IL DESTINO DEL TRALICCIO
I tralicci sono reazionari, lo sappiamo sin dai primi anni ’70 allorché uno di essi, fratello maggiore di un fascio di ferro, si prese la vita del compagno Osvaldo (Giangiacomo Feltrinelli). I tralicci si spezzano ma non si piegano alle ragioni delle proteste e, come totem sacri, si vendicano degli empi che scalandoli tentano di toccare il cielo della rivolta con un dito. Trascorso tanto tempo c’era da sperare però che la lezione fosse stata definitivamente appresa. Purtroppo, soprattutto per chi adesso lotta tra la vita e la morte, dobbiamo riscontrare che l’arrampicata sul pilone fa parte del patrimonio genetico del ribelle il quale, sospinto dall’ideale e dal sogno ancestrale della sollevazione popolare, troppo in alto sale e precipitevolissimevolmente cade facendosi male. Ci dispiace molto per quello che è accaduto ad uno dei leader dei No Tav, Luca Abbà, ma anche questo gesto, divenuto involontariamente estremo, non redime da una battaglia sbagliata caricatasi ideologicamente più del dovuto. Lo sventurato No Tav è stato folgorato innanzitutto dalla sua smania di impedire la costruzione dell’alta velocità che a sentire tutti i movimentisti elettrizzati dalla contestazione permanente deturperebbe il territorio e non porterebbe alcun vantaggio al Paese, tanto meno agli abitanti della zona. Non voglio entrare nel merito della faccenda, anche se non esiste grande progetto infrastrutturale ad impatto ambientale “zero”, non c’è nessun investimento che non comporti speculazioni ed esternalità negative ma mi sembra che in Italia stia passando, prima ancora della linea Tav, una linea arretratista e passatista ostacolante qualsiasi intervento di modernizzazione. Non a caso, sul sito degli antialtavelocisti, viene così spiegato il loro rifiuto nei confronti di tale opera: “Il progresso non deve essere confuso con la crescita infinita. Il territorio italiano è piccolo e sovrappopolato, le risorse naturali (acqua, suolo agricolo, foreste, minerali) sono limitate, l’inquinamento e i rifiuti aumentano invece senza limite, il petrolio è in esaurimento. Progresso vuol dire comprendere che esistono limiti fisici alla nostra smania di costruire e di trasformare la faccia del pianeta. Progresso vuol dire ottimizzare, rendere più efficiente e durevole ciò che già esiste, tagliare il superfluo e investire in crescita intellettuale e culturale più che materiale, utilizzare più il cervello dei muscoli. Il TAV rappresenta l’esatto contrario di questa impostazione, è un progetto vecchio e ormai anacronistico, che prevede una crescita infinita nel volume del trasporto merci (che poi saranno i rifiuti di domani), privilegia come valore solo la velocità e la quantità, ignora la qualità, ovvero se e perché bisogna trasportare qualcosa”. Ovvero tanti pregiudizi che sono stati via via smentiti dagli esperti e dalla scienza, dalla teoria errata di Hubbert (quella del picco delle risorse fossili come il petrolio, il quale probabilmente è addirittura di origine non biologica) all’utopia della decrescita, ultima trovata di intellettuali gaudenti che si accordano alla natura e alla campagna dai loro raffinati salotti. Ad ogni modo, ci auguriamo che Luca possa riprendersi presto perché non è giusto morire a 37 anni per una imprudenza. Tutti ne abbiamo commesse, almeno una volta nella vita, anche se, fortunatamente per noi, con conseguenze meno nefaste.