Il lungo periodo e’ fatto di tanti brevi
(21 maggio 2008)
Il blog è tiranno e obbliga a comporre un ragionamento con tanti piccoli pezzi che trattano argomenti parziali, ma facenti parte di un mosaico. C’è solo da sperare nel lettore capace di riallacciare il filo comune che sottende e lega fra loro i vari brani.
Keynes diceva che nel lungo periodo siamo tutti morti; però vari suoi seguaci hanno esteso i suoi ragionamenti a un’ampia estensione di tempo, giungendo, non a caso, a sostenere una tendenza del capitalismo alla stagnazione ormai praticamente definitiva. Anche i marxian-keynesiani Baran e Sweezy pensavano più o meno la stessa cosa. Perfino un autore come Schumpeter – pur se attraverso ragionamenti diversi, basati sulla crescente burocratizzazione della grande impresa con graduale spegnimento della creatività innovativa dell’imprenditore – giungeva a conclusioni simili; non sospettò che invece la sua teoria della distruzione creatrice sarebbe stata rivitalizzata di lì a qualche decennio. L’unico in controtendenza in quegli anni lontani (diciamo, tra i ’30 e i ’50) fu Burnham, ma non entro in particolari (il suo libro, se non erro, è del 1941), per non allungare troppo il discorso.
Il lungo periodo (chiamiamolo X) è in realtà composto di tanti periodi assai più brevi (x1, x2, x3….). In ognuno d’essi si sviluppa una serie di conflitti, e si formano diverse e variabili alleanze, con l’utilizzo di determinati strumenti; quegli strumenti che sono ritenuti dai contendenti i più efficaci in quel dato contesto storico-sociale (a livello mondiale come nel più ristretto ambito di un dato gruppo; e ovviamente in tutte le situazioni intermedie). Chi vince o almeno si trova in una posizione di prevalenza o comunque “ottima” alla fine del periodo x1, è anche quello che in genere si pone nelle condizioni migliori per affrontare i conflitti e stringere le dovute alleanze (utilizzando nuovi strumenti ancora più efficaci) nel periodo x2; e così via ….. verso il lungo periodo X.
Il discorso, così impostato, può sembrare un po’ astratto; vediamo allora di fare un esempio chiarificatore. Tutti sanno che un Rifkin – ma non lui solo, molti altri invece, lo cito come paradigmatico di una certa impostazione – ha concluso, sulla base delle sue più recenti riflessioni, che entro il XXI secolo le riserve di petrolio, e altri prodotti similari come il gas (comunque gli idrocarburi), si esauriranno. Potrei obiettare che ci sono studi piuttosto seri (così mi si dice), compiuti da scienziati russi, che propendono per l’origine minerale del petrolio; e questo, se fosse dimostrato, muterebbe certe prospettive. Potrei anche ricordare che nella mia vita, non breve, ho sentito annunciare la fine delle riserve di questo o quel prodotto o materia prima, che circolano ancora ampiamente nei mercati. Potrei anche riferirmi al Club di Roma che, nel 1972 (mi pare), pubblicò uno studio commissionato al famoso M.I.T (uno dei primissimi Istituti universitari americani, in specie per quanto riguarda le Facoltà scientifiche e tecnologiche), in cui si sosteneva l’esaurimento delle risorse del pianeta con definitiva stagnazione per raggiunti “limiti dello sviluppo” (o, più precisamente, della crescita), limiti considerati assolutamente insuperabili; questi erano posti a circa cent’anni di distanza, ma gli effetti si sarebbero già ampiamente rilevati entro la fine del secolo XX. Nel 2004, Donella Meadows (principale autrice di quel rapporto) e altri lo hanno aggiornato e hanno spostato il centro del discorso dai limiti dello sviluppo al degrado dell’ambiente, problema piuttosto diverso.
Potrei anche ricordare altre previsioni, in numerosi campi, tutte andate “in aceto”. Pensiamo ad esempio ai vari studi sull’accentuarsi del divario dualistico tra sviluppo e sottosviluppo (ricordiamo, per tutti, il ben famoso Myrdal). In molti, fino ad anni storicamente assai recenti (proprio “ieri”), hanno continuato a predire miseria crescente per il terzo mondo (Asia, Africa, Sud America) a favore dell’arricchimento sfacciato del primo mondo, in particolare di quello capitalistico avanzato (“occidentale”). Ho bisogno di fare commenti? Tuttavia, il nodo centrale della questione si situa altrove, precisamente nel fatto che ogni lungo periodo si compone di tanti periodi brevi. Che si direbbe di un ufficio meteorologico che si specializzasse nel predire, il primo gennaio di ogni anno, l’andamento climatico delle varie stagioni nel corso dell’intero anno? E si disinteressasse invece, come questione secondaria, irrilevante, non meritevole d’attenzione, di ciò che può accadere il 2 o 3
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gennaio o, al massimo, nei giorni intorno all’Epifania? Tale ufficio previsioni verrebbe sbeffeggiato e poi gli si taglierebbero i fondi e lo si farebbe chiudere.
