IN CAMPANA: I RODITORI SONO SEMPRE ALL’OPERA di GLG e G.P.

 

 

Il cattocomunismo ebbe un’origine tutto sommato nobile; Dossetti e poi Rodano e Napoleoni (e altri), tutti personaggi di prima qualità (intellettuale e morale). Come ogni altra corrente politica e ideale, anche questa si è deteriorata gravemente con la fine della Prima Repubblica (provocata da quella “poco pulita” manovra giudiziaria che fu “mani pulite”, con l’intervento di “manine d’oltreoceano”); i rinnegati del Pci non osavano presentarsi in prima persona e non riuscivano a trovare una loro dimensione (europea) realmente socialdemocratica. Così hanno preso il più scadente prodotto della scuola di Andreatta (persona preparata e intelligente, con ben altri allievi intorno a lui), già boiardo di Stato all’Iri (confidiamo nella memoria di almeno una parte degli italiani, perché non possiamo fare qui l’elenco di tutto ciò che quest’uomo ha fatto, o tentato di fare, durante la sua presidenza), e l’hanno messo a guidare una combriccola di sciamannati di sinistra, veri guastatori dell’intero paese.

A questo punto, il (degenerato) “cattocomunismo” ha prodotto danni incommensurabili. E non vuole arrestarsi nemmeno ora. Malgrado sia dimissionario, il Governo vorrebbe procedere egualmente all’enorme infornata di nomine dei prossimi due-tre mesi: centinaia di posti fra i quali quelli di tutti gli Istituti di previdenza, delle imprese pubbliche gioiello (Eni, Finmeccanica, Enel), delle Poste, della Tirrenia e infinite altre (anche nelle Forze Armate, al massimo livello). Lo ha rivelato il ben noto Rovati, quello del primo piano – formulato da due personaggi, legati alla Goldman Sachs come il Governatore di Bankitalia svillaneggiato da Cossiga, uno dei quali fa parte del governo dimissionario – teso ad impadronirsi della Telecom, piano sventato in quell’occasione da un’impennata di Tronchetti (in pratica avrebbe dovuto svendere; ha poi ottenuto molto di più), ma poi andato a buon fine con il duo Bernabé-Galateri (di fatto messi da Intesa, che stava all’origine anche del precedente piano fallito, con alle spalle la solita Goldman).

Diciamo subito che chiunque consenta al peggiore premier della storia d’Italia di portare a termine questo progetto di occupazione di tutte le principali poltrone di controllo dell’economia e dell’amministrazione statale – progetto favorito dalla finanza (leggi soprattutto la solita Intesa) e dagli indecenti vertici confindustriali – avrà messo l’ipoteca sull’intero paese, che andrà incontro a selvagge devastazioni da parte di autentici roditori. Saremmo alla piena emergenza. Per ciò, anche se contiamo poco, riporteremo tutte le notizie utili a smascherare, presso quella piccola schiera di lettori che ci segue, questo progetto di invasione del potere da parte delle bande “chicaghesi” dell’ignobile GFeID (grande finanza e industria decotta), che si ostinano a utilizzare una sinistra allo sbando (e si sono più volte chiariti i motivi di questa ostinazione, su cui torneremo spesso), dandole una mano nel truffaldino tentativo di evitare le elezioni che la farebbero “evaporare”.

 Oggi riprendiamo l’articolo di De Francesco, intitolato “Nomine, ultimo blitz di Prodi negli enti pubblici”, molto puntuale (e preoccupante). Vogliamo inoltre ricordare che subito dopo la caduta del governo, il professore bolognese aveva provveduto a sistemare qualche “faccenda” rimasta in sospeso e che non si può dire rientrasse propriamente nell’ordinaria amministrazione: con l’ultimo Cipe sono stati destinati 90 milioni ai beni culturali, 71,4 milioni alla Darsena di Civitavecchia e 104,5 milioni allo schema idrico Basento-Bradano. Mentre con l’ultimo Consiglio dei ministri si è provveduto a sancire: il decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali, l’attacco di Di Pietro sulle nomine di Mastella e una pletora di nuove nomine  (Esercito, Corte dei conti ed altro).

I nomi che spiccano maggiormente nel lascito “designativo” di Prodi sono quelli di Peleggi (uomo di Visco) all’Agenzia delle Dogane e la conferma di Ianì (Legacooop) a commissario per le emergenze zootecniche”. Ma restano ancora da effettuare le nomine, ben più pesanti, nelle grandi imprese a partecipazione statale (Eni, Enel e Finmeccanica su tutte) rispetto alle quali Prodi (o chi lo muove come un burattino) non ha nessuna intenzione di mollare l’osso più succoso. L’articolo sotto conferma appunto queste ipotesi.

