IL VELTRONVUOTISMO: UN DE PROFUNDIS PER LA SINISTRA

[download id=”110″ format=”4″]
Quando avevo vent’anni avevo due “amici”, uno socialista (quelli degli anni ’50) e uno cattolico, di orientamento politico non definito, ma credo dossettiano o giù di lì. Telefonate su telefonate di politica e di questioni sociali. Com’erano buoni e caritatevoli! Un continuo affollarsi di “afflati morali”, un amore sviscerato per i diseredati, i “poareti”, gli “ultimi della terra” insomma. Non ero in verità molto commosso da queste telefonate, ma comunque mi consolavo pensando che in fondo si trattava di “brave persone”. Mi turbava la loro mancanza di senso dell’umorismo, ma “nessuno è perfetto”. Quello che tali tizi sono diventati nel giro di una decina d’anni, non starò a descriverlo per non perdere tempo. Due veri ipocriti, maneggioni, carrieristi. Più tardi, il socialista divenne craxiano e, all’epoca di “mani pulite”, rischiò grosso, ebbe in ogni caso qualche incriminazione pur se finita poi nel dimenticatoio, anche perché si schierò subito, senza esitazioni, con il Pds poi Ds (i “miracolati” di quell’operazione “giudiziaria” di cambio di regime).
A loro pensavo, sentendo e leggendo del discorso di Veltroni a Torino. Un uomo che frequenta tutti i buoni salotti affaristico-finanziari della Capitale (ah, se avessimo un Balzac delle Illusioni perdute!), che si è lamentato per non essere stato avvertito dell’operazione conclusasi con la sostanziale annessione della Capitalia (lui sembra tenesse buoni rapporti con Geronzi e Arpe) da parte dell’Unicredit (in effetti la superbanca non ha preso il nome Unitalia, ma si chiama Unicredit Group; a Geronzi è stato dato il contentino della presidenza di Mediobanca); cosicché il centro d’affari, e “di gravità”, della nuova nata è a Milano, con scorno “der sindaco de Roma”. Non è per nulla sicuro che tale investitura, così repentina, non procuri al “Salvatore della Patria” una bruciatura anzi tempo; per il momento, tutta la stampa debeneddettiana e della Rcs e Confindustria (Repubblica, Corriere, Stampa e il finto neutro e paludato Sole24ore) lo incensa come il “nuovo che avanza”; certo continuerà a farlo, se egli agirà sempre di conserva, senza scarti di sorta, con l’altro personaggio di calibro poco superiore che si indica con LCdM, e che da un bel po’ di tempo crede di essersi trasformato in Ferrari.
Quello che ha detto a Torino “er più mejo de noantri” non è dicibile né ripetibile. Una insalata di buoni sentimenti, un minestra di pasta e fagioli fatta da chi non sa cucinarla bene per cui gli riesce troppo liquida e sbrodolona. Mi ha appunto ricordato i due “amici” di quando ero giovane; e anche lui, ne sono certo, non ha una punta di senso dell’umorismo. Può sempre tentare di farselo insegnare da qualcuno; non riuscirà però mai ad andare al di là di …. che so io, diciamo un Panariello, perché l’umorismo non si impara. E non mi stancherò di ripetere: diffidate di chi non ha senso dell’umorismo, non è sicuramente buono per quanto “buonista” sia, e non gli si dovrà mai voltare la schiena altrimenti….è fatta! Riuscirà a farcela questo involtino di carne tenuta troppo a lungo in freezer, avvolta in un lardo esposto invece per molto tempo al calduccio (“de Roma”), e in cui ci si è dimenticati di infilarci lo stuzzicadenti per tenerlo ben arrotolato e compatto?
