IL VERO POTERE E’ UNA VERA BUFALA

Circolano lettere a Berlusconi animate da buone intenzioni ma da pessime soluzioni. Non esiste l’Unico Grande Crimine e non c’è un solo Vero Potere in nome e per conto del quale l’Italia prende calci nel sedere. Se queste sono le ragioni per cui Berlusconi dovrebbe restare in sella allora è meglio che torni ai suoi affari, se mai gli lasceranno ancora qualcosa da fare dopo averlo buttato a mare. Del resto, l’assaggio di quello che potrà accadergli è stato l’esproprio padronale di De Benedetti, avvenuto con l’ausilio di una giustizia partigiana e persecutoria che alla sinistra fa da apripista. Ma in fondo quello che gli è capitato se l’è meritato per codardia istituzionale e per non aver saputo difendere il suolo nazionale quando la Nato e il protettore unificato, giocando di sponda, ci hanno sottratto la quarta sponda. Quindi al Premier bisognerebbe non mandare epistole ma spedire lui direttamente a quel Paese.

Non viviamo in un film di fantascienza del tipo Fluido Monetario Mortale o L’invasione dei Biglietti Verdi benché nella nostra epoca spuntino dal nulla stregoni e sciamani con idee sommarie i quali, con la sola imposizione delle mani, fanno tutto senza usare il cervello. Queste sono espressioni infelici ed errate che non colgono la questione principale. Ma soprattutto occorre diffidare di chi declina il Vero con la maiuscola che se non è una incomprensione parziale potrebbe essere persino un inganno totale, o l’Inganno Totale , al quale si accompagna quella furia del dileguare che strapiomba nel vuoto astratto sociale, cioè in quel luogo ferale dove i mostri immaginari diventano moloch sostanziali. Così, con questa interpretazione superficiale il potere finanziario diventa il Solo Fatto Terminale e tutto il resto Mero Anfratto Spettrale. Il capovolgimento è completo come il nostro andare a capofitto.

Ed invece, ci sono crimini e poteri al plurale, di cui il singolare è soltanto abbreviazione e riduzione verbale, che sono il risultato di conflitti tra forze interdominanti (non del male, non siamo in una diatriba piscologica, teologica o morale) che si disputano l’egemonia segmentandosi e verticalizzandosi in quella formazione mondiale globale che ci ostiniamo a chiamare sistema del capitale, sempre per comodità linguistico-categoriale. Nella nostra organizzazione sociale la Finanza prende il davanti della scena deformando il panorama e celando la vera trama dei conflitti svolgentisi nella sfera politica. L’attacco speculativo contro l’Italia è una parte del programma politico occidentale  che vuol fare pagare le spese della sua strategia coloniale al nostro Paese, adesso con l’ausilio del suo nuovo gendarme francese. Ci troviamo nel bel mezzo di una guerra multipolare e per questo saremo stritolati, se non proteggeremo col ferro e col fuoco le nostre prerogative sovrane, dalle ingerenze straniere. Dunque, lasciate perdere Barnard, al quale ho anche scritto tempo fa per provare ad aprire un dialogo ma mi ha risposto che non poteva impiegare più tempo a leggere e capire le domande che a scrivere le risposte. Evidentemente io non sarò stato chiaro ma lui è salito così in alto nell’illusione del denaro da essere irraggiungibile per chiunque gli porga una mano. Permettetemi una lunga citazione dal mio maestro per togliere la testa da siffatto capestro:

“Più si generalizza lo scambio e più si sviluppa anche la circolazione generale del denaro (nelle varie figurazioni monetarie o ad esse assimilabili; come titoli, ecc.), che acquisisce una sua autonomia e manifesta andamenti di mercato molto erratici, non in perfetta linea con quelli degli altri mercati. Questa fantasmagoria fa perdere di vista la moneta come mezzo d’acquisto di ogni merce, in particolare della forza lavoro, di qualsiasi forza lavoro (perfino, in certi casi, di quella dello stratega). Si perde di vista pure l’acquisto di merci che sono armi, strumenti adatti all’uso nell’ambito di particolari strategie. La fantasmagoria finanziaria prende il davanti della scena, che sia mezzo ognuno lo scorda. Lo scorda l’apologeta del capitalismo che getta le colpe di certi dissesti del sistema sulle cattive azioni di chi gestisce denaro; lo scorda ancor più il critico che si butta a corpo morto contro il capitale finanziario, dichiarando che è la quintessenza del capitalismo, che combattendo la finanza si combatte il capitalismo, che il crollo finanziario preannuncia quello del capitalismo, che tagliando le unghie ai cattivi finanzieri si toglierà di mezzo questa circolazione malefica, questo “sangue velenoso”, purificando così l’organismo, trasformandolo in buona linfa, sana, docile ai voleri dei riformatori; tutti inutili e sciocchi quanti sono.
E il capitale va avanti, combatte intanto le sue battaglie di ristrutturazione dei suoi rapporti interni, promuove le sue campagne guerresche o comunque bellicose d’altro genere, sobilla popolazioni, sovverte governi contrari ai gruppi dominanti più forti, quelli dotati non solo di maggiori strumenti, ma anche di migliori centri d’elaborazione di strategie, con il solito mix della loro applicazione nella sfera economico-finanziaria, politico-militare, ideologico-culturale. E i critici finiscono per divenire spesso i migliori propagandisti dei centri strategici più potenti, più criminali. Non insisto adesso sul problema perché da oltre quindici anni ho colto l’errore marxiano nell’aver sottovalutato tale problema, puntando soprattutto sulla proprietà capitalistica invece di comprendere che il fulcro del capitalismo sta nel fattore strategico. Ho parlato del primo disvelamento (marxiano), del secondo, non certamente portato a termine né arrivato ad univoche determinazioni, ecc. Pur avendo scritto ormai migliaia di pagine, come minimo dalla metà degli anni ‘90 (mettendo termine alle incerte ingenuità del capitalismo lavorativo, mia precedente teorizzazione), ho indicato, per semplicità, cinque volumi contenenti il succo di quanto detto”.  (G. La Grassa, Su Marx e sull’individualismo, www.ripensaremarx.it).

 

Spero che il richiamo vi spinga a leggere tutto il saggio per rispondere con la scienza a chi fa del rito apotropaico antifinanziario la soluzione al colpo di mano. Anche se costoro sono mossi da tutti i buoni propositi del caso ci portano ugualmente fuori strada e disperdono energie preziose per la lotta a difesa dello Stato. Alla visione bizzarra e soggettivistica di Barnard che vede il Vero Potere seduto intorno ad un tavolo a decidere dei destini dell’umanità, avendo in un mente un progetto definito e preciso per schiavizzare il prossimo, noi opponiamo un’analisi oggettiva delle dinamiche del capitale che portano ad individuare le sue intrinseche traiettorie conflittuali e le sue precipitazioni in apparati, al di là dei nomi e della volontà dei singoli esseri umani. Per me Barnard ha il solo merito di non aver ceduto alla favola del signoraggio, nata negli ambienti della destra liberista e diffusasi presto nelle anguste prigioni mentali del settarismo antagonistico di destra e di sinistra. Ma ha il torto, ben più grave, di essere caduto in un’altra grande narrazione, quella che La Grassa definisce la finta quintessenza del Capitale, cresciuta come erbaccia nella capoccia bacata dei marxisti decadentisti, ancora convinti che il capitalismo morirà per troppa finanziarizzazione, oppure per autosoffocamento da centralizzazione o, ancora, per esaurimento nervoso da caduta tendenziale del saggio di profitto.