divenire devastanti. Quando invece saremo pronti con la giusta medicina, questo virus ci procurerà qualche fastidio passeggero. Adesso però non si può dire che sia appena più serio di una influenza. Non possono dirlo nemmeno gli esperti, come suggeriva l’infettivologo Massimo Galli, perché anche chi ha competenza è per ora incompetente su una questione del tutto nuova, nonostante abbia i mezzi intellettuali per recuperare.
Purtroppo non possiamo negare che l’emergenza non sia stata ben gestita tanto da estendersi a tutto il Paese, sebbene con episodi di contagio e mortalità che variano ancora molto tra settentrione e meridione. Ma ormai l’infezione è partita e soltanto nei prossimi mesi capiremo quanto saremo stati realmente coinvolti in ogni angolo d’Italia. Occorrerà che lo Stato rivendichi la libertà di operare con misure straordinarie, in primis sul piano economico. Bisognerà ripartire di slancio subito dopo il superamento della crisi sanitaria aggiuntasi a quella annosa economica. Non con gli spiccioli raccattati qui e lì ma con grandi piani di aiuto ed investimento di cui dovrà farsi carico lo Stato anche contro Bruxelles. Se la nostra classe politica si tirerà indietro sarà più virulenta dello stesso virus. Anzi, come abbiamo sempre detto, chi guida il Paese ha già dimostrato troppe volte di essere una infezione e che sia un vero agente patogeno a darle il colpo finale sarebbe persino un giusto contrappasso.
Ps. Un mio parente mi riferisce di aver dato una ventina di mascherine all’ospedale del suo paese in Lombardia perché la situazione sta precipitando e manca ormai anche lo stretto necessario causa ricoveri crescenti. Chi ridimensiona la gravità dei fatti si comporta come Don Ferrante nei Promessi Sposi e rischia di fare presto la sua stessa (brutta) fine.