Non è detto che Prodi si faccia liquidare senza porre bastoni tra le ruote. Bazoli (Intesa-San Paolo) può ben cambiare uomo di riferimento (e suo “maggiordomo”), però fa difficoltà a trovare nuove sponde ed infatti negli ultimi tempi alcune “cosucce” gli sono andate poco bene, in relazione al sordo confronto con il rivale, il nuovo Unicredit;
adesso spera nell’acquisizione di Alitalia, tramite l’alleata (in realtà controllata) AirOne, in quella indecente finta gara, in cui il governo (“amico” appunto di Intesa) ha fatto scappare tutti i concorrenti. Ma Prodi non deve essere costretto a cedere troppo presto, altrimenti anche questa partita potrebbe chiudersi non del tutto bene per la banca bazoliana.
Altri competitori, incazzati perché al momento messi in condizione di non nuocere, sono D’Alema e il suo alleato (o “suo uomo”?) Bersani; e anche Rutelli. Avete notato che, da quando D’Alema ha dato obtorto collo il suo placet a Veltroni, si è attutita la campagna stampa intorno alle sue varie telefonate a Consorte sull’affare Unipol (del 2005)? “Il Migliore” (il piccolo) è uno che passa per “superiore” solo per merito della sua arroganza e supponenza. L’ha presa ormai molte volte nei denti. Con la Telecom, dopo l’iniziale successo del suo appoggio ai “capitani coraggiosi” (Gnutti e Colaninno). Poi con la banca 121 del Salento il cui a.d. De Bustis – divenuto a.d. del Monte Paschi dopo che questo istituto aveva assorbito la 121 (incredibile! L’a.d. dell’incorporata che diventa a.d. dell’incorporante) – è stato di fatto dimissionato da tale carica (cadendo in piedi e andando a dirigere la divisione italiana della Deutsche Bank) a causa del disastroso dissesto dell’incorporata, che ha creato non poche difficoltà all’incorporante. Infine, D’Alema ha fallito anche con l’affare Unipol-BNL. Tuttavia, risorge sempre e si arrabatta – vero “orbo nella terra dei ciechi” – tornando a “fregare” gli avversari. All’epoca del danno enorme che la Banca 121 procurò al Monte Paschi, nel Cda di quest’ultima i “dalemiani”, a partire da De Bustis costretto a lasciare il vertice, furono messi in minoranza da personaggi che all’epoca si disse ricollegabili a Bassanini (e alle cooperative toscane, in rivincita su quelle emiliane vicine a Bersani); questi ultimi tornarono però poi in minoranza, con nuovo cambio di a.d., e il suddetto Bassanini non fu addirittura nemmeno ricandidato dai Ds alle ultime elezioni politiche. Tutto questo, certamente, è “gossip”, un “si dice”, ma molto coerente (con i fatti) e credibile. In ogni caso, Veltroni non si fidi troppo dell’acquiescenza di D’Alema (e di Prodi, Rutelli, e altri.). Ne vedremo delle belle.
Quello che conta non è però il futuro andamento di vicende di uno squallore cavernoso, tipiche di un paese che ha perso totalmente la bussola e non sa dove sta andando. L’importante è il segnale di assoluta vuotezza e inconsistenza che le classi dirigenti – economiche in primo luogo, con al seguito quelle politiche: in primo piano le “sinistre”, ma ad una incollatura anche le “destre” – lanciano al paese. Un uomo che è la nullità fatta persona, un vero bla-bla incorporato in una specie di “replicante”, viene incoronato leader dello schieramento che governa. Si potrà trovare molto da ridire su Blair, Sarkozy, Putin, sulla pur non eccelsa Merkel, ecc. Comunque, non c’è nemmeno da tentare un paragone con il “nostro”. Bush appare uomo effettivamente molto limitato, ma ha uno staff di tutto rispetto. Qui siamo alla totale rarefazione, foderata di parole che sono come la “nebbia fitta in Val Padana” (dei bollettini meteorologici). E dietro chi c’è? Il suo consigliere romano Bettini? Il margheritino Franceschini, che si vorrebbe come “secondo uomo” del “nuovo regime”? Un deserto di idee, un encefalogramma da “coma profondo”, irreversibile. Welby era un cervello pensante; e tuttavia ha chiesto ripetutamente, e con ragione, che gli fosse praticata l’eutanasia come finalmente è poi avvenuto. Perché mai questa sinistra scervellata non sente il dovere di esigerla? Forse
appunto perché non vi è, dietro l’assenza di un qualsiasi movimento dotato di senso, un minimo di dignità, un qualche debolissimo segnale di sinapsi cerebrali.