Si attivino pertanto tutte le forze che si oppongono a questi esiti ormai cancerogeni del “cattocomunismo”, cui sono conniventi finanzieri e industriali felloni, privi di senso dell’onore e svenduti a interessi esteri (sappiamo di chi!). In campana!

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 Nomine, ultimo blitz di Prodi negli enti pubblici

articolo di Gian Maria De Francesco – lunedì 28 gennaio 2008, 09:41

Angelo Rovati, consulente del premier, fa capire in tv che l’esecutivo cercherà di occupare Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, Poste e Tirrenia. Il centrodestra compatto chiede di bloccare il valzer di poltrone: "Deve vigilare il capo dello Stato"

Roma – «Se è un governo nella pienezza dei poteri, le può fare. Se invece è un governo che deve gestire l’ordinaria amministrazione, non lo so…». Angelo Rovati, già consulente di Romano Prodi e responsabile di quella che scherzosamente (ma non troppo) fu definita la «Divisione Rimozioni e Nomine» di Palazzo Chigi prima dello scandalo Telecom, ieri ha lasciato trapelare che l’esecutivo sfiduciato avrebbe l’intenzione di affrontare la questione degli avvicendamenti ai vertici delle aziende pubbliche.

Ospite della trasmissione In mezz’ora, Rovati ha dichiarato che «la finanza è una brutta bestia e le scelte devono esser fatte con delicatezza» ricordando che «il governo era alla vigilia di decisioni molto importanti nel settore degli enti pubblici, la fusione dell’Inps con altri istituti, con Treu commissario, che avrebbe portato ben 3,5 miliardi di risparmi nei prossimi 5 anni». Questo l’unico esempio concreto, ma ovvio che sul tavolo ci siano anche i consigli di amministrazione di Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, Poste e Tirrenia. L’imprenditore-consulente ha precisato inizialmente che ogni sua affermazione non era «riferibile a Prodi», ma excusatio non petita…
Allo stesso modo, l’architetto della campagna elettorale del Professore («pseudotesoriere» lo definì il diessino Sposetti) ha voluto esprimere la propria opinione sulla questione Alitalia. «C’è una trattativa aperta con Air France – ha detto – e se si chiude, bene. Altrimenti c’è il rischio di fallimento».

Ovvia la preoccupazione del centrodestra dinanzi agli scenari prospettati da Rovati. «Il piano SuperInps – ha ricordato il responsabile lavoro di Forza Italia, Maurizio Sacconi – è stato bloccato da una lettera congiunta di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil». Poi, ha spiegato il senatore azzurro, «la costituzione di questo nuovo ente dipende dall’esercizio di una delega che non rientra nell’ordinaria amministrazione nel cui ambito potrebbero invece ricadere le nomine nelle aziende pubbliche». Secondo alcune fonti, la «lobby bolognese» (vedi articolo sotto), coordinata dal ministro Santagata, avrebbe lavorato molto alla nomina dell’ulivista Treu a SuperInps.

Maurizio Gasparri (An) è ottimista persino sulla possibilità di stoppare il valzer di poltrone. «Le assemblee – dichiara al Giornale – si possono rinviare oppure si possono mantenere aperte fino all’insediamento del nuovo esecutivo perché il ruolo di azionista non può essere esercitato da un governo sfiduciato». È necessaria la massima trasparenza, aggiunge, perché «sarebbe pericoloso se un ministro come Padoa-Schioppa, colto in fallo sui casi Speciale e Petroni, “manipolasse“ i consigli di amministrazione».

Più che ricercare intese bipartisan (i vertici di Eni ed Enel furono nominati dal centrodestra e hanno conseguiti ottimi risultati, ndr), secondo Gasparri, «si potrebbe chiedere agli amministratori eventualmente nominati di rimettere il mandato nelle mani del nuovo governo». Il deputato di An ha comunque dato mandato a un consulente legale di studiare la situazione. La crisi, comunque, ha già determinato un risultato: «Il prossimo cda Rai sarà nominato in base alla legge che porta il mio nome», conclude.

«Quelle nomine – incalza il liberal Daniele Capezzone – non possono essere considerate ordinaria amministrazione e serve molta vigilanza (la stessa che l’azzurro Giro ha chiesto al presidente della Repubblica; ndr) per evitare che un governo morto compia un ultimo colpo di mano».