IL MONDO SENZA GUERRE
IL MONDO SENZA GUERRE
Senza la scienza e gli scienziati il mondo in cui viviamo sarebbe molto diverso. Questa affermazione è però un logaritmo giallo in quanto per fare scienza occorrono capacità di astrazione, di concettualizzazione e, dunque, di ragionamento che sono strumenti domestici dell’uomo, come avrebbe detto Ortega y Gasset. So benissimo che quella da noi chiamata scienza moderna inizia migliaia di anni dopo l’apparizione della nostra specie su questa terra ma senza le abilità di cui abbiamo testé detto nessuna scienza, né antica né moderna, sarebbe stata possibile. Queste qualità hanno sicuramente permesso all’uomo di salire in cima alla catena alimentare mentre è palese che la sua forza fisica non sarebbe stata sufficiente, in un mondo di fiere più energiche ed agili, a raggiungere tale primato. Pertanto, non ci allontaniamo troppo dalla realtà se diciamo che le citate attitudini sono stati i nostri strumenti di lotta in un mondo di impietose e implacabili lotte, con l’ambiente e con tutti i suoi abitanti, a loro volta in conflitto tra loro. Ancora una volta ci viene in soccorso Ortega Y Gasset il quale ci suggerisce qualcosa in più sulla lotta per la vita che è vita per la lotta: “Vita è lotta con le cose [e le stesse persone] per sostenersi tra esse. I concetti sono il piano strategico che noi escogitiamo per rispondere alo loro attacco. Per questo se si scruta l’essenza più intrinseca di qualunque concetto, si trova che non ci dice nulla della cosa stessa, se non che riassume quello che un uomo può fare con quella cosa o soffrire con essa”.
Del resto, da Nietzsche a Mach, si sostiene che logica e scienza siano nate per motivi pratici dell’umanità, addirittura per accomodare il mondo “a dei fini utili”, anche se hanno raggiunto, via via, livelli di complessità sempre più elevati che hanno allontanato il punto di partenza. La conoscenza per la conoscenza, questo amore improprio, oltre che una tautologia è una solenne sciocchezza da professorini. Scrive Mach: “In apparenza la scienza si è sviluppata come ramo collaterale più ‘superfluo’ dello sviluppo biologico e della civiltà. Ma oggi non possiamo più mettere in dubbio che è diventata il fattore biologicamente e culturalmente più propizio. Si è assunta il compito di sostituire all’adattamento inconsapevole, che procedeva a tastoni, un adattamento più rapido, chiaramente consapevole e metodica. Il fisico E. Reitlinger, ora defunto, soleva dire pessimisticamente: « L’uomo ha fatto la sua comparsa in natura quando le condizioni della sua esistenza erano pronte, ma non ancora le condizioni del suo benessere». In realtà, queste deve crearsele da solo, se le è create”.
Purtroppo, gli scienziati, uomini di ingegno e spessore, a volte dimenticano certe lezioni e vengono a farci la lezioncina sulla pace del mondo a cui loro, con la loro sapienza, potrebbero contribuire. Ma la pace nel mondo è un fine pratico dell’umanità? L’esperienza sembra dirci di no. Abbiamo già riportato il dialogo tra Einstein e Freud, quello in cui il primo auspica “una autorità legislativa e giudiziaria col mandato di comporre tutti i conflitti” che sorgono tra i Paesi mentre il secondo scevera una visione più realistica che tratta di forza, violenza e lotte, connaturate all’agire umano, per quanto anch’egli infine si augura la possibilità di una pacificazione raggiungibile.