Ci sono però voti, poiché gli imbecilli sono forse ancor più numerosi di quanto si sospetti. Quella congerie di ceti inutili, legati ai sovvenzionamenti statali (e “pubblici” in genere) da parte di “amicucci della parrocchietta”, si è espansa con troppa rapidità in questi anni di precipitoso degrado del paese. L’intelligenza ha ceduto il posto alle “emozioni”, al “buon cuore” – nel mentre si estendeva la pratica del metterla in c….con o senza vaselina – per quanto concerne questi ceti che vivono sulla laboriosità di “testoni”, solo capaci di faticare e produrre a più non posso (certo, per fare “sghei”, non per altro), eleggendo a loro rappresentanti – nei sindacati o nelle associazioni di commercianti, artigiani ecc. ecc. – altri “mangiapane a ufo”, che a loro volta scaldano sedie, si accaparrano stipendi ed emolumenti vari non meritati e contribuiscono sommamente al degrado di cui sopra.
C’era una volta un bel programma TV dal titolo “Due teste senza cervello”, che ci faceva rivedere due comici “dell’età dell’oro” di quel genere: Stanlio e Onlio, i quali di cervello ne avevano invece a bizzeffe. Probabilmente anche Prodi e Veltroni ne hanno (non tanto quanto i due comici suddetti, sia chiaro) e hanno capito che i voti si prendono dalla massa di quei ceti inutili di cui sopra, da questa “cianfrusaglia umana” che non vuole pensare ma sentire, commuoversi. Se certi individui non possono piangere su qualche diseredato, solidarizzare con qualche “diverso”, soccorrere qualche bisognoso, si trovano smarriti, non sanno quale senso dare alla loro vita. Poveri dementi, frutto di un benessere conquistato troppo rapidamente da una società, che ha invece impoverito paurosamente la sua cultura, anche grazie ad un informe ammasso di intellettuali per i quali è ancora troppo poco invocare i “plotoni di esecuzione” o almeno i “campi di sterminio” (diciamo metaforicamente; onde adeguarci, per un attimo, al “buonismo” dilagante).
Purtroppo, simili processi di vera decadenza, gli “ultimi bagliori di un crepuscolo”, sono il risultato finale di una storia che ebbe inizi dignitosi, ma che evidentemente portava il “verme nella mela”. Si tratta del cattocomunismo. Il comunismo italiano è sempre stato assai debole. Tanto parlare di Gramsci, ma senza per nulla capirlo, soprattutto nel suo leninismo, dimenticato assai presto, nascosto, svirilizzato, tradito. Capisco bene i “compagni”, oggi rabbiosi, che non vogliono abbandonare una tradizione, mille volte migliore di questo aborto di ceto politico che ci ritroviamo tra i piedi; e che è in gran parte il prodotto di un’abiura delle proprie origini, sia comuniste che cattoliche. Tuttavia, ci si deve porre la questione: se l’abiura ha avuto successo, è stato perché in definitiva quel comunismo e quel cattolicesimo – lo ribadisco: movimenti di ben altra forza intellettuale e dignità politica rispetto allo schifo attuale! – sono processi ormai finiti, abortiti. Non hanno potuto conseguire i risultati perseguiti, e dobbiamo comprenderne i motivi; non certo nelle pagine di un blog, ma qui si può iniziare una discussione.
