IL VERO OBIETTIVO DI PUTIN

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Vladimir Putin sta mantenendo un profilo molto basso sulla crisi nel Sud-Est dell’Ucraina, nonostante le invocazioni d’aiuto dei russofoni che vivono in quell’area, sterminati a centinaia da mercenari e banditi in ordine sparso di provenienza. Putin non si è nemmeno espresso sulle richieste di annessione alla Russia arrivate, più o meno ufficialmente, dalle neocostituite Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk. Per lui la Novorossja esiste in ogni caso e con una estensione più vasta di quello che pensano o fanno altrove.
Dunque, parlano i suoi ministri, i deputati del suo partito, qualche consigliere a lui vicino, ognuno dice la sua laggiù ma Vladimir Vladimirovich non concede dichiarazioni e non si lascia andare ad esternazioni. Perché? Il leader del Cremlino condivide l’opinione di chi afferma che, privata dell’influenza sull’Ucraina, la Russia sarebbe costretta a ridimensionare le sue aspirazioni geopolitiche.
Simile scenario è un passo indietro rischioso, dopo due decenni di progressi, che metterebbe in discussione la sua stessa leadership politica interna. Putin, che abbia o meno letto Brzezinski, insieme al suo entourage e al gruppo di potere di cui è parte terminale, è arrivato alle medesime conclusioni.
Allora? Probabilmente, il Presidente vuole tutta l’Ucraina e crede di non potersi permettere di rinunciare ad solo un pezzetto di quella terra. La situazione, però, non è agevole anche se qualcuno al Cremlino la considera, nonostante tutto, favorevole.
In primo luogo, è determinante che il Sud-Est resista a Poroshenko per qualche mese, forse fino alla fine dell’anno. Questo il fattore dirimente che sbilancerà le forze in campo a favore dell’uno o dell’altro fronte. Sul piano militare ci sta riuscendo, grazie all’assistenza fornita da Mosca. Non bisogna farsi impressionare dal numero dei civili colpiti, e lo dico con grande tristezza, perché in un caos del genere tutto ciò viene considerato fisiologico, se non anche utile a svegliare quei settori di cittadinanza ancora passivi.

Tuttavia, le azioni indiscriminate di bombardamento sulle città orientali dimostrano che la Junta pro-atlantica non è capace di infliggere perdite concrete al vero nemico che sono i battaglioni di miliziani addestrati alla guerra e alla guerriglia. Kiev sfoga la sua frustrazione proprio come non dovrebbe, difatti è caduta nella trappola sin dal principio, imbarcandosi in un’operazione indefinita negli obiettivi, non adeguata alle forze a sua disposizione, dalla quale ora non riesce ad uscire. Sbaglia pertanto due volte, arretrando nel confronto armato e screditandosi con la popolazione. Questa caduta di reputazione presto raggiungerà la Capitale dove stanno aumentando i malumori per il disastro economico ed il disordine pubblico. Tale disfatta complessiva ricadrà sugli oligarchi al potere che sono l’incarnazione del filo-europeismo e filo-atlantismo attualmente in auge. L’associazione, nella testa della gente, tra incapacità governativa e scelta pro-occidentale dovrebbe finalmente sintetizzarsi, capovolgendo i destini del Paese che così tornerebbe a guardare ad Est per risollevarsi dalle macerie.
Non c’è altra strada oltre a quella tracciata perché i russi sono convinti che la presenza di basi della Nato, in qualunque zona del territorio ucraino, a ovest come a sud, renderebbe impotente Mosca, ora e nel futuro. Se questa rappresentazione vantaggioso non dovesse concretarsi Putin si troverebbe in forte difficoltà al suo interno, costretto sulla difensiva dai suoi detrattori, i quali gli riproverebbero le sanzioni internazionali all’economia e una imperdonabile debolezza politica. A quel punto le provocazioni raggiungerebbero il centro della Russia, con sconvolgimenti sociali colorati, tentati già in passato dall’opposizione con l’aiuto interessato di Usa ed Ue. Gli oligarchi all’estero agirebbero da intermediari finanziando la rivolta e offrendosi per una stabilizzazione concordata con Washington.
E’ il quadro più pessimistico che si potesse disegnare ma questa è la posta in palio della guerra per interposte potenze che si sta svolgendo a Kiev. Al contrario, se l’evoluzione degli eventi si incanalasse lungo i binari che portano al Cremlino la pace sarebbe già più vicina e l’Ucraina, nella sua integrità, tornerebbe ad occupare definitivamente la precedente casella geopolitica, nella sfera egemonica russa. E’ questa la Novorossja che ha in testa Putin.