IL PAROLIERE DEL TAVOLIERE
Prima o poi doveva accadere. C’è sempre un momento in cui la poesia diventa prosa e la prosa una presa per i fondelli che viene svelata come tale dalla medesima prosaicità degli eventi. Così Nichi Vendola, dopo averne parlato tanto in termini elogiativi e favolistici ha incontrato finalmente il popolo ma, come spesso accade a chi idealizza il mondo e i suoi attori, non ha riconosciuto chi aveva di fronte.
Moltitudini incazzate per la riforma sanitaria voluta dal Re della macchia mediterranea hanno protestato platealmente contro il Governatore Nicola I il quale sta sforbiciando i piccoli ospedali del territorio regionale dopo aver battuto i suoi avversari politici proprio ergendosi a paladino del nosocomio sotto casa. Quest’ultimo non ha ben capito chi fossero quegli scalmanati che lo minacciavano, non in versi altisonanti ma facendogli gestacci volgari, così ha chiesto agli uomini del suo entourage “Chi sono costoro e cosa hanno da sbraitare nei confronti della mia umile ma celestiale persona?, Che pretende da me questa marmaglia esagitata con prole al seguito?” Tanto ha domandato il Donchisciotte della Mancina ai suoi fidi scudieri. “Ma Nostro Sire si tratta di…ehm… dovrebbe essere il…stiamo parlando del…è proprio il popolo, maestà!!!”, hanno replicato perplessi i suoi staffieri. Nichi sbigottito ha dunque urlato: “non è possibile! Il popolo non è questo, il popolo è un apostrofo rosa tra le parole Nichi e Vendola, il popolo è una bandiera rossa, anzi che dico, migliaia di bandiere rosse su piazze di letizia e festosità, il popolo è un quadro di Pellizza da Volpedo, è un inciso tra le parole gioia e rivoluzione, una canzone di Giovanna Marini, un testo di Bertolt Brecht, un discorso di Berlinguer, un vangelo secondo Marx, un racconto di Nanni Balestrini, un gemito di uguaglianza, un vagito di solidarietà, un afflato di comunità, una lirica di emozioni, un sonetto di liberazioni.” “Ma no, Sua Comunistità- hanno ancora spiegato i lacchè regali- è davvero esso, in carne, ossa ed arrabbiatura”. “Non diciamo amenità – ha ribattuto di nuovo il Signore della circollocuzione – il popolo mi ama, mi adora ed io sono il suo protettore e prosatore. Ho già fatto tanto per esso, ho camminato scalzo da Santoro e da Vespa, ho farfugliato parole audaci per consolarlo dai suoi mali quotidiani, mi sono preso la briga di farlo conoscere agli altri sovrani, soprattutto d’oltreatlantico. Adesso, pertanto, com’è possibile tanta ingratitudine?”. Nichi, poverino, si è denudato da solo, come su quella spiaggia di Capo Rizzuto alla fine degli anni ’70, ed ora che la gente lo vede senza veli ha smesso di credere alle sue promesse condite di bei paroloni e troppe finzioni. Vendola, data la situazione, rischia grosso e potrebbe perdere persino lo scettro e il trono di tutte le Puglie. Pare, infatti, che una coalizione di volenterosi stia già preparando dei bombardamenti a tappeto per imporre una no fly zone sul suo regno. La collettività pugliese maltrattata da Nichi che si è rifiutato di ricevere i suoi sudditi accompagnati dai Vassalli comunali non intende tollerare oltre questa mancanza di democrazia e di dialogo, nonché la degradazione del diritto alle cure e alla salute. Gli insorti stanno marciando verso Bari e non si fermeranno finché non avranno avuto la testa del Monarca di Terlizzi. Si profila già uno sembramento della regione in tre parti, Daunia, Peucezia e Messapia. I ribelli mirano a tagliare i rifornimenti di voti al Presidente e ad appropriarsi degli impianti eolici e solari fatti installare copiosamente da costui in ossequio alla sua fisima per le energie rinnovabili. Raggiunti questi obiettivi a Nichi verrà spenta la luce e buonanotte al paroliere del Tavoliere. Chi di amore popolare ferisce, di odio popolare perisce.