IL PRESIDENZIALISMO DELLA TRIPLA A

 

L’affermata agenzia di rating politico ‘Obam & Obam’ ci ha recentemente assegnatola Tripla A, dove A significa Affidabilità rispetto agli indirizzi dei gruppi di agenti strategici attualmente prevalenti tra i dominanti Usa. Ma questa Tripla A, la si è ‘meritata’ (sic!) grazie alla redistribuzione delle attribuzioni di poteri tra apparati statali, attuati sia all’interno dello stesso ordinamento costituzionale. Proprio quello stesso ordinamento verso cui ritualmente ci si chiama a prostrarsi o celebrarne i fasti o lo si brandisce come un’ultima trincea democraticistica.   Ma, come per il colpo di Stato giudiziario di Mani Pulite, anche l’azione che ha disarcionato il Cavaliere, sia nei soggetti che nelle modalità ha (di)mostrato l’ennesima volta che i sacerdoti del formalismo costituzionale italiano sono come dei preti che, o predicano agli altri di credere in Dio non avendoci però loro mai creduto o sono come coloro che ci credono a tal punto da non accorgersi che il loro ‘Dio è morto’.

 

Prima ridefinizione: il presidente della Repubblica quale leader dell’opposizione

 

A dispetto di ogni variante della modellistica costituzionale relativamente alla sovrapposizione dei ruoli politico-istituzionali, quando vigeva il governo Berlusconi è stato fatto notare che “E’ Giorgio Napolitano il nocchiero del Pd, e lo è già da un pezzo. Se del caso, il Presidente non esita a comunicare ai piddini il suo pensiero su qualche questioncina interna al partito, ma è su altri fronti che la parola del capo dello Stato è diventata legge. E’ lui che decide fino a che livello di aggressività sia lecito spingersi, in Parlamento e fuori, e stabilire quando debba prevalere la ‘responsabilità istituzionale’. E’ lui in fondo ad indirizzare la stessa politica delle alleanze, misurandone la praticabilità sul metro di quale tipo e quale tasso di opposizione il Paese possa a suo giudizio sostenere senza franare.” (1) Riporto di passaggio due sole altre titolazioni che segnalano lo stesso fatto: ‘Riforme, Napolitano striglia il Pd’  [Il Roma 17 aprile 2010], ‘Irritazione di Napolitano per le mosse del Pd’ [Il Foglio 6 maggio 2011]. Perciò un articolista aveva segnalato all’interessato se “Non le è arrivata voce al Quirinale che ogni giorno, sulla stampa e nei talk show, uomini e donne dell’opposizione la indicano come contraltare del presidente del Consiglio democraticamente eletto e dicono che solo Lei rappresenta il Popolo e il Paese?” (2).

 

Seconda ridefinizione: il governo riceve l’investitura da fonte di legittimazione esterna (gli Usa).

 

Si evidenzia qui il fatto che nella procedura che ha condotto all’incarico del presidente del Consiglio “un via libera importante all’incarico per Mario Monti arriva dalla Casa Bianca” (3): questa è una prima innovazione costituzionale che riscrive fattualmente l’articolo 92, per cui il presidente della Repubblica nomina sì il Presidente del Consiglio, ma  previo ‘Washington consensus’. Inoltre nel medesimo articolo si dice anche che “L’asse Obama-Napolitano spiana la strada a un governo Monti, lanciando un importante messaggio ai partiti italiani: chi è tentato di passare all’opposizione sappia che il governo tecnico ha la benedizione preventiva di Washington.” (4) Possiamo definire questo messaggio come ‘avvertimento costituzionale alla possibile opposizione’: sarà una svista di chi scrive, ma anche di ciò non ho trovato traccia nel testo costituzionale. Nel descrivere il processo che ha portato alla sostituzione di Berlusconi, il New York Times celebra ‘Re Giorgio’[dizione usata da ‘La stampa’] perché “Secondo il quotidiano Usa, ‘Napolitano è il silenzioso artefice della transizione”, una  “garanzia di stabilità in un periodo turbolento” che ha agito “dettando i tempi della soluzione e dei suoi contenuti”. Continua poi l’articolista ricordando che Napolitano “non è certo nuovo alle lodi americane. A lungo ha tenuto un filo con l’Amministrazione statunitense e con Barack Obama, nel grande freddo che era calato con Berlusconi” (5) Qui corre rammentare i paludati autori di un recentissimo volume storico sul Quirinale (6), che, sicuramente seguendo le indicazioni comparse in molteplici articoli su questo blog (!), hanno intitolato un paragrafo decisivo ‘L’importanza di quel viaggio americano’. Le ragioni di quel viaggio sono state giornalisticamente illustrate così: “Del resto da trentatré anni fa, da quando il primo dirigente del Pci andò in visita negli Stati Uniti nel 1978, e si trattava di Napolitano, il pragmatismo del futuro King Gorge, la sua cultura aperta, il suo europeismo, l’assenza di retorica italianista e di altri vizi nostrani lo ha reso un partner importante degli alleati atlantici.” (7)

