IL PROFETA DEL MONDO NUOVO di G.P.

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Marchionne ha “i cinque minuti”, anzi i dieci. Dieci-minuti-dieci a causa dei quali alzare ancora un polverone con la Fiom, questa volta in Basilicata, alla Fiat Sata di Melfi, dove l'Harry Potter canadese – davvero molto meno simpatico e creativo del maghetto della saga letteraria fantasy inglese – ha deciso di introdurre lo stesso sistema di pause dello stabilimento di Pomigliano, abbassando di 600 secondi il break dei lavoratori lucani. Sergio Marchionne come CarCarlo Pravettoni, (indimenticabile personaggio interpretato da Paolo Hendel nella trasmissione Mai dire goal), uomo d'affari senza scrupoli, amministratore delegato di un'impresa a dir poco ambigua nonché fondatore di una lista denominata Asfalto che ride.

Questo avveniristico partito, che anticipava di un decennio la linea politica di Torino, aveva nel suo programma, oltre a priorità antiambientaliste e antisociali (traffico di materiale radioattivo e scorie, costruzione ed esportazione di mine antiuomo, traffico di organi, commercializzazione di prodotti finanziari da strozzinaggio) idee rivoluzionarie sulle relazioni industriali finalizzate a rilanciare i profitti aziendali ed abbattere i tempi morti della produzione. Una di queste prevedeva l'impiantamento di tubi nel sedere delle maestranze per impedire alle stesse di allontanarsi dalla propria postazione di lavoro anche in caso di impellenti ed ineludibili urgenze fisiologiche. Difficile pensare che Marchionne voglia arrivare a tanto ma ritmo e produttività sembrano essere anche le sue fisime mentali, almeno quando si tratta di mettere ordine nelle fabbriche del gruppo dislocate in Italia. Siamo alle solite boutades da manager narcisisti che fanno ridere come gli scherzi da prete. Costoro si sentono gli unici innovatori di un mondo in progress messo perennemente sotto assedio dagli eserciti conservatori dei pezzenti e dei salariati che non vogliono cedere le loro poche garanzie. Il Ceo del Lingotto, con un linguaggio profetico e religioso, ha chiesto al Paese di risvegliarsi dal suo torpore precristiano e di superare quel sistema consolidato, ma ormai fuori corso storico, di certezze antidiluviane che stridono coi principi del nuovo testamento industriale della globalizzazione. Per questo Marchionne pretende dalle parti sociali e istituzionali, non fiducia sui suoi progetti, ma fede cieca ed assoluta, benché nessuna opera di buona volontà, per esempio sotto forma d'investimenti, sia stata fin qui realizzata dalla sua compagnia. Vuoi vedere che Marchionne ha calato le innovative Tavole sacre della catena di montaggio del Sistema Ergo-Uas proprio sulla Campania e sulla Lucania – terre aspre e impervie dove pure Cristo ha avuto problemi ad arrivare, addirittura scegliendo di fermarsi un po' prima della Basilicata dalle parti di Eboli – per dimostrare di essere davvero l'atteso (ma da chi?) messia nazionale? Finora però abbiamo ascoltato solo tante prediche e visto pochi miracoli. Non vorrei dirlo, ma quella di Marchionne sembra essere la solita setta di impostori che crea grandi aspettative, annuncia la terra promessa e poi scappa col patrimonio degli adepti a costruire nuove chiese automobilistiche in Polonia o in Romania. Del resto, chi può credere ai profeti, annunciatori dell'eternità, che si preoccupano di perdere dieci minuti?