Ieri su Repubblica è apparsa una intervista al fisico Carlo Rovelli, il quale insieme ad altri colleghi e qualche premio Nobel si è reso protagonista di un appello per il disarmo. Riporto dal quotidiano:
“«È una proposta molto concreta», dice subito rispondendo a Repubblica via Zoom dalla sua casa nel sud della Francia, dove da venti anni insegna fisica teorica all’università di Aix-Marseille. La posta in gioco è il nostro futuro: «Chiediamo di negoziare una riduzione equilibrata della spesa militare globale da reinvestire per affrontare i problemi gravi dei nostri tempi: riscaldamento climatico, epidemie e povertà». Nella lista dei firmatari compaiono anche i Nobel Giorgio Parisi e Olga Tokarczuk. E ci sono gli italiani Annibale Mottana (presidente Accademia Nazionale delle Scienze dei XL) e Roberto Antonelli (presidente Accademia dei Lincei). Si può leggere e firmare l’appello sul sito https://peace-dividend.org
«Alla base c’è un’ idea semplice: l’umanità ha problemi comuni gravi, per affrontarli servono risorse, che sono difficili da trovare. Ma c’è un modo per reperirle: collaborare e negoziare una diminuzione comune delle spese militari, raddoppiate dal 2000 a oggi ovunque. Anche una piccola riduzione del 2% all’anno per cinque anni libererebbe un “dividendo di pace” enorme: mille miliardi di dollari da qui al 2030,una cifra molto superiore a quella che viene oggi destinata alla collaborazione internazionale. Sono rimasto sorpreso dall’adesione entusiasta di tanti Nobel, tra cui anche il Dalai Lama.E non le nascondo che mi piacerebbe il supporto di papa Francesco».…proviamo a rispondere in maniera non velleitaria o retorica. Chiediamo ai governi del mondo di sedersi attorno a un tavolo e negoziare in modo duro» …Ma per cambiare il mondo in una direzione più giusta quello che serve non è la scienza: è la politica». La scienza sta troppo dalla parte del potere in una società in cui le diseguaglianze crescono e molti si sentono tagliati fuori dalle danze. Il risultato è una perdita di credibilità… Chi fa scienza è consapevole di occupare una posizione di privilegio e quindi si sente investito di una responsabilità…«La scienza non è una torre d’avorio
isolata dal resto del pensiero. È in costante scambio di idee con tutto quanto avviene intorno.”
Tutto bello, tutto inutile. Simili campagne di sensibilizzazione danno visibilità a chi le organizza ma fanno sorgere molto dubbi sulla profondità di determinate riflessioni. Uno che di politica se ne intendeva sentenziò a suo tempo: “si devono compiere precisamente quelle azioni, perché gli altri non ci prevengano, per togliere agli altri la possibilità di farle a noi”.(Machiavelli). E chi disarmerà per primo, posto che l’armarsi è garanzia di prevenire dette offese? L’esperienza ci insegna che armi potenti ben distribuite scoraggiano l’uso da parte dei contendenti, si pensi a Usa e URSS. Nemmeno semplicemente di armarsi si tratta ma di farlo meglio degli altri per creare maggior deterrente e disincentivare eventuali aggressori. Chiaramente, si può diventare aggressori già solo per difendersi o per evitare che altri facciano altrettanto. Ed ognuno sospetterà degli altrui propositi bellicosi, anche se questi non esistono. E chi vorrà perdere volontariamente posizioni di vantaggio per un mondo più equo? Il gioco sarà dunque inesauribile perché è proprio quel gioco “strategico” che, in verità, limita la possibilità della guerra, rendendola prevedibile, nei limiti del possibile, o opzione estrema. Una guerra che arrivasse senza detti balletti sarebbe ancor più devastante. Ma questo gli scienziati sembrano non comprenderlo. Preferiscono l’ipocrisia dei consessi in cui si dissimulano decisioni che verranno contraddette dalle situazioni oggettive. E’ il punto di partenza che manca loro. I paesi e i popoli sono diversi, anche quando hanno tratti culturali comuni. In Europa, dopo secoli di belligeranza, lo sappiamo fin troppo bene. La vitalità dei popoli e la loro persistenza nella storia dipende da ciò. Le genti pacifiche, inermi e ottimistiche sono già tutte sparite o si sono sottomesse. Il pacifismo è una ingenuità esclusiva di scienziati e scolaretti costretti a manifestare nelle piazze dai propri maestri. Il conflitto è ineliminabile ed è elemento costitutivo delle società. Ma la guerra, per citare ancora Ortega y Gasset è una invenzione umana, una delle più importanti. Serve a convogliare le tensioni, a segnare il limes di una conflittualità che se non affrontata devasterebbe senza sosta qualsiasi costruzione umana, rendendo impossibile l’edificazione stessa di collettività durevoli o non eccessivamente precarie. Il contesto potrebbe persino divenire quello di conflitti civili continui senza confini. Senza la guerra, chiosa Ortega y Gasset, la volontà pacifica di tutti gli uomini risulterebbe completamente inefficace e “fino a quando non si inventasse un altro mezzo la guerra riapparirebbe inesorabilmente in codesto pianeta immaginario abitato solo da pacifisti”.