IL PEGGIO DEVE VENIRE

Monti non vuole semplicemente un paese “prevedibile”, come dice lui, sicuro per i capitali che investono e privo di brutte sorprese per le multinazionali che lo scelgono. No, Monti desidera, più che altro, uno Stato pre-vendibile in stock nelle industrie strategiche, nel patrimonio pubblico, nelle infrastrutture focali, nonché completamente assuefatto a logiche extrasovrane, economiche e politiche, discendenti direttamente dall’establishment degli affari dietro cui si mimetizza la principale potenza mondiale, la quale reclama le teste dei recalcitranti per innalzare quelle dei serventi. Ciò che abbiamo capito in questi quasi vent’anni di sedicente II Repubblica è che non c’è governo resistente ai diktat delle cricche finanziarie mondiali, mandate in avanscoperta dagli Usa,  per mettere definitivamente in ceppi noi e i nostri partner europei, ai quali purtroppo non manca la vena dei sicari conto terzi. I vincoli di bilancio costituzionalmente garantiti, i timori scatenati dai giudizi delle agenzie di rating, il ballo dello spread e tutti gli altri ammennicoli finanziari sono i sintomi di una insana e cagionevole costituzione politica che non trova il suo antidoto e viene stolidamente affrontata con un debilitante salasso economico. Chiunque si opponga al superiore volere mondiale incontra guai, fango e inevitabili cadute che marcano la resa senza condizioni e senza dignità di uomini ed organizzazioni. Così si stanno logorando gli anelli deboli della catena europea il cui sfaldamento da Atene a Roma, da Madrid a Lisbona, determina l’inequivocabile destino di subordinazione a cui saremo dannati per un bel pezzo. Nel collazionamento di capitolazioni e defezioni,  labili riluttanze e repentini riallineamenti, da parte di leadership nazionali paralizzate dalla paura e dall’inconsistenza ideale e programmatica, si spegne la speranza dei popoli autoctoni di inseguire il proprio futuro, allontanando i crescenti gioghi esterni. In Italia però siamo messi senz’altro peggio di tutti gli altri poiché ogni colpo sferrato da lontano ha generato scollamento sociale, destabilizzazione istituzionale, cedimento strutturale degli assetti statali  e tradimento  collettivo di partiti e movimenti. Tra quest’ultimi, i primi sono stati cooptati e ridotti a più miti consigli sotto minaccia di nuove operazioni giudiziarie, come accaduto con Mani Pulite, mentre i secondi sono stati addirittura generati e nutriti (credo che il movimento di Grillo sia tra questi), apposta per fomentare il caos, sulla scorta delle esperienze epidemiche colorate  dilagate nei paesi dell’ex URSS. Sotto questo aspetto rappresentiamo pertanto un laboratorio perfetto per i padroni  atlantici che hanno intenzione di conficcare ancora più a fondo il loro coltello imperiale nel ventre molle dell’Europa.  Per qualche tempo ci eravamo illusi di poter percorrere altre strade, di essere in grado di incamminarci, anche se male armati, verso vie meno agevoli ma indipendenti, incrociando Mosca e Tripoli, Ankara e Algeri. I risultati arrivavano così come le occhiatacce degli statunitensi, trasformatesi, dopo l’insediamento di Obama alla Casa Bianca, in reazioni a cascata per riportarci all’ordine, nel disordine attuale. Abbiamo perso una partita iniziata bene ma con poca convinzione ed ora paghiamo lo scotto dell’affronto. Berlusconi si era messo di traverso ai truci piani occidentali che ci avevano predetto e preparato questo greve fato già nel post-tangentopoli. Dopo i fatti di Berlino, il progetto destabilizzante si doveva concretizzare con l’avvento della sinistra al governo. Ma il Cavaliere riuscì a frapporre il popolo disorientato ed i suoi interessi orientatissimi ai complottisti interni ed esterni e alla rovina completa della nazione. Per una fortuita coincidenza storica, per una casualità imprevedibile degli eventi, il giullare godereccio compì l’impresa, sostenuto dai centri di potere statali non ancora corrotti e comprati dallo straniero,  allontanando per qualche anno la disfatta. E’ finita come sappiamo ed ora il cerchio comincia a chiudersi. Monti sta eseguendo gli ordini con zelo e precisione ma anche questo potrebbe non bastare per garantirgli la prosecuzione delle attività. Infatti, i direttori dei lavori d’affossamento (amministrazione Usa e burocrazia UE) annotano la possibilità di accelerare ulteriormente le procedure di liquidazione dell’Italia, tanto che il nostro premier, dopo aver goduto di un appoggio incondizionato, comincia a sentire qualche morso sul sedere da parte dei suoi superiori, che non sono i partiti ma i portatori di prerogative americane. Valutato il contesto purulento si può fare molto più male e lui non si è ancora dato abbastanza da fare. Vedrete che al peggio, se qualcuno non si sveglia, non ci sarà fine. Italia avvisata, meno affondata.