Nel campo delle previsioni circa l’andamento dell’economia e della società nei prossimi cent’anni, invece, si trovano il Club di Roma (cioè la Trilateral; si sa cos’è o cos’era?) e, oggi, gli Al Gore, i Soros, le Goldman Sachs, ecc. Tutti grandi capitalisti finanziatori di “guru” che fanno gli “indovini”, ma con modelli matematici, statistiche, tutto fumo da gettare negli occhi delle masse ignoranti e credulone. Questa è la pseudoscienza da sputtanare, da esecrare, non la “tecnoscienza” che questi imbroglioni cercano di screditare con l’aiuto di “grandi pensatori” che chiacchierano in libertà sull’Uomo e i suoi Destini.
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Torniamo però alla predizione circa l’esaurimento degli idrocarburi quali fonti energetiche entro il XXI secolo. Voglio ammettere per un momento – pur se nessuno può prevedere con certezza (e nemmeno con probabilità superiore ad una percentuale piuttosto bassa) ciò che accadrà di qui a mezzo secolo o addirittura un secolo – che non avremo più petrolio e gas tra il 2050 e, al massimo, il 2100. Attualmente, tuttavia, sussiste una lotta accanita tra il progetto – di cui parleremo brevemente in altra occasione – di Eni-Gazprom (il Southstream), con anche l’accordo dell’algerina Sonatrach e della libica Noc (per gasdotti che si collegheranno al precedente), il progetto Nabucco (di cinque società di paesi europei orientali appoggiati però dagli Usa), quello recentissimo nato dall’accordo tra Exxon e Mol (società ungherese che è anche nel Nabucco). I dirigenti delle imprese interessate (che hanno dietro di sé immensi interessi e appoggi dei rispettivi Stati) sono forse tutti stupidi, incoscienti, incapaci di vedere al di là del proprio naso? Proprio per nulla: essi hanno deciso di darsi intanto battaglia per i prossimi 15-20 anni (e qualcosa in più); che è appunto il periodo x1, uno dei componenti (il primo, guarda caso) del periodo X (che sarebbe il XXI secolo).
E se si danno battaglia, è per arrivare in qualche modo a dominare; ciò non significa necessariamente che uno vincerà e gli altri “andranno a Patrasso”. Però si cerca di prevalere, di stabilire dei rapporti di forza il più possibile favorevoli a sé. Chi li stabilirà si troverà avvantaggiato come potenzialità complessiva di quel dato gruppo di imprese che, contrariamente alle banalità dette per troppo tempo, fanno riferimento a ben precisi sistemi socio-economici nazionali con i loro Stati. Le potenzialità in oggetto – che serviranno ad affrontare il periodo x2 del “lungo periodo” X – si rifanno alla massa di profitti incamerati, all’estendersi della propria influenza (e dell’influenza dei loro Stati) verso una serie di aree: Europa orientale, Caucaso, Centro Asia, Maghreb, Medio Oriente, ecc.
Potete essere sicuri che i tipi alla Al Gore, Soros, ecc., nel mentre finanziano i “profeti del lungo periodo”, sapranno approfittare dei vantaggi di queste competizioni (ho fatto un solo esempio, ma in ogni settore dell’economia e della politica sussiste la lotta e l’alleanza per la lotta, ai fini di prevalere magari anche soltanto relativamente). I capitalisti sono persone “doppie” (o anche “triple”, ecc.), infidi, bugiardi, imbroglioni, sempre alla ricerca del raggiro o del pugno duro da assestarti non appena ti vedono in difficoltà e in bilico; sono però persone serie, e in genere sanno fare i loro affari molto bene. Possono perdere per sfortuna o per minore abilità rispetto ad altri “strateghi del capitale”; ma non sono così sciocchi da credere alle imbecillaggini “spadellate” da coloro che essi pagano per raccontare quel che accadrà nel lungo periodo (X), in cui “saremo tutti morti”; un racconto utile al fine di rincoglionire del tutto i già “poveri di spirito”.
Chi vince nel periodo x1 (anche, lo ripeto, in modo relativo, senza necessariamente schiacciare gli avversari), accumula le forze per passare a x2; e, se in questo secondo periodo sarà necessario cominciare ad adattarsi alla previsione della fine di certe materie energetiche (o di prodotti tecnologici che gradualmente, e talvolta in breve tempo, divengono obsoleti), le imprese (i gruppi economico-finanziari-politici) prevalenti avranno le migliori risorse e la più ampia influenza (geografico-sociale e politica) per passare ad altre fonti, ad altre tecnologie. Riporteremo fra breve un articoletto
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(una intervista) che indica come l’ENI si prepara al solare, senza dimenticare tutto il resto e, soprattutto, l’adesso in nome dell’avvenire “secolare”.
