IL 9 MAGGIO DEI SERVI
Oggi è festa nazionale in Russia, si celebra la vittoria nella GGP (Grande Guerra Patriottica) e l’impresa dell’armata rossa che, pagando un prezzo salatissimo in vite umane, sconfisse l’esercito nazista espugnando Berlino ed innalzando la bandiera sovietica sul Reichstag(questo però il 2 maggio del 1945). All’epoca i sovietici erano nostri alleati, in nome del comune nemico germanico, ma questo mutuo soccorso di comodo, tra schieramenti internazionali ideologicamente diversi e distanti, si esaurì poco dopo la fine del conflitto mondiale, aprendo un nuovo fronte di scontro e di competizione geopolitica tra est ed ovest, chiusosi soltanto con la dissoluzione dell’URSS nel ’91-’92.
In tutta quella lunga fase che va dal 1947 (inizio della guerra fredda, con il cosiddetto contenimento del comunismo previsto dalla dottrina Truman) fino ai giorni nostri, la propaganda euroamericana non ha fatto altro che minimizzare il contributo di sangue dei russi nella II GM per autocanonizzarsi quale massima santità del regno della libertà contro il nuovo pericolo totalitario comunista. Doveva passare il concetto che “a noi ci hanno liberato gli americani”, come cantava Gaber sminuendo il ruolo di Mosca, ormai nemica giurata del mondo libero post-bellico. Come ha scritto ieri Venturini sul Corriere della Sera: “Senza i venti milioni di morti sovietici difficilmente le divisioni naziste sarebbero state fermate e poi battute. Senza l’eroica resistenza di Stalingrado, senza il lungo e vano assedio a Leningrado (dove il numero dei morti superò la somma di quelli americani e inglesi in tutta la guerra), Hitler non avrebbe fatto la fine di Napoleone e la Storia sarebbe stata diversa…. Ma il peso della Vittoria del 1945 dovrebbe prevalere. Così fu nel giugno dello scorso anno, quando Hollande invitò Putin alle celebrazioni per lo sbarco alleato in Normandia e Putin andò. Tutto questo tre mesi dopo l’annessione della Crimea. Nessuno gridò allo scandalo, tutti capirono che la memoria aveva i suoi diritti e nulla comprometteva per l’attualità. Sabato andrà diversamente. E purtroppo, a ben riflettere, la fuga occidentale dalla Storia sarà tanto avvilente quanto inevitabile…”. Quantunque il sacrificio eroico dei russi sia indubitabile, un evento storico che nessun fatto recente potrà mai cancellare, nemmeno l’inesistente neoimperialimo russo, i big del “Patto Atlantico” diserteranno la parata di oggi per fare un dispetto a Putin che, nonostante queste manifestazioni di antipatia, continua a chiamare partner i suoi corrispettivi occidentali. Il Presidente russo, quindi, appare molto più ragionevole dei cosiddetti campioni democratici di casa nostra che lo accusano di voler ricostituire l’impero, mettendo così a repentaglio una ormai precaria stabilità mondiale, resa tale dall’esaurirsi della funzione regolatrice americana, in fase di relativo declino epocale, in seguito all’emersione e alla riemersione di potenze geopolitiche concorrenti. E di questo non si può certo accusare il capo del Cremlino in quanto, semmai, egli è interprete intelligente di siffatte oggettive dinamiche globali attivate dal processo storico. Se gli americani e gli europei hanno veramente finito col credere alle loro stesse grandi narrazioni, ai racconti di Fukuyama che annunciavano la fine della storia, è tempo che si ravvedano, riprendendo contatto con i tempi presenti. E’ il solito esercito di buoi, quello che stigmatizza Putin, il quale vede le corna ovunque fuorché sulla sua testa, trovando più facile demonizzare il nemico anziché prendere coscienza dei limiti della propria visione strategica, accompagnata da una retorica ormai troppo distorcente la realtà. L’Italia poi si conferma il paese più sciocco di tutti,in queste manifestazioni di servilismo collettivo verso la Casa Bianca, sua padrona, perché avrebbe molto da guadagnare da un suo riposizionamento strategico, approfittando del posto che la geografia le ha assegnato. Una partnership più consapevole e assertiva con la Russia, per esempio, ci aprirebbe le porte del XXI secolo, facendoci partecipare, da vera protagonista, alla partita in corso tra potenze che aspirano a primeggiare sullo scacchiere mondiale. Ma noi preferiamo disertare, non esporci, non rivendicare la legittimità della nostra sovranità nazionale, piegandoci ancora al volere di Washington. Però inviamo a Mosca, a deporre una corona di fiori al monumento al Milite Ignoto, un Ministro dalle doti ancora più ignote, per non farci mancare la nostra buona dose giornaliera di ipocrisia diplomatica e ridicolaggine politica. Del resto, non siamo più il paese di Dante ma di Benigni che rilegge Dante, abbassandolo al livello di un pessimo comico fiorentino. Proprio Benigni, impostore di prima categoria, nel suo film premiato con l’Oscar, La vita è bella, riuscì, nella scena finale, a capovolgere la verità storica, facendo entrare ad Auschwitz un carro armato americano, laddove tutti sanno che furono i sovietici a liberare gli uomini detenuti in quel campo di concentramento (vedere per credere https://www.youtube.com/watch?v=fJySW_GF_jY). Questa è l’Italia, applaude Benigni ma evita Putin. Buon 9 maggio a tutti.