 

Terza ridefinizione: il presidente della Repubblica orienta l’attività del governo

 

Nelle prerogative previste dagli articoli 87 e 88, non compare l’essere il capo dello Stato anche capo dell’Esecutivo, e neppure la facoltà di orientamento politico nei confronti di esso. Si vuole qui sottolineare non tanto il fatto che “Napolitano interagisce col governo”, ma che lo faccia in qualità di “garanzia di stabilità alla guida prudente della nave”(8). Proseguendo questa linea di ragionamento, Feltri ha potuto affermare che “è abbastanza irrituale che il garante della Costituzione e dell’Unità nazionale si trasformi in garante del premier da lui scelto (dopo averlo nominato senatore a vita) senza nemmeno consultare i partiti, il Parlamento. Egli, in sostanza, non sappiamo se volontariamente o no, ha confermato di avere assunto negli ultimi tempi un ruolo di guida politica più che di custode asettico delle istituzioni.” Per questo sostiene che  “quello in carica non si può definire esecutivo Monti, bensì esecutivo Napolitano-Monti.” .(9) Sia la figura del presidente del Consiglio che il ruolo del capo dello Stato assumono quindi un’altra veste: “Monti è qualcosa a metà tra il suo contabile e il suo ventriloquo. Più di una volta Napolitano ha annunciato alla stampa quello che Monti avrebbe detto ed è l’unico modo di sapere qual è il programma del premier, ignorato anche dai suoi ministri.”  Riportiamone un solo esempio: “Il Colle sempre più premier. Napolitano indica la via al Prof: ammortizzatori per aver la riforma.” (11). Un ulteriore segnale dell’accentuazione dei poteri presidenziali rispetto all’esecutivo, è stato poi il fatto che l’11 novembre,  dopo comunicazione telefonica con Washington il portavoce della Casa Bianca Carney ha tradotto l’apprezzamento nelle dichiarazione secondo la quale “Obama ha espresso fiducia nella leadership del presidente Napolitano per la messa in piedi di un governo ad interim che attuerà un programma di riforme aggressivo e riporterà fiducia sui mercati.” (12) 

 