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Cari “amici” ambientalisti (e catastrofisti vari), noi non siamo in via pregiudiziale contro le energie cosiddette “alternative”. Se sarà possibile utilizzare il vento, ma soprattutto il Sole – senza rinunciare a quel tenore di vita che ci ha allungato di non so quanti decenni la media della stessa (e non soltanto la vecchiaia, come si dice con assoluta superficialità; si vive meglio e si è complessivamente in discreta salute e attivi fino a età piuttosto avanzata, anche se certo ci sono molti vecchi in gravi difficoltà) – ne saremo felicissimi. Ed è vantaggioso pensare anche ad altre fonti, di vario genere. Fra l’altro, la diversificazione credo sia vantaggiosa anche per l’autonomia (e soprattutto per il suo mantenimento in contingenze di crisi). Nessuna prevenzione nei confronti di un impegno serio a sostituire altre fonti energetiche a quelle oggi più in voga. Però, non si venga a raccontare che ci si deve rassegnare ad un tenore di vita più frugale, a rigorosi piani di risparmio. Perché il problema non va visto tanto dal lato della domanda di consumo, quanto da quello degli apparati industriali (e della ricerca scientifica che ci sta dietro) in grado di accrescere la forza complessiva di un paese.
Questa forza dipende anche da un sicuro e stabile miglioramento delle condizioni di vita dei propri cittadini. Essa serve però soprattutto a potenziare le capacità di autonomia di un sistema-paese o nazione, questa parola così desueta a “sinistra”, considerata quasi come un insulto, come sinonimo di fascismo: uno stupido e ormai bolso ricatto dei nostri (sub)dominanti, in ginocchio davanti ai (pre)dominanti statunitensi. Oggi, che piaccia o meno agli ambientalisti, non esiste – se non appunto nel “lungo periodo” in cui ecc. ecc. – la possibilità di una massiccia sostituzione delle attuali energie con il Sole e altre fonti del genere, apprezzabilissime in linea di principio, ma non risolutive nel periodo x 1.
Le grandi imprese energetiche (con i loro Stati dietro) non combattono fra loro perché non sanno guardare appena un po’ più avanti. I gruppi dominanti valutano molto meglio di ogni altro quello che è strategicamente utile per vincere quelle “battaglie” che, messe in fila, decideranno infine le sorti della “guerra” sul più lungo termine. Essi non vogliono però essere disturbati in queste loro operazioni, in cui alcuni si consegnano succubi ad altri (magari dichiarandosi invece pomposamente “alleati”) perché ciò conviene a chi non osa affrontare il conflitto nemmeno nel più breve periodo (esempio tipico quello della nostra GFeID). Allora è molto utile che ci siano degli sciocchi a “cazzeggiare”, favoleggiando di un interessamento “delle masse” alla lotta per l’ambiente, che vada oltre il semplice articolo di giornale, la piccola manifestazione (ma “dura e senza paura”) o ancor peggio la chiacchierata salottiera di alcuni “globetrotters” della difesa dell’ambiente e della “felicità dell’Uomo”. Alcuni sono cervelli deboli in buona fede, ma altri sono ben pagati per diffondere una psicologia di paura e di resa di fronte alla perdita della propria indipendenza, che si mantiene solo dotandosi dei mezzi necessari allo scontro nel breve periodo (x1).
Se nel 2100 l’umanità intera userà come immane fonte energetica quella del Sole oppure l’idrogeno e via dicendo, “beate” quelle generazioni; naturalmente, metto tra virgolette il termine, perché non si creda che l’energia “pulita”, eventualmente utilizzata universalmente in quella data, impedirà che ci si pesti il “giusto necessario” per assicurarsi una egemonia, una predominanza. In ogni caso, adesso, seguiamo (anzi seguite, perché io sarò impegnato su “altri fronti”) le battaglie che si svilupperanno per i prossimi 10-15-20 anni. E la si smetta con le baggianate delle previsioni secolari. Basta con i “veggenti” e i “predicatori”, che amano sempre svisceratamente l’Uomo; assai meno invece i comuni individui umani, che popolano ogni data formazione sociale particolare, ogni dato paese in un determinato “intorno temporale” della sua evoluzione storica. Bisognerebbe metterli a tacere e attrezzarsi alla lotta che si svolgerà, e sarà acuta, nel periodo x1, il prossimo venturo.
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