Tuttavia, tale comprensione implica comunque il rifiuto di qualsiasi forma di appoggio agli esiti del cattocomunismo degenerato. Esso ebbe, di fatto, una partenza di tutto rispetto in Dossetti; e fu coltivato da personaggi come Rodano e Napoleoni e altri di cui non faccio l’elenco (ne dimenticherei certo molti). Tuttavia, voleva mettere insieme due sostanziali “fondamentalismi” che si basavano su forti connotati morali.
Finché questi ultimi furono accompagnati da una profonda intelligenza e cultura, ressero e dettero spessore anche all’azione politica; quando però sono venuti avanti i superficiali e gli opportunisti, gli imbroglioni e i profittatori, tutto è scaduto nel falso moralismo, che cela un vuoto di valori e ideali e la pura e semplice volontà di accedere al successo e al potere. Mi dispiace dirlo, ma credo che tale processo sia iniziato con Berlinguer. Da non confondersi, per carità, con D’Alema, Fassino, Veltroni e compagnia cantando; e tuttavia già carente in fatto di vera riflessione di lungo momento, iniziatore di un modo di fare politica troppo tatticistico, attento al “momento per momento”, intenzionato a vellicare “i cuori” più che a coinvolgere “i cervelli”.
Sarà “tosto” il tentativo di tornare sui propri passi; anche perché non avrebbe senso dirigersi verso la “sorgente”; ormai il fiume si è ingrossato, si deve farlo sfociare in un diverso delta. Un bel compito, con la zavorra che abbiamo in stiva. Comunque a me pare che Veltroni – patrocinato da quella che definisco GFeID (grande finanza e industria decotta) – abbia pronunciato a Torino il De profundis della sinistra uscita dagli avvenimenti internazionali del 1989-91, con la meschina ricaduta nazionale del 1992-93 (“mani pulite”, ecc.). Ricominciamo a pensare, pur se con fatica. Da adesso in poi, si riusi quello che Woody Allen definì “il nostro secondo organo preferito”, lasciando al “cuore” solo la terza posizione.
29 giugno
POSCRITTO di G. La Grassa
Occorre un’aggiunta al “veltronvuotismo”. Meno male che l’ho scritto ieri, cosicché nessuno possa sostenere che queste righe sono dettate dal senno di poi. Tutti i giornali (e i telegiornali), ormai in larga parte controllati dalla “premiata ditta” di centrosinistra, hanno incensato la melassa veltroniana. Siccome non credo siano tutti deficienti, la conclusione necessitata è che sono dei fetentoni, strapagati per mentire seguendo gli ordini della GFeID. Ed infatti il capo di quest’ultima (come avevo già previsto ieri) si è subito schierato per Veltroni. Nel marzo dell’anno scorso uscì l’editoriale di Mieli sul Corriere invitando a votare per il centrosinistra, fantasticando sulle meraviglie del possibile (e poi realizzato) governo presieduto da Prodi; un “genio” eletto da primarie plebiscitarie, del tutto antidemocratiche, e su cui a un anno di distanza è stato detto, da parte degli stessi che avevano lanciato osanna nel 2006, che si trattava di dati gonfiati.
Dopo un anno di fallimenti continui, e con l’esasperazione crescente di parti consistenti della popolazione, in particolare al nord, si sta cercando di abbandonare Prodi onde tentare l’ultima carta. Montezemolo – il capo della banda di cavallette (la Confindustria in mano a grandi imprese decotte; e la Fiat che, malgrado le meraviglie inventate, apparirà entro due-tre anni, a dir tanto, come una di queste imprese) che corrode l’Italia, dividendo i produttori, lavoratori salariati e sedicenti autonomi, e mettendoli gli uni contro gli altri – si è messo a criticare il governo e a far ventilare l’idea che potesse scendere in campo direttamente. No, non ancora (e credo anzi mai); voleva solo preparare il tavolo da gioco per calare l’ultima carta a disposizione, quella dell’uomo/vuoto pneumatico, del piacione di turno, sufficientemente smollaccione e
gelatinoso da assumere la forma che la GFeID vorrà dargli, con ulteriori primarie plebiscitarie e false come quelle di Prodi.