Se non ci si colloca in un’ottica formalistica, rilevare che avvengano queste ridislocazioni fattuali di attribuzioni tra apparati è fisiologico, ma il punto decisivo consiste nell’individuare quali sono le ridislocazioni in atto, di che tipologia sono, a vantaggio di quale apparato ed a sfavore di quale, ma soprattutto per quali scopi sono state messe in atto ed in quali congiunture storico-politiche. Dal punto di vista sostanziale, la Costituzioneitaliana rappresenta la stabilizzazione giuridica degli equilibri (geo)politici seguiti all’esito della seconda guerra mondiale, e solo su questa base  si è potuto e dovuto trovare le dosate mediazioni tra le rispettive forze e culture politiche, del Pci e della Dc, nell’approntarla. All’interno dell’ordinamento così delineato (punto di equilibrio), si sono avute un insieme di spinte e contro-spinte che hanno, volta per volta, orientato tale ordinamento e le relazioni tra gli apparati  in cui si è condensato. L’insieme di norme costituzionali, codificando dati rapporti di forza, costituisce a sua volta un mezzo rispetto a quei rapporti (per la loro modificazione o conservazione). Ma le variazioni dei rapporti tra apparati possono però avvenire sia attraverso la modificazione di una norma, sia attraverso il suo mantenimento formale: perché non è la norma che definisce le attribuzioni e le relazioni, ma i rapporti (di forza) tra apparati. All’interno di tale ordinamento giuridico, lo stesso scopo può essere quindi perseguito sia attraverso linee ordinarie, se le circostanze lo consentono, oppure attraverso linee differenti, se le circostanze non lo consentono, ma sempre senza che, necessariamente, quel dato insieme di norme (Costituzione) vari formalmente. Il formalismo giuridico rimane invece dentro il cerchio magico della problematica circa la norma e la sua attuazione (o la sua mancata attuazione o le modalità della sua attuazione), come se una norma (o un insieme di norme) fosse autonoma e auto-propulsiva. Rimanendo dentro quest’ottica, nel caso dell’azione del presidente della Repubblica le opzioni diventano: ha rispettato la Costituzione, ha tradito la Costituzione, ha modificato una prassi costituzionale consolidata, ecc.  Invece se si parte dal punto di vista che  la Costituzione non né rigida né flessibile, ma pieghevole,  nella fattispecie della figura del capo dello Stato questa duttilità si dispiega su un  duplice piano. In primo luogo questa figura può indirizzare i propri interventi verso finalità diverse tra loro (conservazione o innovazione di un dato assetto politico-costituzionale) a seconda delle esigenze che contingenze storico-politiche differenti presentano per una data configurazione della sfera politica che la nostra formazione sociale ha assunto (o deve esser spinta ad assumere). In secondo luogo, il ruolo del capo dello Stato è versatile riguardo alle  modalità d’azione, che possono andare dalla sostituzione o affiancamento decisionale rispetto ad altri apparati statali (Governo e/o Parlamento) sino al lasciare operare questi altri apparati se le circostanze non richiedano il suo intervento. Per questo persino la manualistica costituzionale è giunta a definire nel nostro ordinamento giuridico il ruolo del capo dello Stato come “figura strutturalmente ambigua” (13).

 

Un’analisi giornalistica dell’apparato della presidenza della Repubblica ha evidenziato che vi è stato nel corso del tempo un processo di “amplificazione dei compiti e di moltiplicazione del personale” rispetto a chi “ha ideato la struttura della presidenza.” Ha quindi giustamente sottolineato in modo conseguente che  “Al Capo dello Stato sono stati attribuiti dei consiglieri – per gli esteri, per gli interni, per le finanze, per la giustizia e così via – ma questi personaggi, anziché limitarsi a informarlo doverosamente sui fatti riguardanti la loro competenza, hanno finito per guidare complessi e affollati uffici con impiegati, segretarie, uscieri, auto blu. Ministeri bonsai che riproducevano e riproducono nella Presidenza la grande struttura dello Stato. Il Quirinale come sintesi – in verità tutt’altro che sintetica – dello Stato.”. Però, da tali premesse, si sono state tratte le seguenti limitate conclusioni:il male oscuro non sta tanto in questo tipo d spese – comunque da ridimensionare – quanto nel modo in cui il Quirinale, pigmeo del potere stando alla Costituzione, s’è trasformato in un colosso burocratico” (14) Questo, perché concentrandosi sull’apparato della presidenza della Repubblica (che è il precipitato di un rapporto), se ne enfatizzano ad esempio gli ovvi costi e le dimensioni, ma non si può comprendere come la struttura e la funzione di tale apparato siano cambiate di per sé (al di là di ogni modifica formalmente codificata), diventando di fatto un centro direzionale della politica nazionale. Anche i paludati autori del testo storico prima richiamato, edito lo scorso anno, hanno dovuto riconoscerlo: “Non c’è dubbio che il Quirinale sia diventato, soprattutto nell’ultimo periodo, un’istituzione centrale, uno snodo fondamentale della vita politico-costituzionale. E che, in qualche modo, il suo ruolo sia fortemente mutato rispetto alle prime stagioni dello Stato repubblicano.” (15) Questo è vero ma non sufficiente, perché queste variazioni non si dispongono lungo un binario temporale lineare e progressivo, ma ciclico (sempre avendo presente il lagrassiano ‘tutto torna ma diverso’). A tal proposito un testo del 1971 sull’apparato statale presidenziale sosteneva con ragione che “Fra le cose che sono cambiate, ci sono anche i connotati del Quirinale, passato da una fase in cui il rispetto per il Parlamento e per il Governo rasentava l’ossessione del formalismo, ad altre in cui i poteri centrali dello Stato venivano, come vengono, condizionati dall’interventismo presidenziale, giunto a livelli pericolosi nelle ultime due gestioni [Segni e Saragat— Nota mia], e nell’ultima in particolare[Saragat—Nota mia]. Ai confini della democrazia. Il Quirinale è tornato, così, ad essere un potere fondamentale nell’organizzazione dello Stato.” (16)

