Il ruolo di una élite.
Si sta discutendo se rinviare il referendum sul taglio dei parlamentari, previsto per il prossimo 29 marzo. La causa del possibile procrastinamento è il coronavirus. Ovviamente, io non andrò a votare, indipendentemente se la consultazione si faccia nel giorno previsto o in altra data perché trovo il tema pretestuoso e superfluo. In realtà, Il parlamento andrebbe letteralmente abolito vista la sua inutilità, o, ancor peggio, la sua capacità di far danni a questo Paese vilipeso persino dai suoi vertici che toccano bassezze inaudite. Tuttavia, è necessario fare alcune riflessioni in quanto la nostra classe dirigente, oltre a essere incompetente, è assolutamente falsa nella sue campagne contro se stessa. Farne una questione economica rende l’argomento ancor più ridicolo perché con l’eliminazione dei posti in aula il risparmio dello Stato sarebbe, in ogni caso, irrisorio. Qui si tratta invece di analizzare i fatti sotto il profilo sociale. Una élite che viene a raccontare di essere alle dipendenze del popolo andrebbe sputata in faccia. Il popolo non ha dipendenti stipendiati e non abbisogna di lavoratori subordinati della politica per sentirsi ben amministrato. Compito dei migliori, assurti ai più alti ranghi delle istituzioni, è quello di guidare il corpo collettivo verso lo sviluppo, non di raccattare il consenso alimentando idee strampalate che nascono nei bassifondi della vita. I “preparati” non assecondano il popolo ma lo elevano fino alle sue più alte possibilità e potenzialità. Questi idioti che ci sgovernano pensano solo a far quadrare conti che non tornano mai, a svendere i patrimoni accumulati con tanta fatica nella storia nazionale e a tagliare ciò che non sono capaci di gestire. Non si deve avere alcun rispetto per una dirigenza che vellica, dopo averli stimolati, gli istinti più infimi della marmaglia, per convogliarli su elementi secondari o inessenziali i quali, peraltro, non scalfiscono gli odiosi appannaggi di chi non merita lo scettro del comando. Il problema non è il privilegio in sé ma il non guadagnarselo. Quando i cosiddetti primi scendono a detti scarsi livelli devono essere prontamente abbattuti perché non sono all’altezza dei tempi. Peraltro, questo andare incontro alla piccolezza del volgo è ipocrita e micragnoso laddove ai cervelli più attrezzati si deve chiedere di disegnare nuovi orizzonti per superare la difficoltà degli eventi. Una élite che sa vedere soltanto sotto il suo naso e nemmeno fino a tanto non ha destini da tratteggiare ma può solo fingere di risparmiare per non correre i rischi che invece dovrebbe assumersi. Il popolo non va servito e riverito, affogato di stupidi diritti da salotto, ma va spronato a costruire il suo benessere, indirizzato da chi sa vedere strategicamente oltre i luoghi comuni di cui le moltitudini generalmente si alimentano. E chi specula su simili luoghi comuni, tra le superiori sfere, non è che un lestofante che abusa della credulità popolare. La minoranza dei capaci deve invece innalzare le qualità di tutti ponendosi quegli obiettivi speciali richiesti dalla fase storica. Ci sono questioni e situazioni che non si risolvono coi referendum, chiamando ad esprimersi il gran numero che ha spesso idee grossolane sul da farsi. Se è il popolo tutto che deve sbrogliare la matassa non abbiamo bisogno di metterci nelle mani di pochi che allora migliori non sono. Chi sta “sopra” deve dimostrare di che pasta particolare è fatto, altrimenti se ne torni sulla terra o anche sotto. Ci vogliono doti straordinarie per guidare un Paese, ad uno non vale sempre un altro nell’opera del comando. Uno può valere mille e se mille valgono quanto l’uno più bravo allora può nascere un vero ceto direttivo che non rompe i coglioni coi conti della serva assimilati a quello dello Stato. Chi detiene le più elevate cariche deve dimostrare di saper ottenere risultati rilevanti, di modo che il popolo possa riconoscere in esso la competenza della materia che gli manca. Farsi umile per paura di osare servirà unicamente a farsi umiliare dalla bestia numerosa e irascibile. Il popolo deve essere abbagliato dal potere ma non accecato. I nostri parlamentaretti si sono tolti persino l’auto di rappresentanza pensando che guidando la propria vettura sarebbe stato perdonato loro di non saper guidare la nazione. Si sono decurtati lo stipendio e ora si eliminano a vicenda sperando di guadagnare tempo per la loro inesorabile decadenza. Piuttosto che distinguersi preferiscono estinguersi purché con lentezza.