Il sogno europeo affoga nello tzatziki
I big dell’eurozona temono il referendum greco come la peste. Per il possibile risultato sfavorevole ma anche per l’affronto subito. Com’è possibile che a qualcuno sia venuto in mente di sottoporre i loro diktat inappellabili al responso popolare? Si tratta di un cattivo esempio da scacciare all’istante. Non è che poi italiani, portoghesi o irlandesi si mettono in testa le medesime ubbie dei sicofanti greci? La democrazia va bene finché resta un’allucinazione collettiva mentre se non maneggiata con cura, cioè se non manipolata dai dispensatori di soma sociale che sanno come ingannare la gente, diventa, secondo l’affermazione di quel protoantropo di Bernard-Henri Lévy un errore demagogico. Personalmente, non amo i referenda ma per mancanza d’ipocrisia, perché dal popolo non mi aspetto nulla, esso è capace d’incazzarsi ma non di ragionare e di fare i propri interessi in maniera coerente. Il popolo non ha la più pallida idea di cosa sia la politica, se la capisse davvero smetterebbe di pretendere da essa trasparenza e pulizia morale. La Politica è serie di mosse strategiche, nella lotta per la prevalenza, delle avanguardie elitarie e la massa, quasi sempre, si fa trascinare da quelle sbagliate. Le varie manifestazioni, sulle piazze ateniesi, che hanno richiamato gli autolesionisti del sì all’Europa, giustificano la mia diffidenza. Questa volta mi auguro però che i greci scrivano un bel “no” sulle loro schede per far precipitare sulla terra gli dei dell’euro, rendendoli finalmente inconsolabili e mortali. Sarebbe la riprova che dall’Europa e dall’euro si può uscire, senza tanti drammi. Qualche scossone iniziale, i soliti problemi di assestamento, ma niente di così drammatico, soprattutto, perché la vera tragedia i greci l’hanno vissuta, e la stanno ancora vivendo, con l’austerità imposta dalla troika al Paese da qualche tempo. Più scuro della notte, insomma, non può essere, ergo vale la pena giocarsi il tutto per tutto. Per anni i politici ed i burocrati dell’Ue hanno cercato di far passare il principio mistificante che le loro scelte, fatte sulla testa dei popoli continentali, fossero irreversibili come la morte. La loro non è soltanto presunzione ma qualcosa di ancor più grave. Costoro sono l’incarnazione di una degenerazione istituzionale che sta annientando la sovranità europea. Chiunque entri a far parte questo circolo di burosauri finisce contaminato, in quanto, come sostiene Hazlitt,: “non deve semplicemente conformarsi ai pregiudizi correnti, deve anche adularli. Non deve solo essere insensibile alle richieste di moderazione e di equità, deve gridare forte contro di esse. Non soltanto deve lasciarsi coinvolgere nei complotti e negli intrighi più spregevoli, dev’essere anche infaticabile nel fomentarli e nel seminare zizzania. Non solo deve ripetere le menzogne, ma inventarle. Fare discorsi e scrivere programmi, dedicarsi ai desideri e agli scopi della società, esserne la creatura, lo sciacallo, il ficcanaso, il portavoce, il suggeritore. Deve essere pratico di processi, di rinvii, di privilegi, di tradizioni, di luoghi comuni, di logica e retorica, di tutto, fuorché di buon senso e di onestà”. Eccoli dipinti alla perfezione i “Bruxellesi”. Ditemi se questa descrizione non si attaglia, come una tuta da sub, agli uomini cinerei che sgovernano l’UE, ad ogni livello. Pensate ad un Mario Draghi, funzionario Goldman Sachs distaccato presso la BCE, o ad un Martin Schulz, Presidente del Parlamento Europeo, il quale si sente persino ferito dal rifiuto greco di chinarsi a 90 gradi. Il crauto ne prenda atto, il grande sogno europeo potrebbe affogare nello tzatziki. Speriamo.