 

Paradossalmente, anche un’ipotetica Terza forza, che puntasse ad una decisa rivendicazione della nostra indipendenza nazionale, potrebbe utilizzare l’attuale ordinamento come si è andato configurando, promuovendone un’ulteriore curvatura in senso presidenziale, se ciò favorisse il  raggiungimento di obiettivi quali la difesa della sovranità nazionale e dei propri margini autonomia nell’azione azione politica, interna ed internazionale. Oppure, tale Terza forza potrebbe anche fare interamente a meno del quadro costituzionale per perseguire gli stessi obiettivi, se tale assetto normativo venisse ritenuto ad un certo punto screditato o ostacolante. Affinché tale ipotetica forza politica assuma un orientamento teorico e politico adeguato a tali scopi, una mossa preliminare l’aveva indicata a suo  tempo lo stesso Giorgio Napolitano, allora esponente del Pci, nella sua Prefazione alla raccolta di scritti di Lenin ‘Rivoluzione in Occidente e infantilismo di sinistra’: occorre  evitare di “idoleggiare la democrazia borghese e identificarsi con essa”. (17)

 

 

 

NOTE

 

(1) Colombo ‘E’ Re Giorgio il nocchiero del Pd.’ Gli altri 8 aprile 2011

(2) De Angelis ‘Napolitano forse non ti accorgi che…” Il secolo d’Italia 29 luglio 2011

(3) Rampini ‘Obama chiama Napolitano’ La repubblica 11 novembre 2011

(4) Rampini ‘Obama chiama Napolitano’ La repubblica 11 novembre 2011

(5) Rampino ‘Il New York Times celebra ‘Re Giorgio’ ’La Stampa4 dicembre 2011

(6) Mammarella, Cacace ‘Il Quirinale. Storia politica e istituzionale da De Nicola a Napolitano.’ Laterza  gennaio 2011

(7) Aiello “ ‘Re Giorgio’ Napolitano incoronato dal New York Times’ Il Messaggero 4 dicembre 2011

(8) Rampino ‘Il New York Times celebra ‘Re Giorgio’La Stampa4 dicembre 2011

(9) Feltri ‘L’oro di Napolitano: sacrifici per gli altri.’  , Il Giornale 2 gennaio 2012

http://www.giornale.sm/l%E2%80%99oro-di-napolitano-sacrifici-per-gli-altri-di-vittorio-feltri-il-giornale/

(10) De Angelis ‘Il crollo del teorema Napolitano.’ Secolo d’Italia 6 gennaio 2012

(11) Libero 4 gennaio 2012

(12) Riportato in Cacace ‘Obama telefona a Napolitano’ Il Messaggero 11 novembre 2011

(13) Barbera, Fusaro ‘Corso di diritto pubblico‘ Mulino pag. 278

(14) Mario Cervi  ‘Quirinale, un elefante che non si mette a dieta’ ‘Il giornale’ 05 gennaio 2012

http://www.ilgiornale.it/interni/il_colle_elefante_che_non_sa_dimagrire/05-01-2012/articolo-id=565376-page=0-comments=1

(15) Mammarella, Cacace ‘Il Quirinale. Storia politica e istituzionale da De Nicola a Napolitano.’ Laterza  gennaio 2011   pag. 313

(16) Di Capua ‘Le chiavi del Quirinale’ Feltrinelli pag. 8

(17) Napolitano ‘Prefazione’ a Lenin ‘Rivoluzione in Occidente e infantilismo di sinistra’ Editori Riuniti pag. XIV