L’attuale Premier e quello candidato futuro sono l’emblema di una classe dirigente, che è un misto di “banda di Chicago negli anni ‘20” (non è un mio paragone) e di assemblaggio di debosciati dal sangue “nobilastro” ormai marcio. Una classe dirigente che dovrebbe far paura a chi ha ancora un briciolo di cervello, perché con loro l’intera Italia finirà come la Cirio e la Parmalat. Adesso puntano su Veltroni, perché giocare direttamente la carta Montezemolo sarebbe un vero azzardo, dopo il quale resterebbe solo da “consegnare i libri contabili in Tribunale” per l’istanza fallimentare. Essendo D’Alema (che non incensiamo, sia chiaro!) poco piacione, troppo spigoloso per quella congrega di nullafacenti e parassiti che costituiscono l’ossatura dei votanti Ds e Margherita (ho già scritto che è gente che non vuol pensare ma solo sentire e commuoversi), lo hanno bombardato, e credo proprio ricattato, con la faccenda UnipolBNL costringendolo ad accettare il suo “naturale” nemico quale “capo”. Come già con Prodi, faranno fallimento anche questa volta. Ma se il popolo lavoratore non si sveglia, finirà nel “buco nero” assieme a queste bande di devastatori.
Dalla destra non ci si può aspettare nulla. Fini e ancor più Casini sperano solo che venga il loro turno di forza d’appoggio alla GFeID. Berlusconi è l’oggettivo nemico di tale banda, ma è della stessa pasta; quindi continua ad inventarsi il pericolo “comunista”, con grande sprezzo del ridicolo, perché non ha il coraggio di attaccarla a fondo, andando oltre le punzecchiature di spillo sui “poteri forti” (del resto non ne parla lui ma solo i “suoi” giornalisti). Cosicché resiste alla banda di guastatori, solleticando il lavoro autonomo e la piccola impresa, non potendo però dar loro alcuna prospettiva. Occorre una nuova forza politica che metta in quiescenza Montezemolo & C., faccia infine portare i libri in Tribunale alla sola Fiat e a qualche altra “bufala” similare, spazzi via questi apparati sindacali (quelli della “Triplice”, chiariamolo una volta per tutte), interrompa l’urto tra lavoratori salariati e autonomi, mettendo termine alle finte liberalizzazioni semplicemente favorevoli alla grande impresa (in specie della distribuzione) e alla pressione fiscale senza servizi di alcun genere; un rastrellamento di soldi per dare esclusivamente fiato alle imprese fallimentari e/o parassitarie (e succubi del capitale straniero come le “superbanche”) della GFeID.
Si dirà: ma non si vede nulla all’orizzonte, non c’è questa nuova forza. State attenti: la situazione non è la stessa d’allora (niente uscita dalla “Grande Guerra” o dalla crisi del ’29), ma comunque sia il fascismo (quello vero, non quello di Berlusconi che è la simmetrica imbecillità dell’“attenti ai comunisti” di quest’ultimo) sia il nazismo (quello vero, non dei naziskin e simili) sono cresciuti in pochi anni, favoriti da una sinistra socialdemocratica legata mani e piedi alla grande finanza dell’epoca. Si impari la lezione prima del “Diluvio”. La sinistra attuale è corrosa da una connivenza diversa, eppure assimilabile a quella di allora. E’ certo necessario attaccare tutti coloro che si dilettano a dare addosso ai “comunisti” (come fossero una realtà consistente ancor oggi), ma nel contempo opporsi a quelli che se la prendono con Berlusconi e con i “bottegai” che l’appoggiano. Bisogna picchiare in testa a quelli che la usano solo per urlare contro l’evasione fiscale, come a quelli che confondono i lavoratori (senza difese) con i vertici sindacali, a tutti gli effetti parte di una delle “bande della Chicago anni ‘20”.
Non credo ci siano molti anni a disposizione. Avremo modo di riparlarne spesso